Non ti ricordi quel mese d'Aprile
Quel lungo treno che andava al confine
Che trasportavano migliaia degli alpini
Su-su correte: è l'ora di partir
Dopo tre giorni di strada ferrata
Ed altri due di lungo cammino
Siamo arrivati sul Monte Canino
E col sereno ci tocca riposar
Se avete fame guardate lontano
Se avete sete la tazza alla mano
se avete sete la tazza alla mano
che ci rinfresca: la neve ci sara'
perché l’è figlio di un vecchio alpino.
E gli mise la penna nera
perché l’è figlio di un vecchio alpin.
Come molti di Voi sapranno (gli altri possono far finta di saperlo) da quasi due anni ho scandito rigorosamente le settimane e financo le giornate al fine di ovviare al pericolo del tedio, della noja e della depressione con quello che ne consegue.
Sveglia tutte le mattine alle 7 (8 il sabato; quando capita la domenica), fuori casa entro al massimo e, lo sottolineo, al massimo alle 9. Poi, col bello come col cattivo tempo, col sole, con la pioggia, col vento, con la neve: fuori.
Una ricerca ostinata di un lavoro, di un qualsiasi lavoro (meglio sarebbe un buon lavoro) all'internette point, all'emeroteca (leggasi Biblioteca Nazionale). Contatti sociali, visite di cortesia per la serie 'non si sai mai che ne venga fuori qualcosa'.
Di tutto, insomma, pur di non rimanere chiuso, recluso in casa. Anche perché - l'età è quella giusta - il rischio del 'rinco' (leggasi 'rincoglionimento') è dietro il classico angolo. Sono portato geneticamente alla pigritudine, al bradipismo. Il segreto è uscire di casa quando, complice un bioritmo lentissimo sino alle 10 del mattino, non sono ancora in grado di connettere, di intendere, di capire quello che sto facendo.
Quando, poi, sono pienamente sveglio e nel pieno possesso delle mie capacità mentali, beh.. è troppo tardi. Cerco, sempre con estreeeeema lentezza, di capire dove sono, ma, oramai, è troppo tardi e, soprattutto, sono troppo lontano da casa.
Quindi, tanto vale mi dia da fare per... fare qualcosa.
Considerando che, infine, sono per esigenze contingenti (leggasi 'disoccupazione') diventato cinico, estremamente cinico e spietato, tanto vale che cerchi qualcosa di utile per me. Nel caso di specie, che cerchi un lavoro.
Ma, dicevo, meglio, scrivevo qualche riga fa, il rischio è rimanere chiusi in casa.
Per fare qualcosa in casa, senza troppa fantasia, l'unica soluzione è pulire. Ma, pulita la casa un giorno, ri-pulita la casa il giorno successivo, ri-ri-pulita la casa il giorno che segue, non resta altro da fare il quarto giorno che mettere tutto in disordine, a soqquadro (lo sapevate che 'soqquadro' è l'unica parola in italiano con 'qq'?) per tornare a pulire e ri-ri-ri-rimettere in ordine il quinto giorno.
Unica alternativa è piazzarsi, inchiodarsi davanti al televisore ed attendere, neppure troppo, che l'encefalo si appiattisca. Eventualità che, non lo nascondo, ha i suoi vantaggi, ma questo è un altro discorso.
Incollati che vi siete davanti alla tivvì, beh, non c’è che l’imbarazzo della scelta per ridurre in pappa il cervello.
In questi giorni è ripreso ‘X Factor’.
Ne avevo sentito parlare, ma non avevo mai avuto occasione di vederne una puntata: l’ho fatto per Voi!
Ora, sarebbe giuoco facile lanciarmi in un’analisi socio-popolar-cultural-semiologica di tale spettacolo – et similia – ma sarebbe troppo facile, banale, scontato, ma quivi non voglio dilungarmi in quella che sarebbe – forse – un’inutile e per vero oziosa dissertazione sul significato di tali manifestazioni e sui presunti effetti destabilizzanti sulle giovani menti.
Dopo averVi stupito nelle precedenti puntate con sempre qualcosa di inaspettato, non voglio neppure in questa occasione essere da meno. La mia missione, in mancanza di meglio, è cercare di stupirVi con effetti speciali.
Fedele a questo intendimento, vorrei, invece, parlare di un problema che mi sta particolarmente a cuore: quello dei cori di montagna, tema al quale credo che dedicherò una breve operetta morale.
Se non avete di meglio da fare, potete continuare nella lettura.
Partiamo con la base, con l’a-b-c-, con quello che non deve assolutissimamente mancare in un coro di montagna.
Orbene, non deve mancare, all’interno di un coro che si rispetti, una BACHECA. Non perché, come qualcuno potrebbe erroneamente pensare, essa possa servire per appenderVi comunicazioni, o.d.g., etc., anzi questa usanza sarà severamente deplorata e proibita all’interno di un coro appena degno di questo nome.
