Mercoledì 2 settembre 2009
Alle 8.30 sono nella sala d’attesa con altre 4 ragazze. Musica a palla, come volevasi dimostrare.
Di fronte a noi, seduto al tavolo della segreteria, un ragazzo. Mi compiaccio della circostanza che in questa società sia data attuazione alla parità dei diritti, per quanto in breve mi renda conto che non è la segretaria o, meglio, non è solo la segretaria, ma anche un non agente, non procacciatore, non promoter, non venditore porta a porta. Non chiedetemi cos’è.
Comunque Alex (così si chiama e così lo chiamerò) è vestito in modo elegante, peccato la sua eleganza indulga a degli improbabili mocassini bianchi con tanto di frange, bianche pure loro.
Cerca di mostrarsi indaffarato, ma, in effetti, continua a girare tre fogli (gli unici tre fogli) di civvì che ha tra le mani.
Musica a palla, come da copione.
Mi alzo, gironzolo per la stanza, e, mentre il ragazzetto cerca di ingannare il tempo coi suoi foglietti, scrollo un altro paio di falconi (diversi da quelli che avevo armeggiato il giorno primo) e, ma la cosa non dovrebbe stupirmi, anche loro sono vuoti.
Verso le 9 veniamo fatti entrare nella stanza di Patrizia, la quale ci presenta Elena: la ‘trainer’ – così ci viene presentata – con la quale faremo la giornata di prova.
Scrivo ‘ci’ perché con me viene fatta accomodare un’altra ragazza, Giorgia: carina carina, alta alta, magra magra, giovane giovane.
Un po’ frettolosamente ci avviamo verso l’auto della Elena ed in men che non sia ci troviamo buttati nel traffico di piazza Rivoli e, quindi, corso Lecce.
Non abbiamo fatto trecento metri che la spericolata guida di Elena, alla terza sigaretta (Marlboro rouge), viene interrotta da una telefonata.
Inchiodata con tanto di cristonata.
E’ l’Alex che la Elena, nella furia, si era lasciata indietro.
Mentre aspettiamo l’Alex, la Elena ne approfitta per fare una paio di telefonate e per fumarsi un’altra sigaretta.
Con noi in auto, oltre alla Giorgia appena appena intimorita (argutamente lo deduco dallo sguardo impallato) c’è un’altra ragazzo: Morena.
L’Alex ci raggiunge con la sua auto e, sgommando, si riparte. L’Alex a ruota.
Ho come la vaga impressione che l’Elena si diverta a mettere in difficoltà l’Alex perché, in prossimità dei semafori rallenta ed indugia, aspetta che diventi giallo e, all’ultimo, schizza attraverso l’incrocio, costringendo l’Alex a seguirla tra strombazzate ed improperi che io – signore come sono – non oso ripetervi.
Arrivati che siamo quasi all’altezza di corso Regina, la Elena vede un camion per i traslochi e si ricorda di avere anche lei un prossimo trasloco da fare.
Senza perdere l’occasione, mentre con la sinistra tiene in mano la sigaretta, con la destra si segna sul cellulare il numero di telefono della ditta dei suddetti traslochi.
Vi domanderete con che mano tenesse il volante: non lo sonon chiedetemelo, ma so dove io tenevo le mie!!!
La Elena è premurosa: ci spiega qualcosa della società (che io non capisco, ma chiedo venia, considerate l’ora), che ha 70 sedi in Italia (ma non erano 58?) ci chiede se abbiamo domande, ma, perentoria, ci avverte di non chiederle quanto guadagna e nulla dei contratti che ci verranno proposti. Ne parleremo direttamente nonché personalmente con la ‘manager’, ovvero la Patrizia.
Nel ringraziarla per la disponibilità non mi sembrano ci siano molte domande da farle. Quindi, non ne faccio.
Visto che non abbiamo quesiti è lei che cerca di sciogliere il ghiaccio, di creare la mitica empatia (‘mitica’ per ogni commerciale che si voglia definire tale) e ci rivela un segreto: “Vedrete che nell’arco di questa giornata, quando mi presenterò, allungherò la mano, ben aperta, col palmo rivolto verso l’alto: questo serve a rivelare la mia sincerità all’interlocutore!”.
Apperò…
Imbocchiamo come fosse un poppante corso Regina.
La Elena, finita un’altra sigaretta e fatte un paio di altre telefonate ci informa di avere “assolutamente” bisogno di un caffè.
