giovedì 24 settembre 2009

40. 'Non ti ricordi quel mese d'Aprile ...' (parte 2)

(omaggio a Claudio A.)







La sede del coro dovrà, poi, essere così suddivisa:







La cantina

Sarà, naturalmente, la parte più spaziosa e capace della sede. Accudirà ad essa un ‘cantiniere’ scelto con particolare abilità nello stappare e nella eccezionale destrezza e velocità nel porgere. Dovrà anche essere fornito a dovizia di denaro personale in modo da anticipare ai fornitori il prezzo delle bevande che i coristi si guarderanno bene dal rifondergli.


La segreteria
Anche questa sarà abbastanza spaziosa, almeno per contenere il segretario, alcuni tavoli atti al gioco delle carte, un ampio armadio per contenere dizionari di insulti nelle principali lingue straniere, un dizionario sul come dire al proprio avversario ‘sei fortunato’ in modo osceno ed in 1000 modi diversi, un cavatappi di riserva, collezioni delle principali riviste pornografiche danesi, giochi da tavolo e di società, varie amenità, qualche minerale.


Sala delle prove

Indubbiamente la meno importante. Basterà un piccolo recesso di 2 m. x 2 m. se fornito anche di una grossa tazza di ceramica bianca e di una catena metallica con manopola di materiale plastico, potrà essere adibito anche ad altri scopi di non secondaria importanza.

La sede del coro dovrà, poi, essere insonorizzata; anzitutto, per la sottile e più o meno inconscia vergogna che coglie tutti i coristi al pensiero che altri possano sentire intonare per la millesima volta il canto ‘oh, su quell’alte cime la pastorella, ..’, poi per non far sentire ad altri timorati vicini le tremende imprecazioni che possono sfuggire durante le partite a carte o durante la somministrazione delle pene corporali.
Materiali atti alla in sonorizzazione non verranno considerati i normali pannelli isolanti costruiti allo scopo, ma materiali ben più fantasiosi e divertenti quali contenitori da uova vuoti, contenitori da uova pieni (in questo caso si consiglia di cambiare le uova almeno un paio di volte l’anno), gusci di uova, omelettes, frittate alle cipolle, piatti di trippa alla parmigiana, pacchi di cambiali scadute, fotografie di cori (purché cori trentini propriamente detti)., vecchie foto in bianco e nero del monte Camino in diverse prospettive e scattate nell’arco di tutta la giornata, meglio se in inverno.

Per l’addobbo delle parti si veda quanto già detto con riferimento alla bacheca. Va, comunque, bene qualsiasi cosa che, purché di dubbio gusto, ecceda le dimensioni della medesima.

Doloroso aspetto del coro che si verifica nella quasi totalità dei cori presi in esame (per non dire che ne costituisce la regola) è il lento ma inesorabile declino psicofisico del maestro.

Questo triste aspetto della pur gioiosa vita di un coro pare sia dovuta alle copiose bevute cui il maestro è costretto per non perdere la faccia di fronte ai coristi, anche perché come già più volte osservato nel corso della trattazione, il ero permanere in un coro per un certo lasso di tempo obnubilerebbe le pur forti facoltà mentali di chiunque. Come è noto Freud ed Einstein non hanno mai fatto parte di un coro ... e non sembra un caso. Non risulta, peraltro, che neppure lo stesso Dante indugiasse in tale passatempo.
Riconoscibili sintomi dell’avanzare di queste penose condizioni in un maestro sono dapprima un vago tremore alle mani, poi l’occhio annebbiato e spesso vitreo, momenti di vero e proprio letargo (che vengono scambiati e confusi con dei pianissimo con le tragiche conseguenze che si possono immaginare nel caso che ciò avvenga nel corso di un pubblico concerto), complesso di persecuzione, fantasie sado-masochistiche, desiderio irrefrenabile di entrare a far parte di gruppi della sinistra e/o destra extra-parlamentare spesso contemporaneamente), morbose tendenze a credersi la reincarnazione di Rasputin.

Nel 1949 un Maestro del bresciano, completamente sordo (un buon udito non è un requisito indispensabile per essere un buon Maestro di coro, anzi...) credette di essere la reincarnazione di tale Parlotto Cremonazzi, giovane del luogo in odore di santità, morto alcuni anni prima per indigestione di krapfen che divorava in grande quantità allo scopo di mortificare la carne.


Mentre dirigeva il bel canto (‘Alé hop montagnards che l’edelvais già spunta’ gli apparve, in un enorme krapfen rosa il Cremonazzi che lo esortava ad abbandonare la peccaminosa vita del coro per darsi alla penitenza ed alla predicazione.