Unici messaggi tollerati sono quelli del segretario, e solo se particolarmente rabbiosi ed osceni. Anzi, il grado della loro tollerabilità sarà direttamente proporzionale al numero di oscenità e/o di imprecazioni ivi contenute.
Ad esempio, tollerabile messaggio da bacheca potrà considerarsi il seguente: “Maledetti figli di (parolaccia) quanto (parolaccia) di volte vi devo dire di pagare quel (parolaccia) di quota sociale che il tesoriere sono mesi che mi rompe i (parolaccia). Avete capito, i miei (parolaccia)”.
Come si noterà non diamo suggerimenti alla voce ‘parolaccia’ (lasciamo liberi i segretari di sbrigliare la propria fantasia); è anche lampante che viene apprezzato nel messaggio un sincero e virile disprezzo della grammatica e della sintassi.
Utilissima, invece, la bacheca si rivelerà per:
- attaccarvi ogni tipo di foto e stampa pornografica,
- caricature, lazzi feroci, foto compromettenti, cambiali e tratte scadute di uno qualsiasi dei componenti del coro
- attaccarvi ogni sorta di articoli, titoli di giornale, brani di pubblicazione che possano dare adito a doppi sensi di rigoroso dubbio gusto
- attaccarvi le ‘cartoline del coro’
- cartolina paesaggistica recante sul retto (nel senso di davanti) traccia a biro ripassata e visibilissima, recante la dicitura ‘noi eravamo proprio qui’ e recante sul verso almeno 10.000 firme di cui nessuna deve essere leggibile;
- cartolina recante una florida ed ammiccante ragazza nuda e sul verso la scritta ‘io e la (nome di fantasia, generalmente straniera, tipo Edy o Mary, Samantha - meglio con l'h' -, …) vi mandiamo tanti saluti e … - maliziosi puntini ammiccanti – bacioni!’
- cartolina recante sul retto la veduta di un monte ‘ostregheta bocia che sgnapa che avemo ciapà!’
Inutile porre alla Vostra attenzione – sicuramente ne avrete sentito parlare - circa la riottosità, l’indolenza ed i continui stati di ebbrezza che spesso caratterizzano i componenti di un coro. Sarà, quindi, necessario che il maestro, per mantenere un minimo di disciplina e non correre di continuo il rischio di risse, ammutinamenti, insurrezioni varie ed eventuali, golpe ecc. (soprattutto questi ultimi per un malinteso senso di emulazione coi potenti che a volte può cogliere i coristi) ricorra, severo ma giusto, alla somministrazione di pene corporali e morali, che da ora in avanti chiameremo ‘punizioni’ per non incorrere in spiacevoli equivoci verificatesi anche nei migliori cori.
Di fatto, poi, oltre che a mantenere la disciplina, esse potranno rappresentare per un maestro che ne faccia un sapiente ed oculato uso, una vera oasi di piacere sano e virile, un momento di vero e proprio, come si dice adesso, relax. Persino di climax!
Potranno concedergli quelle soddisfazioni delle quali la vita all’interno di un coro è altrimenti abbastanza avara e sostituire divertimenti più dispendiosi e pericolosi come il poker fra colleghi (se non è, come può accadere, un abile baro) o il cinema. Soprattutto quest’ultimo potrà essere completamente sostituito con indubitabili vantaggi non solo per la tasca, ma anche e specialmente dell’anima e del morale.
Di fatto, poi, oltre che a mantenere la disciplina, esse potranno rappresentare per un maestro che ne faccia un sapiente ed oculato uso, una vera oasi di piacere sano e virile, un momento di vero e proprio, come si dice adesso, relax. Persino di climax!
Potranno concedergli quelle soddisfazioni delle quali la vita all’interno di un coro è altrimenti abbastanza avara e sostituire divertimenti più dispendiosi e pericolosi come il poker fra colleghi (se non è, come può accadere, un abile baro) o il cinema. Soprattutto quest’ultimo potrà essere completamente sostituito con indubitabili vantaggi non solo per la tasca, ma anche e specialmente dell’anima e del morale.
Sappiamo, purtroppo, quali bassi livelli abbia raggiunto qualunque pellicola proiettata oggigiorno nelle apposite sale, con i deleteri effetti che si possono immaginare non tanto sulla psiche già seriamente compromessa degli anziani, ma principalmente in quella, peraltro molto più sviluppata, dei giovani.
Le famiglie al completo potranno, invece, assistere alla somministrazione delle punizioni corporali, felice di un divertimento sano, sicura che non assisterà a volgarità, utile alla formazione completa dei giovani virgulti che presto cominceranno ad apprendere cosa si debba intendere per disciplina, senso del dovere e del corretto esercizio del potere.
