La linea 9 taglia Torino in due, l'attraversa tutta, da una parte a quell'altra. Ma io mi accontento del tratto che solca corso Svizzera, affronta corso Potenza, taglia corso Grosseto e, faticosamente, arranca in via Lanzo. Sembra poca cosa, ma provate a farla a piedi.
Questa mattina il mio diario di viaggio mi porta in via Paolo Veronese 202.
Finora ho dragato tutte le offerte di lavoro, ma un bravo disoccupato deve farsi venire idee sempre nuove. Ho cercato ispirazione nella targhe appiccicate vicino ai portoni, nei discorsi nei caffé, nei fogli scarabocchiati nelle bacheche di Informagiovani e dell'Ispettorato provinciale del Lavoro. Ma perché trascurare le cooperative?
Io sono per la raccolta differenziata, ma qualcuno la deve pur raccogliere. Nell'ingresso del mio palazzo, sotto la buca delle lettere vicino all'ascensore troneggia uno scatolone giallo con la scritta cubitale Cartesio.
Il progetto Cartesio, vengo a sapere, fa capo ad una delle cooperative gestite dal gruppo Abele.
Cerco su internet dei riferimenti e scopro che il mondo del gruppo Abele non è un semplice mondo, ma una vera e propria galassia di concorsi, cooperative, consorzi di cooperative e cooperative di consorzi. Peccato non ci sia alcun riferimento tipo 'Lavora con noi', né alcun nominativo di un qualche responsabile cui si possa fare riferimento.
Poco male, mi metto all'opera e scopro che le domande devono essere presentate in via Paolo Veronese, giustappunto al 202. Ecco perché sono qui, ammettete che vi stavate domandando perché il mio peregrinare mi avesse portato in questa landa desolata ai limiti della città.
La zona è di quelle industriali che più industriali non si potrebbe. Inutile sperare di chiedere una qualunque indicazione, Perché qui non passa nessuno.
Mi fido del mio innato senso dell'orientamento e proseguo con passo veloce e cuor leggero.
Tra strade sterrate, buche nell'asfalto trasformate - date le dimensioni - in piscine, finalmente arrivo al 202.
Lunga cancellata, campanelli: Abele, gruppo Abele, Abele Lavoro, Cooperativa Lavoro, Cartesio.
Sono in imbarazzo: e se sbagliassi e mi facessero ripartire dal punto di partenza? o sempre odiato il giuoco dell'oca e neppure il monopoli mi è mai stato molto simpa-simpatico.
Per fortuna, dal citofono mi giunge una voce inquisitoria che m'inquisisce (per questo è deta 'voce inquisitoria'): "Cosa cerca?".
La prendo alla larga: "Devo presentare un curriculum". Senza altre domande mi fanno entrare, dal che deduco che non sia una cosa inusuale presentare curriculum o che, comunque, ho indovinato la parola d'ordine.
Arrivato all'altezza della guardiola vengo garbatamente fermato e mi viene consegnato un numero, l'804, e vengo invitato ad aspettare nella zona bar. Verrò chiamato.
Il posto è gradevole, una sorta di piccola oasi con tanto di giardino con panchine e tavoli che fanno tanto pic-nic con braciolata.
Entro e mi accomodo nell'ampio loft trasformato in sala d'attesa, che è così chiamata perché ivi si attende.
Dopo una decina di minuti il piccolo gregge di persone che si erano qua e là sparpagliate nell'ampio locale vengono richiamate e veniamo introdotti in una piccola stanzina dove un ragazzotto dall'aria simpatica ci illustra il da farsi.
Deve essere abituato perché se la sbriga egregiamente in un paio di minuti e senza bisogno di prender fiato.
Insomma, si deve compilate un foglio di fronte/retro, i più previdenti armati di civvì lo possono allegare (il che semplifica di molto), si firma un foglio a parte per la praivasi, ma particolare attenzione deve essere prestata alla parte del modulo dove si dovrebbe indicare se si è tossico-dipendenti, ex tossico, affetti da malattie mentali: il tutto doverosamente e diligentemente certificato.
Questa circostanza, che in una serata rotariana sarebbe deprecabile e causa di immediata espulsione con ignominia, oggi è un punto a favore, un enorme punto a favore.
Alla notizia un ragazzo in fondo al tavolo inizia a gongolarsi, il sorriso si allarga da orecchio ad orecchio, ... mentre io mi deprimo.
Lo avessi saputo prima o anche solo immaginato, mi sarei organizzato: avrei trovato un pusher, di quelli belli spessi con una fedina penale chilometrica e lo avrei inserito tra le referenze come una medaglia al valore sul petto il 25 aprile, come un cappello d'alpino macchiato di polenta taragna ad un raduno d'alpini.