Il Maestro, tale Orlandi Rinone, gettò immediatamente la bacchetta alle ortiche e, lasciato il coro e le sue pompe, si ritirò in un vicino forno a predicare, fare miracoli ed a dare i numeri del lotto.

Se, però, possiamo citare questo esempio edificante, quanti altri ne potremmo citare per terribile e sconvolgente contrasto! E’ questo, comunque, il momento in cui il maestro, o chi gi sta vicino, deve decidere il frapporre come una barriera fra lui ed il coro come lo scudo del crociato si frapponeva al fendente dell’infedele.

Questa persona è il Segretario del coro.

Questo importante personaggio svolge all’interno del coro funzioni a dir poco delicatissime. Egli si accollerà tutte quelle beghe quotidiane che il maestro non può svolgere.

Il coro è il segretario, ed il segretario è il coro, sia nelle grandi cose (comprare sigarette al maestro) sia nelle piccole cose (la gestione economico-sociale del gruppo stesso).
Il Maestro però, vista l’importanza del segretario, non commetterà l’errore di sceglierlo fra i ‘facenti funzioni del maestro’: questi sono personaggi infidi, la cui unica ambizione nella vita è di diventare Maestro di coro e non perdono l’occasione di scalzare il legittimo titolare ricorrendo a tutti i mezzi leciti (come la defenestrazione e l’avvelenamento) o illecite che siano (come indicarne l’incapacità musicale e lo stato di progressiva e continua distruzione mentale) per raggiungere i loro sordidi scopi.
Il segretario non deve nutrire queste ambizioni; sarà quindi scelto fra coloro troppo ottusi per averne. Il segretario, insomma, non deve brillare per sagacia, tanto più che non gli si richiede di avere vinto un Nobel.

Al massimo potrà fare, a tempo perso, il Presidente del Consiglio.

Gli si richiederanno, invece, ben altre qualità. Anzitutto, un’etica militar-religiosa ben precisa (il Maestro, che spesso deve essere riaccompagnato a casa, non ama svegliarsi la mattina senza portafoglio, oltre che col mal di testa). Poche idee, meglio una sola, ma chiare e precise su tutto.
Sosterrà la Controriforma in politica, il sistema tolemaico-aristotelico come cosmogonia, non perderà occasione per vantare i pregi del codice borbonico in materia di diritto, sarà spesso sentito esclamare ‘Ah, quando c’era lui!’, intendendo per ‘Lui’ non certo il ‘Lui’ che tutti potrebbero intendere, bensì Cangrande della Scala, e, al minimo accenno della passeggiata dell’uomo sulla luna, scoppierà in una sincera, argentina risata di incredulità.


Come, dunque, ricompensare adeguatamente una persona tanto preziosa? La cosa risposta: i grafici. Sappiamo tutti quanto importanti siano i grafici nella vita di ogni individuo e quanto ognuno di noi ambisca a tracciarne continuamente.

Ebbene, i grafici all’interno del coro sono esclusiva competenza del segretario.
Il segretario, quindi, si autocompenserà passando il proprio tempo libero a graficheggiare (grafeggiare?, gratificare?) qualsivoglia manifestazione del coro.
Avremo i grafici su: i più alti, i più bassi, scapoli-ammogliati, l’uso del termine ‘sesquipedale’ nel corso di un anno sociale, gite al monte Camino (altezza dello stesso, larghezza, nevosità, tragitto da valle al rifugio), litri bevuti, litri non bevuti, assenti-presenti, buoni-cattivi, …

Naturalmente, il maestro dovrà almeno fingere di apprezzare il lavoro grafico del segretario e, almeno una volta l’anno, è tenuto a guardare uno dei qualsivoglia grafici borbottando ‘Mmmh, bene bene, …’.
Altra figura leggendaria, quanto enigmatica, all’interno del coro è il ‘probo viro’. Non si sa esattamente cosa siano i probi viri. Forse sono il retaggio di antiche usanze feudali: essi rimangono nel coro perché un nome latino fa sempre colpo.


E’ anche una delle cariche che ogni tanto il maestro distribuisce per ammonire o prendere a gabbo i coristi. Es.: ‘Tè, laggiù, si proprio te, d’ora in avanti fai il probo viro’.

Altri tipi di carica onorifica dal nome roboante quanto inutile sono: gran duca del coro, barone imperterrito del falsetto, …

Ci rendiamo ben conto di non aver esaurito, con questi brevi cenni, l’argomento e ce ne scusiamo. Ma ci eravamo posti proprio all’inizio questo preciso compito: brevità e concisione.
Conclusione

Adesso, scusatemi, ma inizia 'C'è posta per te'. RicordateVi: lo faccio per Voi!


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