Curvando a gomito in una via desolata della zona industriale verso quello che fu lo stadio delle Alpi frena con una certa qual irruenza di fronte ad un bar (l’unico) della zona. Confesso che temo ci sia ad aspettarci una banda di romeni pronti a rapinarci, ma mi consolo pensando che con me ho poco, pochissimo denaro; mi spiacerebbe solo dover rifare la carta d’identità, ma penso potrebbe essere l’occasione per avere una nuova foto updated che potrebbe sostituire le foto segnaletiche che ho adesso.
Giorgia è appena un po’ sottosopra per la guida, Morena è trulla trulla.
La barista altri non è che la madre della Elena. Siamo in 4, ordiniamo 4 caffè.
La Elena viene festeggiata da un marmocchio che scopro essere il nipote ed alla quale la solerte trainer (la Elena di cui sopra) allunga la bellezza di un 20 euro per comprarsi un diario vista la prossimità delle scuole.
20 euro per un diario: averne avute di zie così!
Essendo la barista nient’altro che la madre dell’Elena, mi ti ci si penso che il caffè sia offerto dalla casa, ma, gentiluomo come sono, mi avvicino alla casa e faccio il bel gesto di pagare.
La barista-madre mi chiede 90 cents per il caffè. 90 cents per un caffè alle Vallette? Come in centro, ma non siamo in centro! Forse siamo al centro delle Vallette, quartiere che io non conosco.
Risaliamo in auto e scopro che la nostra meta è Druento.
Arrivati che siamo al limitare della ridente (ahahah, ma quanto sono scemo?) Druento, il velocipede inchioda.
Altra sigaretta, questa volta scaramanticamente collettiva. 'Scaramanticamente un po' perché siamo arrivati alla meta, un po' proprio per ringraziare che ci siamo arrivati.
Morena fuma come le adolescenti: senza inspirare, tenendo la sigaretta in punta di dita.
Fuma anche Giorgia, ma, credo, per scaricare la tensione della guida (non la sua, quella della Elena, per quanti fossero stati poco attenti): ad ogni curva si aggrappava sedili, artigliandoli.
Già che ci sono, fumo anch’io.
Il piano strategico per aggredire Druento è tanto semplice quanto banale: il paese viene diviso in quadrati (sic: quadrati!) ed aggredire negozio dopo negozio, senza fare prigionieri.
Nell’ordine: un parrucchiere, un giornalaio, un bar, un mobilificio, un colorificio; già che ci siamolo studio di un architetto ed un'assicurazione: non ne scampa uno!
In fin dei conti se uno ha del tempo da perdere e con la vaga prospettiva di un pur parco guadagno, la cosa potrebbe avere anche un suo fascino: un modo per ingannare il tempo e fare nuove amicizie (avete mai notato quanto sono carine le commesse dei negozi e le cameriere nei bar? Credete sia una casualità?).
Ma alla mia memoria si affaccia il ricordo delle giornate brumose, piovose, nevicose di quando il Vostro faceva l’editoriale ed il suo peggior incubo era di essere colpito da un provvidenziale infarto nel cuore dell’inverno, sul far della sera; avevo già sceto la lochescion e la situescion: Pisa, tra via Serafini e via Curtatone e Montanara, precisamente sul Lungarno Pacinotti, stroncato nel fiore degli anni (non fate facili ironie, preo) mentre inseguivo un prof.!
La Elena, forte della sua esperienza, ha lasciato le scarpe col tacco 12 in auto cambiandoli sagacemente con dei sandaletti (l'esperenza docet, non per nulla è lei la trainer e noi i trainati), ma la giovane ed inesperta Giorgia cerca di star in equilibrio sui suoi tacchetti e, di tanto in tanto perde l’equilibrio: non vi fa tenerezza?
Morena, dopo una settimana di full immersion, è in solitaria e famelica cerca di prede.
Dopo una mezz’orata siamo in centro paese: negozi di abbigliamento, cartolerie, altri bar, un paio di studi di studi professionali, …
Le prede più ambite, ci spiega la Elena, sono le parrocchie: "non avete idea di quanti contratti si possono ricavare!", ed io già mi figuro quanti contratti di SKY se ne potrebbero ricavare per far assistere alle partite di calcio i fedeli: un modo come un altro - se non altro alternativo - per convertire le povere pecorelle smarrite.