Poco male, la domanda è a termine, può anzi deve essere ripresentata dopo 6 mesi.
Vorrei solo capire se il cocainomane è privilegiato rispetto a chi fuma spini e svantaggiato rispetto all'eroinomane: basta saperlo prima, poi uno si organizza.
All'uscita non mi sento né ottimista, né pessimista: è una di quelle cose che andava fatta, come la varicella o il morbillo. E, poi, non si sa mai, è come chiedere ad una bella ragazza di uscire: se non lo chiedi, non saprai mai cosa avrebbe risposto. Tanto vale provarci!
Prima di uscire chiedo alla ragazza seduta sul trespolo nel gabbiotto delle informazioni che direzione devo prendere per raggiungere un pulman, un qualsiasi pulman che mi porti in una zona civilizzata. Le indicazioni sono vaghe: dice di andare a destra, ma con la mano indica la sinistra, poi di girare a destra, ma no, di tornare indietro perché forse si sbaglia, di prendere la prima strada, ma potrebbe anche essere la seconda. Ho le idee abbastanza confuse, su molte cose; la ringrazio ed esco.
All'uscita mi accendo una sigaretta, cosa che fa anche un ragazzo ad un paio di metri. Per fortuna tra tabagisti si crea subito un'incredibile solidarietà, molto più profonda di quella che offre la massoneria o un locale di scambisti.
Ha sentito le vaghe indicazioni che mi aveva offerto e si offre di accompagnarmi in corso Giulio. Lo ammetto: sono diffidente. Non è che il soggetto mi ispiri particolare fiducia, ma non ho la minima idea per andare dove devo andare, da che parte devo andare.
Quindi, accetto.
Al primo tentativo l'auto non parte, a dire il vero neppure al secondo.
Inizio a sospettare che mi abbia offerto un passaggio per aiutarlo a spingere la vettura, ma, per fortuna, al terzo tentativo si sente il rombo del motore truccato, truccatissimo, molto più della Marini. E' bastato abbassare i finestrini, non troppo, mi spiega che è per una strana combinazione di contatti elettrici "Eh, ... da quando l'ho fatta riparare..."): non chiedetemi perché sia ripartita, cosa volete che ne sappia: d'altra parte di donne e motori io ho mai capito nulla!
Nei cinque minuti che ci separano dalla fermata mi snocciala tutta la sua vita, o, comunque gli ultimi cinque anni. In breve, era carpentiere specializzato, guadagnava 2mila2 euro al mese (è lì ho capito, se mai ne avessi ancora avuto bisogno, di aver sbagliato se non tutto almeno molto nella mia vita), finora è andato avanti col sussidio di 900 euro; moglie e un figlio. Visto che il sussidio sta per scadere, la moglie l'ha convinto a cercare un lavoro. Non chiedetemi come la moglie l'abbia convinto, ma mi sembra che l'idea di cercarsi un lavoro non sia poi così peregrina.
Lui non ha molta voglia di lavorare, ma almeno la moglie lo lascia stare in pace.
Fermata del 4 ed in una ventina di minuti sono in via Garibaldi. Ho ancora abbastanza tempo per cercare nuove offerte su internette e per trovarmi un pusher da mettere nelle prossime referenze: novembre non è poi così lontano!
Questa mattina il mio diario di viaggio mi porta in via Paolo Veronese 202.
Finora ho dragato tutte le offerte di lavoro, ma un bravo disoccupato deve farsi venire idee sempre nuove. Ho cercato ispirazione nella targhe appiccicate vicino ai portoni, nei discorsi nei caffé, nei fogli scarabocchiati nelle bacheche di Informagiovani e dell'Ispettorato provinciale del Lavoro. Ma perché trascurare le cooperative?
Io sono per la raccolta differenziata, ma qualcuno la deve pur raccogliere. Nell'ingresso del mio palazzo, sotto la buca delle lettere vicino all'ascensore troneggia uno scatolone giallo con la scritta cubitale Cartesio.
Il progetto Cartesio, vengo a sapere, fa capo ad una delle cooperative gestite dal gruppo Abele.
Cerco su internet dei riferimenti e scopro che il mondo del gruppo Abele non è un semplice mondo, ma una vera e propria galassia di concorsi, cooperative, consorzi di cooperative e cooperative di consorzi. Peccato non ci sia alcun riferimento tipo 'Lavora con noi', né alcun nominativo di un qualche responsabile cui si possa fare riferimento.
Poco male, mi metto all'opera e scopro che le domande devono essere presentate in via Paolo Veronese, giustappunto al 202. Ecco perché sono qui, ammettete che vi stavate domandando perché il mio peregrinare mi avesse portato in questa landa desolata ai limiti della città.