Dette punizioni potranno, quindi, diventare un’occasione per aprirsi liturgicamente ai non coristi, mettendo in tal modo a tacere quelle malelingue – che mai mancano – secondo le quali all’interno di tali cori, peraltro rigorosamente maschili, si svolgano riti pagani e financo orgiastici, con la presenza dell’immancabile ballerina di lap-dance cubana.
La parvenza, il decoro (verso l’esterno, verso i non coristi) devono sempre essere rigidamente ed ossequiosamente rispettati, fatti oggetto di un vero e proprio culto.
Ciò detto, passiamo immediatamente a descrivere queste punizioni, secondo la suaccennata definizione.
PUNIZIONI CORPORALI
Non possiamo purtroppo, come altri invece hanno in altri tempi lodevolmente fatto, compilare un’esatta casistica di mancanze e relative punizioni.
All’uopo si trovano già preziosi manualetti a stampa o a mano a cura di una o più istituti o case di rieducazione.
So anche di alcuni cori in cui è in uso un’opera veramente notevole, frutto dell’esperienza di rieducatori oggi a riposo (‘Gioia della disciplina’, ed. Kappler, Norimberga, 1936). Purtroppo, questo manuale è di difficile consultazione poiché scritto in tedesco, lingua ostica soprattutto per chi ha anche scarsa dimestichezza con lo stesso italiano.
Cercheremo, invece, mantenendoci nelle linee generali, di dare qualche consiglio di massima.
Un buon maestro con un po’ di fantasia, dovrà e potrà inventare sempre nuove punizioni, il che costituirà una continua sorpresa gioiosa tanto per i puniti quanto per gli spettatori, che non mancheranno di elogiarlo e di congratularsi con lui. E’ così difficile oggi farsi quattro sane risate!
Naturalmente, la punizione sia sempre proporzionale alla mancanza: non bisogna infierire od abusare dell’autorità concessa: a mancanze leggere, punizioni leggere.
Quindi, per mancanze del tipo:
- tossiva durante il concerto,
- si rifiutava di concedere un piccolo prestito al maestro,
- passava il maestro e non scattava immediatamente sull’attenti
si eviti di rispondere con punizioni del tipo ‘trent’anni di carcere duro’ o ‘fucilazione sul posto’.
Sarebbero, effettivamente, sproporzionate alla mancanza, senza poi contare che la liberalità tristemente famosa del codice Rocco (di codice penale si tratta, ma senza sin troppo facili e stucchevoli allusioni al Siffredi) potrebbe fare incorrere il somministratore in spiacevoli vertenze di carattere giudiziario, arrivando persino ad un’ammonizione o ad un’ammenda di carattere pecuniario.
I non coristi, purtroppo, non capiscono, non potrebbero e non possono capire: non per nulla sono non coristi!
Sufficiente, invece, l’oggi troppo dimenticata, ma efficace, fustigazione.
Per una leggera mancanza, venti nerbate ben assestate saranno più che bastanti. Naturalmente si dice nerbate per dire. Un maestro dovrà avere il dono della fantasia e della creatività e non dovrà limitarsi al mero uso del nerbo di bue, ma potrà e dovrà invece, di volta in volta, sostituirlo col gatto a nove code, lo staffile, la fune annodata, la cinghia dei pantaloni (sconsigliate le bretelle: di ‘rinculo’ - mi si perdoni il termine, ma mi garantiscono che esso è il termine rigorosamente tecnico – potrebbe colpire in viso lo stesso Maestro, ledendone l’immagine, non solo in senso figurato, ma rompendo la liturgia del momento), la frusta dei carrettieri emiliani (sempre presente come indispensabile elemento folkloristico nei cori di ispirazione popolare).
I tratti di corda, il giro della chiglia, la vergine di Norimberga, lo stivaletto maltese, ecc. saranno, invece, riservate a mancanze più serie, quali:
Sarebbero, effettivamente, sproporzionate alla mancanza, senza poi contare che la liberalità tristemente famosa del codice Rocco (di codice penale si tratta, ma senza sin troppo facili e stucchevoli allusioni al Siffredi) potrebbe fare incorrere il somministratore in spiacevoli vertenze di carattere giudiziario, arrivando persino ad un’ammonizione o ad un’ammenda di carattere pecuniario.
I non coristi, purtroppo, non capiscono, non potrebbero e non possono capire: non per nulla sono non coristi!
Sufficiente, invece, l’oggi troppo dimenticata, ma efficace, fustigazione.