La circostanza che mi lascia un attimo perplesso è che a gentile richiesta dei potenziali clienti non viene rilasciato nessun biglietto da visita, nessuna brochures, nessuna brioches e si vagheggia, si giogeneggia alquanto sulla società per la quale si lavora.
Alla prima tabaccheria, nell’ordine, la Elena, Giorgia e Morena fanno rifornimento di sigarette: io, il Vostro, passa la mano: ... l’avreste mai detto?
Verso le 13 il drappello, compatto, guidato dalla Elena si ricongiunge all’Alex ed alla sua allieva: ne deduco che il piano è di prendere a tenaglia Druento lavorando su due fronti! Altro che Zukov a Stalingrado: se von Paulus si fosse trovato di fronte ad un simile accerchiamento se la sarebbe letteralmente fatta sotto ed avrebbe ringraziato la buona sorte di essersi dovuto arrendere all'Armata Rossa.
Il bivacco viene stabilito in un bar fuori mano, molto fuori mano, praticamente ad Alpignano.
Per i primi 40 minuti, mentre il Vostro sorseggia garrulo un chinotto, il manipolo impazza con gli essemmesse.
Poi, come si fossero messi d’accordo (o, più probabilmente) il frutto di una sagace e sapiente organizzazione di squadra, tutti si interrompono.
Argomento di conversazione: le discoteche!
Fantastico, mi dico. Parlatemi di quasar, parlatemi di astrofisica, parlatemi di meta e poi fisica, parlatemi di quello che volete, ma la domanda che ora io pongo a voi è: cosa ci azzecco io con le discoteche? Io, probabilmente l’unico nero privo del senso del ritmo, vincitore per tutti gli anni della mia adolescenza del 1° premio tappezzeria, insomma, … io?
Ma quello che mi taglia fuori è il florilegio di pleonasmi: gli ‘a me ... mi’, ‘a te ... ti’, si sprecano, si regalano, si spandono.
Per non parlare dell’attenzione con la quale tutti i presenti si guardano bene dall’uso del congiuntivo (questo sconosciuto): manco a farlo a bella posta – e dire che faccio attenzione – per un’orata che dura la conversazione, ebbene, credetemi, non un congiuntivo!
Voglio essere sicuro che non sia una mia fisima, una mia disattenzione e, alla prima occasione, azzardo una frase nella quale, temerario, azzardo un congiuntivo a tradimento. Subito una dozzina di occhi minacciosi mi squadrano con un tono di muta disapprovazione e malcelata commiserazione.
Dopo un’oretta nella quale il Vostro si rinchiude, si rintana, si trincera in un meditabondo mutismo assorto (non è forse stato detto che è meglio tacere e lasciare il dubbio di essere stupidi, piuttosto che parlare e togliere ogni dubbio?), la Elena mi inchioda con un improvviso: “E tu (cioè io) hai nulla da dire?”.
Ripiego prudentemente su un vago quanto generico, quindi buono per ogni occasione: “Mah, sai, la digestione, …” e trattengo un rigurgito di meteorismo.
Avrei quasi la tentazione di dire che sono satollo della pur breve esperienza e che, spesso, le esperienze migliori sono proprio quelle brevi perché lasciano il dubbio, la curiosità di quello che sarebbe potuto succedere e che me ne torno a Torino; ma vero è che a piedi sarebbe lunga assai e che non ho la pur minima – per non dire pallida - idea di quale pulman mi riporti a casa casetta, ammesso che ve ne sia uno.
Decido, quindi, di proseguire nella simpatica e curiosa esperienza.
In un momento di relax mi permetto, oso domandare alla Elena quale sia la provvigione per i contratti rispettivamente di Sorgenia e di SKY e lei, senza entrare nei particolari (aveva o non aveva detto che non avrebbe parlato di soldi?) mi dice che i contratti di SKY sono molto, ma molto meglio pagati di quelli di Sorgenia.
Il pomeriggio scorre via tra i capannoni industriali che circondano l’amena Druento.
La Elena mi fa capire che qualcosa di marketing sa, osservando che è meglio provare con le società di persone piuttosto che con quelle di capitali, perché nelle prime è più difficile trovare il titolare. Il che ha un senso.
Voglio essere sicuro che non sia una mia fisima, una mia disattenzione e, alla prima occasione, azzardo una frase nella quale, temerario, azzardo un congiuntivo a tradimento. Subito una dozzina di occhi minacciosi mi squadrano con un tono di muta disapprovazione e malcelata commiserazione.
