Vabbé, big Ale, Anna (la fidanzata di big Ale) e Francesco (il marito della migliore amica di Anna, la fidanzata di big Ale) già li conosco dal corso quindi evito di presentarmi di nuovo.
Gianluca è piccoletto e paffutello; oserei dire stempiato, ma la verità è che sulla sua cucuzza mi ci potrei specchiare. Per essere le 7.30 di una fredda ed umida domenica mattina è sveglio, anzi sveglissimo, certi più sveglio di tutti noi messi insieme; il Francesco di cui sopra non fa testo: considerando che sembra ancora più addormentato della prima volta che lo conobbi è fuori quota e non fa statistica!
L'altro Francesco che – come scrissi nella puntata precedente - per distinguerlo dal primo, chiamerò di volta in volta Cecco, Pepe, Fra' ovvero Cesco non spiccica una parola, limitandosi a gurdarsi intorno furtivo e schivo.
Tanto per fare il simpa-simpatico decido di presentarmi, di volta in volta, come Romolo (ndr. che è, poi, il vero nome del Vostro), quindi come Marco e, dulcis in fundo, come Maria, gettando confusione a palate.
“Senti, - mi interrompe big Ale – non iniziare a fare il cazzone ...”.
Mi limito a convenirne.
Faccio le mie scuse e mi ripresento ora come Maria, ora come Marco, quindi come Romolo.
Fatte le dovute e debite presentazione di rito, come in ogni gruppo di appassionati di moto viene il momento della più classica a scontata delle domande: “Ohmatuchemotoc'hai?”.
Ognuno dice la sua, a parte Francesco I che ricomincia a parlare della sua 'mitica' esperienza al Mugello (vedi post 141. “Di corsa alle corse” parte 2/2).
Quando viene il mio turno sento una decina di occhi puntati contro a mo' di fucilazione ed un pesante silenzio scende su tutto il quartiere.
Come fosse la cosa più naturale di questo mondo mi viene da dire: “Beh, io ho un GTT giallo” (ndr. si ricorda ai non torinesi che GTT sta per Gruppo Trasporti Torinesi).
La mia risposta suscita ad un tempo stupore e perplessità. Mi sembra di sentire dentro quelle testoline quel brusio frenetico che facevano i primi piccì nell'elaborare i dati.
Francesco I, con lo sguardo cattivo-cattivo, rompe gli indugi e fissandomi torvo schiocca un: “Scusa,maèunnuovomodellodichemarca?”.
Big Ale, che è 'big' anche nel non mangiare la foglia si sente in dovere di spiegare, senza che, peraltro, io gliel'avessi chiesto: “Senti, Fra', lascialo perdere … andiamo a fare colazione”.
Grazie al bisogno di zuccheri di big sono scampato al linciaggio e sono qui a renderVi conto mi sarei dilettato durante i fine settimana dei mesi successivi: carino da parte mia, vero?
Fatta che abbiamo colazione in un bar di fiducia del big dove ho motivo di ritenere egli abbia anche una percentuale in paste e glasse sugli avventori che porta, ci dividiamo in due auto ed imbocchiamo corso Unità d'Italia (ndr. Italia che è unita solo nei corsi).
Io sono con big Ale ed Anna che, evidentemente, hanno aderito alla campagna 'Adottiamo un nonno', considerando che tutti gli altri compagni d'avventura sono almeno una decina d'anni più 'ciofani', come direbbe Ratzy.
Durante la strada si gioca al gioco del silenzio ed a me sta più che bene: ho bisogno di recuperare un po' di sonno!
Anna dorme (arguto come sono lo deduco argutamente dal suo russare), mentre Ale ascolta la radio.
Egli è letteralmente ipnotizzato da una sordida trasmissione che rievoca truculenti omicidi seriali negli IuEsEi, i cui passaggi più granguignoleschi (*) vengono da lui commentati con dei sonori “Senti, và che roba … che storia ... pazzesco … forte ...” per la gioia di Anna che commmenta biascicando qualcosa di incomprensibile nel suo dormiveglia.
A me non viene richiesto di partecipare con mie considerazioni: per fortuna, perchè, da una parte sto cercando di prender sonno, dall'altra cerco di capire se mi trovo in balia di due serial killer.
La strada prosegue sempre diritta e big Ale la percorre con lieta baldanza ad una media che non scende mai al di sotto dei 150 km/h.
Io m'immaginno già i titoli dei giornali: “Che ci faceva l'anziano (ndr. il Vostro) sulla macchina che si è schianata contro un pioppo in compagnia di due serial killer? Vittima o complice?”.
Le uniche curve che affronta il sagace big sono per le rotonde che i vari comuni hanno messo tanto per spendere un po' di tasse estorte ai probi concittadini e la cui costruzione è stata affidata a ditte di amici, parenti e/o amanti.