Per una leggera mancanza, venti nerbate ben assestate saranno più che bastanti. Naturalmente si dice nerbate per dire. Un maestro dovrà avere il dono della fantasia e della creatività e non dovrà limitarsi al mero uso del nerbo di bue, ma potrà e dovrà invece, di volta in volta, sostituirlo col gatto a nove code, lo staffile, la fune annodata, la cinghia dei pantaloni (sconsigliate le bretelle: di ‘rinculo’ - mi si perdoni il termine, ma mi garantiscono che esso è il termine rigorosamente tecnico – potrebbe colpire in viso lo stesso Maestro, ledendone l’immagine, non solo in senso figurato, ma rompendo la liturgia del momento), la frusta dei carrettieri emiliani (sempre presente come indispensabile elemento folkloristico nei cori di ispirazione popolare).
I tratti di corda, il giro della chiglia, la vergine di Norimberga, lo stivaletto maltese, ecc. saranno, invece, riservate a mancanze più serie, quali:
- mettere in dubbio le conoscenze musicali del maestro,
- era recidivo nel concedere un piccolo prestito,
- affermava pubblicamente la superiorità dei tenori di un altro coro,
- non parlava veneto durante le prove,
- veniva colto con un bicchiere d’acqua fra le mani e visibilmente non lo usava per le quotidiane abluzioni personali, bensì per dissertarsi, preferendolo ad una sana grappa.
Sconsigliabile, in ogni caso, l’uso delle tenaglie arroventate: nell’epoca dell’elettricità, via! Un coro deve essere sempre all’avanguardia, in tutto!
So per certo che in alcuni cori si ricorre ancora alla barbara usanza dell’olio di ricino. Questa è un’aberrazione che deve cessare, e non sarà mai abbastanza vituperata ed esecrata. Si usi sempre, quindi, l’italianissimo olio d’oliva.
PUNIZIONI MORALI
Teoricamente parlano, le punizioni morali dovrebbero essere di gran lunga più importanti di quelle corporali, e dovrebbero quindi essere usate solo nei casi di particolare gravità ed efferatezza.
Pe.: affermare ad alta voce di preferire Riccione o, tanto peggio, Rimini al monte Camino per le ferie estive con l’aggravante di essere udito da alcuni bambini.
La pratica ha, purtroppo, dimostrato come alcuni coristi, nella stragrande maggioranza ben lontani dal possedere una morale, tendevano bellamente ad infischiarsi delle pene medesime.
Tutto ciò ha fatto prevalere decisamente nei cori l’uso delle punizioni corporali, perché, come osservammo, venti nerbate al momento giusto risolvono più di un problema.
Ma, poiché la nostra opera vorrebbe essere esaustiva, sebbene nelle dimensioni che ci siamo imposti, daremo qui di seguito alcuni esempi di punizioni morali. Non ultimo anche il nostro desiderio di instillare nei cori, gruppi sempre all’avanguardia e potenzialmente rivoluzionari, un po’ di amore e rispetto per il passato e per le tradizioni.
Se risulterà difficile colpire moralmente i coristi, bisognerà allora agire d’astuzia e far leva su quelle poche cose che potranno scalfire la loro rude scorza.
Per comodità del maestro, affiancheremo alle punizioni morali una corrispondente punizione corporale, perché egli ne sappia cogliere la seppur sottile differenza.
Ecco alcuni esempi:
presentarsi in ufficio, invece che col solito gessato, con la abituale divisa del coro, completa di medaglie ed alamari (corrisponde a 100 nerbate);- durante l’annuale pellegrinaggio al monte Cimin presentarsi, anziché con l’abituale divisa del coro, con l’abito gessato da ufficio (corrisponde a 200 nerbate più 30 giri della sede del coro con zaino affardellato);
- un anno senza grappa e polenta (particolarmente grave, solo in casi rarissimi, eventualmente prevedere l’assistenza medica per astinenza; corrisponde a 300 nerbate più lavaggio con sale ed aceto delle ferite);
- affermare ad alta voce in presenza dei coristi ‘beh, in fondo non esiste solo questo tipo di musica, anzi, la musica pop non è niente male’ (corrisponde a 100 nerbate sulle piante dei piedi, di solito, però, i coristi preferiscono, come atto di misericordia, fare giustizia sommaria del malcapitato);
- invitare alcuni raffinati critici musicali, mostrare loro targhe, coppe, medaglie, … vinte dal coro affermando ad alta voce i loro pregi artistici (corrisponde a 30 anni di carcere duro);
- leggere ad alta voce, per intero, la rivista CORO, commentarla in presenza di amici, farne alcuni sunti in prosa, almeno dei passaggi più significativi (esilio perpetuo).
N.B. tutte queste punizioni riguardano esclusivamente i coristi ‘non trentini’.
Per i ‘cori trentini propriamente detti’ è tuttora in vigore il codice militare dell’esercito austro-ungarico (Vienna, ed. Kaiser, 1812).
... il falcone è maltese ... lo stivaletto è malese !
RispondiEliminaSei un grande :-) !