Via P. Veronese inizia, anzi, finisce all'angolo con via Lanzo: lo deduco dal fatto che il primo numero civico nel quale mi imbatto è il 340 e rotti. Ad occio e croce, per arrivare al 202 ho di fronte a me almeno un paio di chilometri. Ma ho molto tempo di fronte a me, nessuno mi corre dietro e, soprattutto, la giornata - per quanto sia solo mattina - promette di essere di quelle calde.
Attraverso la strada e raggiungo la prima fermata utile. Con un certo disappunto scopro che a fare servizio è la linea 62, forse, anzi, senza forse, una delle linee più infami: neppure passa quando vuole, passa quando capita, quando se ne ricorda, quando non ha di meglio da fare. A dire il vero, sono o non sono una persona sincera, in breve tempo ne passano addirittura tre, peccato siano nella direzione opposta. Sarei persino pensato di mettermi a leggere, ma con la malasorte che mi perseguita rischierei di perdere l'unico bus in arrivo.
Infatti, una quindicina di minuti dopo, per essere sicuro di non passare inosservato, quando ne vedo arrivare uno mi butto in mezzo alla strada e mi metto a sbracciare a più non posso.
Occhei, andata: sono a bordo.
Il pulman fa un prima fermata ed io tengo d'occhio la numerazione.
Con un misto di stupore misto a sgomento, appena ripartito mi accorgo, per fortuna mi accorgo che la strada, impercettibilmente, si divide ed il 62 imbocca via Reiss Romoli.
Inizio a scampanellare e scendo. Mi riporto su via Veronese e, pazientemente, mi incammino.
Attraverso la strada e raggiungo la prima fermata utile. Con un certo disappunto scopro che a fare servizio è la linea 62, forse, anzi, senza forse, una delle linee più infami: neppure passa quando vuole, passa quando capita, quando se ne ricorda, quando non ha di meglio da fare. A dire il vero, sono o non sono una persona sincera, in breve tempo ne passano addirittura tre, peccato siano nella direzione opposta. Sarei persino pensato di mettermi a leggere, ma con la malasorte che mi perseguita rischierei di perdere l'unico bus in arrivo.
Infatti, una quindicina di minuti dopo, per essere sicuro di non passare inosservato, quando ne vedo arrivare uno mi butto in mezzo alla strada e mi metto a sbracciare a più non posso.
Occhei, andata: sono a bordo.
Il pulman fa un prima fermata ed io tengo d'occhio la numerazione.
Con un misto di stupore misto a sgomento, appena ripartito mi accorgo, per fortuna mi accorgo che la strada, impercettibilmente, si divide ed il 62 imbocca via Reiss Romoli.
Inizio a scampanellare e scendo. Mi riporto su via Veronese e, pazientemente, mi incammino.
La zona è di quelle industriali che più industriali non si potrebbe. Inutile sperare di chiedere una qualunque indicazione, Perché qui non passa nessuno.
Mentre cammino, già che ci sono, mi metto a pensare tra me e me - anche perché sono da solo e così mi tengo compagnia - che questa parte suburbana della metropoli al tramonto potrebbe avere il suo fascino. Forse.
Mi fido del mio innato senso dell'orientamento e proseguo con passo veloce e cuor leggero.
Tra strade sterrate, buche nell'asfalto trasformate - date le dimensioni - in piscine, finalmente arrivo al 202.
Lunga cancellata, campanelli: Abele, gruppo Abele, Abele Lavoro, Cooperativa Lavoro, Cartesio.
Sono in imbarazzo: e se sbagliassi e mi facessero ripartire dal punto di partenza? o sempre odiato il giuoco dell'oca e neppure il monopoli mi è mai stato molto simpa-simpatico.
Per fortuna, dal citofono mi giunge una voce inquisitoria che m'inquisisce (per questo è deta 'voce inquisitoria'): "Cosa cerca?".
La prendo alla larga: "Devo presentare un curriculum". Senza altre domande mi fanno entrare, dal che deduco che non sia una cosa inusuale presentare curriculum o che, comunque, ho indovinato la parola d'ordine.
Arrivato all'altezza della guardiola vengo garbatamente fermato e mi viene consegnato un numero, l'804, e vengo invitato ad aspettare nella zona bar. Verrò chiamato.
Il posto è gradevole, una sorta di piccola oasi con tanto di giardino con panchine e tavoli che fanno tanto pic-nic con braciolata.
Entro e mi accomodo nell'ampio loft trasformato in sala d'attesa, che è così chiamata perché ivi si attende.
Dopo una decina di minuti il piccolo gregge di persone che si erano qua e là sparpagliate nell'ampio locale vengono richiamate e veniamo introdotti in una piccola stanzina dove un ragazzotto dall'aria simpatica ci illustra il da farsi.