Tutto quanto sopra per una buona orata, ovvero fino a quando, senza diminuire di velocità – non sia mai – big Ale non affronta prima una curva a 90°, sulla destra quindi, dopo una cinquina di minuti, un'altra curva che, per non essere da meno della prima, è anch'essa a 90° questa volta a sinistra.
Siamo arrivato al 'mitico' kartodromo di Busca.
Busca è una paesino sconosciuto a generazioni di italioti che, peraltro, vivono benissimo senza neppure sapere che esista. Esso è segnato solo su qualche dettagliata cartina militare, cartina custodita gelosamente in qualche archivio ed ivi dimenticata.
In codesto kartodromo big Ale è di casa e lui si sente a casa.
Tutti i presenti nel recinto erboso ammesso alle stalle dove, prima delle corse, si sellano i cavalli ed i fantini li fanno riscaldare (ndr. paddock) ed all'interno del bar gli si fanno incontro per scambiarsi calorose e virili paccate sulle spalle accompagnate da facete battute.
Ovvio che, entrato nel bar, big Ale sente il bisogno di colmare quel vuoto che ancora sente nello stomaco e per tacitare quel fastidioso languorino che non gli permette di ragionare a mente lucida.
Visto che non ho la minima idea di quello che ci si aspetti da me, alle 8.25, ovvero 5minuti5 prima dell'inizio della gara, mentendo sapendo di mentire spudoratamente anche a me stesso, mi avvicino al big ed ammetto: “Uè, Ale, senti, cioé, ecco, vedi io ho perso gli appunti che avevo preso al corso, cioè, sì, insomma … che devo fare?”.
Big Ale rivela in quest'occasione tutta la sua comprensione, anche perché più che probabilmente da gennaio aveva intuito che con le moto io lego come l'acqua con l'olio e mi spiega: “Senti, dimenticati tutto quello che hanno detto al corso: sono cazzate”.
“Mi rincuora saperlo, quindi …?” rilancio con charme assecondandolo.
“Senti, - prosegue didattico e didascalico – l'unica bandiera che ti serve è quella gialla: quando un pilota cade nel tuo tratto di pista tu sbandieri, l'importante è che sbandieri descrivendo un 8”.
Mi verrebbe da domandargli delle altre 9bandiere9, ma la sua risposta è così rassicurante che mi tacito prima ancora di parlare.
Anzi, ad essere proprio completamente sincero come Voi avete imparato a conoscermi, soggiungo un: “Certo, certo … anche a me sembravano un mucchio di caSSate …”.
“Senti – conclude – tu vatti a mettere lì (ed indica un vago punto lungo la pista che io non esito a non individuare) e tieni questa: è la fotocopia delle gare di oggi!”.
Lieto dell'inaspettato regalo, mi sento in dovere di aprire subito il foglio che mi viene offerto, sì come quando viene fatto un regalo esso va aperto di fronte a chi lo porge: lo esige il bon ton!
Il foglio è fitto fitto, con una serie di prove e gare che si succedono ad un ritmo incalzante di 12 minuti, dalle 8.30 alle …...................... 18.00, con una pausa di addirittura un'ora a metà foglio che potrebbe indicare l'ora del pranzo”.
“Ehi, Ale, ci dev'essere un errore: cioé, ecco, … e-sat-ta-men-te quali sono le gare che noi dovremmo seguire?” domando, reso perplesso anche dal fatto che, non essendoci interruzioni tra una gara e l'altra mi domando come uno possa andare in bagno, non essendoci stato fornito alcun catetere.
Ironico e persino un po' beffardo big Ale mi squadra dal basso al basso (ndr. big Ale è una 15ina di cm più alto del Vostro, ma quest'ultimo non gliene vuole) e ridacchiando aggiunge: “Senti, gli unici due errori sono che la pausa pranzo potrebbe saltare e che sicuramente finiremo dopo le 18! ... Qualcosa da obiettare?”.
Pago, completamente pago della risposta e stonato, completamente stonato dall'idea di restarmene piantato come una bandierina in mezzo ad un triste prato per un giorno intero mi avvio mesto ma disciplinato alla mia postazione, anche se non ho ancora ben capito dove sia.
Le prove hanno inizio.
(*) Grand Guignol è il nome di un teatro parigino situato nel 9e arrondissement che, dalla sua apertura nel 1897 fino alla chiusura avvenuta nel 1963, si specializzò in spettacoli decisamente macabri e violenti. Il nome deriva da Guignol, ovvero una marionetta ideata dal burattinaio Laurent Mourguet, raffigurante un operaio dell'industria serica di Lione, noto per la sua irriverenza e tenacia con la quale difendeva i propri diritti scornando inevitabilmente i "potenti".
L'aggettivo granguignolesco è divenuto nel tempo sinonimo di macabro o cruento, anche al di fuori della terminologia dello spettacolo.
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