Dopo un’oretta nella quale il Vostro si rinchiude, si rintana, si trincera in un meditabondo mutismo assorto (non è forse stato detto che è meglio tacere e lasciare il dubbio di essere stupidi, piuttosto che parlare e togliere ogni dubbio?), la Elena mi inchioda con un improvviso: “E tu (cioè io) hai nulla da dire?”.
Ripiego prudentemente su un vago quanto generico, quindi buono per ogni occasione: “Mah, sai, la digestione, …” e trattengo un rigurgito di meteorismo.
Avrei quasi la tentazione di dire che sono satollo della pur breve esperienza e che, spesso, le esperienze migliori sono proprio quelle brevi perché lasciano il dubbio, la curiosità di quello che sarebbe potuto succedere e che me ne torno a Torino; ma vero è che a piedi sarebbe lunga assai e che non ho la pur minima – per non dire pallida - idea di quale pulman mi riporti a casa casetta, ammesso che ve ne sia uno.
Decido, quindi, di proseguire nella simpatica e curiosa esperienza.
In un momento di relax mi permetto, oso domandare alla Elena quale sia la provvigione per i contratti rispettivamente di Sorgenia e di SKY e lei, senza entrare nei particolari (aveva o non aveva detto che non avrebbe parlato di soldi?) mi dice che i contratti di SKY sono molto, ma molto meglio pagati di quelli di Sorgenia.
Il pomeriggio scorre via tra i capannoni industriali che circondano l’amena Druento.
La Elena mi fa capire che qualcosa di marketing sa, osservando che è meglio provare con le società di persone piuttosto che con quelle di capitali, perché nelle prime è più difficile trovare il titolare. Il che ha un senso.
Mi lascia, semmai perplesso, non quando precisa che bisogna lasciar perdere le s.p.a., e qui concordo ma quando aggiunge che si può passare oltre anche quando si incotrano le s.p.E., e qui non capisco, resto perplesso e, già che ci sono - crepi l'avarizia - basito.
Chiedo di ripetere e lei, come richiesto, ripete: “le s.p.E.!”.
Qui, lo apprezzerete, faccio un grande atto di umiltà: non ho la minima idea di cosa siano le s.p.E., ma è anche vero che dalla mia laurea nientepopodimenoche in giurisprudenza ne è passata di acqua sotto i ponti e ben le cose possono essere cambiate: non si sa mai che abbiano anche cambiato la legge sul falso in bilancio!
Col passare del tempo la Morena diventa vieppiù (piaciuto il vieppiù?) nervosa ed irrequieta. Avete presente un topino, un criceto, uno scoiattolo in gabbia? Qualcosa di molto simile, anche se, al confronto, i suddetti topini, criceti, scoiattoli vi sembrerebbero assai meno irrequieti.
Si prodiga in assalti alla baionetta su poderi abbandonati, cascine isolate (tutto vero!), marmisti in prossimità del cimitero (nel caso penso si tratti di lapidi), altri bar (non se ne salva uno!), ma alla fine si deve arrendere all'evidenza: non riuscirà a stipulare i 5 contratti ‘intimati’ dalla manager Patrizia ed a … suonare la campana!
Chiedo di cosa si tratti questo suonare la campana, anche se in cuor mio mi sento deep bastard inside perché, avendo letto i forum su interdette e so già di cosa si tratta.
Ma io faccio lo gnorri e la Elena resta sul vago, mentre le gote della Morena (lo vedo dallo specchietto retrovisore) iniziano a gonfiorsi pronte a tracimare ed io capisco cosa dovettero provare gli abitanti nella vallata sotto la diga del Vajont.
Sono quasi le 17, e la Elena ci avvisa che dobbiamo prendere la strada del ritorno perché deve vedere un appartamento da affittare. Le cose migliori sono sempre quelle che durano poco.
La Elena è fantastica: ha appena preso una casa ad Alpignano, ma non vuole desistere e vuol essere sicura di non essersi lasciata perdere occasioni migliori: quello che si chiama un’anima inquieta!
Parte con la terza, trascurando la prima e la seconda che pure – a rigor di logica – immediatamente la precedono e si lancia alla volta di Torino, lamentandosi che sulla sua auto (che, poi, è quella della madre-barista, ma questa è un’altra storia) non ci sia la sesta.