Deve essere abituato perché se la sbriga egregiamente in un paio di minuti e senza bisogno di prender fiato.
Insomma, si deve compilate un foglio di fronte/retro, i più previdenti armati di civvì lo possono allegare (il che semplifica di molto), si firma un foglio a parte per la praivasi, ma particolare attenzione deve essere prestata alla parte del modulo dove si dovrebbe indicare se si è tossico-dipendenti, ex tossico, affetti da malattie mentali: il tutto doverosamente e diligentemente certificato.
Questa circostanza, che in una serata rotariana sarebbe deprecabile e causa di immediata espulsione con ignominia, oggi è un punto a favore, un enorme punto a favore.
Alla notizia un ragazzo in fondo al tavolo inizia a gongolarsi, il sorriso si allarga da orecchio ad orecchio, ... mentre io mi deprimo.
Lo avessi saputo prima o anche solo immaginato, mi sarei organizzato: avrei trovato un pusher, di quelli belli spessi con una fedina penale chilometrica e lo avrei inserito tra le referenze come una medaglia al valore sul petto il 25 aprile, come un cappello d'alpino macchiato di polenta taragna ad un raduno d'alpini.
Poco male, la domanda è a termine, può anzi deve essere ripresentata dopo 6 mesi.
Vorrei solo capire se il cocainomane è privilegiato rispetto a chi fuma spini e svantaggiato rispetto all'eroinomane: basta saperlo prima, poi uno si organizza.
All'uscita non mi sento né ottimista, né pessimista: è una di quelle cose che andava fatta, come la varicella o il morbillo. E, poi, non si sa mai, è come chiedere ad una bella ragazza di uscire: se non lo chiedi, non saprai mai cosa avrebbe risposto. Tanto vale provarci!
Prima di uscire chiedo alla ragazza seduta sul trespolo nel gabbiotto delle informazioni che direzione devo prendere per raggiungere un pulman, un qualsiasi pulman che mi porti in una zona civilizzata. Le indicazioni sono vaghe: dice di andare a destra, ma con la mano indica la sinistra, poi di girare a destra, ma no, di tornare indietro perché forse si sbaglia, di prendere la prima strada, ma potrebbe anche essere la seconda. Ho le idee abbastanza confuse, su molte cose; la ringrazio ed esco.
All'uscita mi accendo una sigaretta, cosa che fa anche un ragazzo ad un paio di metri. Per fortuna tra tabagisti si crea subito un'incredibile solidarietà, molto più profonda di quella che offre la massoneria o un locale di scambisti.
Ha sentito le vaghe indicazioni che mi aveva offerto e si offre di accompagnarmi in corso Giulio. Lo ammetto: sono diffidente. Non è che il soggetto mi ispiri particolare fiducia, ma non ho la minima idea per andare dove devo andare, da che parte devo andare.
Quindi, accetto.
Al primo tentativo l'auto non parte, a dire il vero neppure al secondo.
Inizio a sospettare che mi abbia offerto un passaggio per aiutarlo a spingere la vettura, ma, per fortuna, al terzo tentativo si sente il rombo del motore truccato, truccatissimo, molto più della Marini. E' bastato abbassare i finestrini, non troppo, mi spiega che è per una strana combinazione di contatti elettrici "Eh, ... da quando l'ho fatta riparare..."): non chiedetemi perché sia ripartita, cosa volete che ne sappia: d'altra parte di donne e motori io ho mai capito nulla!
Nei cinque minuti che ci separano dalla fermata mi snocciala tutta la sua vita, o, comunque gli ultimi cinque anni. In breve, era carpentiere specializzato, guadagnava 2mila2 euro al mese (è lì ho capito, se mai ne avessi ancora avuto bisogno, di aver sbagliato se non tutto almeno molto nella mia vita), finora è andato avanti col sussidio di 900 euro; moglie e un figlio. Visto che il sussidio sta per scadere, la moglie l'ha convinto a cercare un lavoro. Non chiedetemi come la moglie l'abbia convinto, ma mi sembra che l'idea di cercarsi un lavoro non sia poi così peregrina.
Lui non ha molta voglia di lavorare, ma almeno la moglie lo lascia stare in pace.
Fermata del 4 ed in una ventina di minuti sono in via Garibaldi. Ho ancora abbastanza tempo per cercare nuove offerte su internette e per trovarmi un pusher da mettere nelle prossime referenze: novembre non è poi così lontano!
NON E` una storia di pura invenzione.
Nel racconto SI FA riferimento a fatti e persone REALI.
Nel racconto SI FA riferimento a fatti e persone REALI.
(The pusher, da Easy Rider)
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