I finestrini sono aperti ed io me ne compiaccio perché la giornata è calda ed indulge all’afoso, ma la povera Giorgia è schiacciata contro il vetro posteriore con i capelli che oramai sono praticamente cotonati: avete presente quello che deve essere la spinta che provano gli astronauti al momento del lancio della navetta? Qualcosa del genere.
La Elena le chiede se abbiamo troppa aria, e Giorgia, per zelo, eccesso di zelo, al limite della sottomissione, le risponde con un garbato: “No, no, va bene così!”.
Per le 18.55 siamo al campo base.
Nessuno osa entrare in ufficio perché le severe e rigide disposizioni della Patrizia sono di non entrare prima delle 19. quindi noi si aspetta per strada e si inganna l’attesa non indovinerete mai come: ma sì … fumando.
Scoccano le 19 e si entra in ufficio. Breve attesa e … musica a palla.
Già che ci siamo ci viene fatto compilare un breve test formulario con domande del tipo: “Avete capito la differenza tra vendita e promozione?”; “Avete imparato qualcosa oggi?”, …
Domande, tutto sommato, tanto vaghe quanto inoffensive. Forse anche un poco, ma appena un poco, stupide.
Vengo introdotto nell’elegante sala dalla sempre 'tiratissima' Patrizia la quale mi accoglie con immancabile sorriso e vigorosa stretta di mano che, questa volta non mi faccio prendere in contropiede, contraccambio.
Una volta seduto mi domanda (avete presente quelle insopportabili professoresse del liceo?) com’è andata la giornata e se mi è piaciuta.
Non mi è dispiaciuta, quindi le rispondo che “Sissì, è stata interessante, …!”.
Mi spiega che ero stato omaggiato di una giornata-tipo e, lusingato, me ne compiaccio e la ringrazio.
Paziente mi illumina sulla circostanza che la loro società ha 60 sedi in Italia (ma sono 58, 70 o 60?) e riparte con un pistolotto alla quale, questa volta, cerca di fare attenzione.
Avete mai notato la differenza tra ‘sentire’ ed ‘ascoltare’? una cosa è ‘sentire’ qualcuno che parla, altro è 'ascoltare’ qualcuno. ‘Sentire’ si può sentire un brusio, un rumore indistinto, ma per ‘ascoltare’ occorre prestare attenzione.
Ebbene, vi è mai capitato di ‘prestare attenzione’ a quello che la gente dice? Ebbene, potreste fare la curiosa scoperta che, spesso, la gente dice frasi che non hanno senso: voi vi lasciate andare alla musicalità di quanto sentite, ma se vi soffermate, potreste scoprire che, di fatto, le frasi sono vuote, prive di senso, senza significato.
Ecco, questa è la sensazione che provavo nell’ascoltare, nel prestare attenzione al fiume di parole con la quale la Patrizia mi investe.
Ad un certo punto il fiume in piena si ferma e, trovando un attimo di tregua, le domando che tipo di contratto propongano.
Per tutta risposta mi ribatte che non è di agenzia, non è di procacciatore d’affari, non è da venditore porta a porta, ... insomma, non è …
Lo sapete, sono un generoso, le voglio venire incontro, in fondo sono o non sono un gentiluomo?
La blocco e le domando: “… forse pagate per prestazioni occasionali?”. Il che non è, come molti di voi malevoli potrebbero pensare, una modalità di pagamento legata alla professione più antica del mondo, ma una modalità di pagamento per … prestazioni ... appunto … occasionali.
La Patrizia mi si irrigidisce un attimo e, avendola la mia interruzione stoppata nel suo ininterrotto fluire, cerca di recuperare il filo del discorso ed insiste sul concetto che la loro filosofia aziendale, perfettamente american style, è tutta concentrata sulla statistica: un contatto via l’altro.
La Patrizia mi si irrigidisce un attimo e, avendola la mia interruzione stoppata nel suo ininterrotto fluire, cerca di recuperare il filo del discorso ed insiste sul concetto che la loro filosofia aziendale, perfettamente american style, è tutta concentrata sulla statistica: un contatto via l’altro.
Ho, vagamente, capito il tenore del discorso e dove vuole andare a parare e decido di interrompere ancora una volta il suo schema abituale, dicendole che, sì, la statistica è importante, ma non l’agente, non il venditore, non il promoter, insomma, quello che è, deve avere anche una certa professionalità.
Mai l’avessi detto: come una bestemmia in Vaticano, come mangiare una braciola in una moschea, la Patrizia si blocca, le si gonfia una venuzza sulla fronte (la sua sinistra, per la precisione) e sussurra qualcosa che ben avrebbe essere un anatema, un esorcismo.
Già che ci sono voglio esagerare e, memore di quanto mi aveva detto nel pomeriggio la Elena, chiedo alla manager Patrizia quali siano le provvigioni per i contratti.
Benevola e confidente, la Patrizia mi spiega che per i contratti Sorgenia la provvigione è di 20 euro, mentre per SKY, anche in questo caso sarebbero di 20, “ma (vi prego, cercate di seguirmi perché, per essere con voi preciso, me lo sono fatto spiegare una seconda volta) in realtà sarebbero 29 che, però, sarebbero 25, ma che, in ogni caso, loro preferiscono lasciarli in contanti a chi promuove il contratto come benefit”.
Voi avete capito? Io no!
Se qualcuno ha capito, ve ne prego, spiegatemelo!!!
Intanto nell’altra stanza si sente il campanaccio che suona.
Ah, sì, avevo dimenticato di ragguagliarvi sul fatto che è d’uso (l’ho imparato leggendo i forum) la sera festeggiare chi ha piazzato più polizze scampanellando il campanaccio.
Insomma, andiamo avanti per un cinque minuti, ma tale deve essere il suo bisogno di avere gente da macello che mi rinvia a lunedì 7 alle 8 del mattino per il corso di formazione.
Ora, ben avrete capito leggendo le mie nius quanto abbia bisogno di lavorare e, visto che non si lavora aggratis, per guadagnare, ma, considerando anche che 1. sul forum ho letto che talvolta la società ha il vezzo di non pagare (circostanza che non posso permettermi il vezzo di verificare), 2. che non ho l’auto a disposizione (nel senso che avere l’auto, l’ho, ma non ho pagato l’assicurazione, ma questa è un’altra storia), 3. che le spese sarebbero tutte a mio carico, 4. che da 'dragare' ci sarebbero tutte le vallate del Piemonte (anche quelle più isolate segnate solo su alcune cartine militari) e la Valle d'Aosta, 5. che l'orario di lavoro sarebbe (anzi, è) dalle 8.30 alle 19.00 ( 6. quindi sarebbe impossibile cercare un altro lavoro, anche in considerazione del fatto che, pur essendo un lavoro retribuito [?] come prestazione occasionale, 7. non vengono concessi permessi se non dietro umilianti pene corporali), 8. che ho la pur vaga impressione che di commerciale sappiano assai poco (mi permetto di ricordarvi che l’ ‘assai’ introduce un superlativo) beh, tutto questo considerando ... eccomi qui a scrivere per voi.
Mi preme precisare che nell'arco della simpatica 'gita fuori porta' la Elena e la Morena hanno concluso un contratto a testa, mentre la Morena nei tre giorni precedenti non ne aveva concluso neppure uno!
Che dirvi? L’ho fatto per voi.
Epilogo
Mi resta un rammarico. In uno dei forum avevo letto che la ‘manager’ Patrizia si era presentata (cito) “con una maglia che lasciava poco spazio all’immaginazione, con un tatuaggione blu sul seno ben VISIBILE” (il maiuscolo era nel post): ecco a me la Patty il ‘tatuaggione’ non l’ha fatto vedere: motivo in più per non acettare la 'pur lusinghiera' offerta di lavoro!
(per ogni riferimento ed approfondimento - anche, se non soprattutto - sul tatuaggione -, mi permetto di rinviarvi a http://www.esperienzedilavoro.it/viewtopic.php?id=3&p=2: mi permetto di far notare che nel forum dietro il nickname 'piccinina' dovrebbe celarsi la Patrizia)
NON e` una storia di pura invenzione.
Nel racconto SI FA riferimento a fatti e persone REALI.
(per ogni riferimento ed approfondimento - anche, se non soprattutto - sul tatuaggione -, mi permetto di rinviarvi a http://www.esperienzedilavoro.it/viewtopic.php?id=3&p=2: mi permetto di far notare che nel forum dietro il nickname 'piccinina' dovrebbe celarsi la Patrizia)
Letto tutto d'un fiato. Come già ho detto altre volte, dovresti farne qualcosa di queste "disavventure con il sorriso". Sei un grande! Barbara
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