giovedì 25 giugno 2009

24. “Scusi, signoriiiina, … che ore sono?”


"Le gambe delle donne sono dei compassi che misurano il globo terrestre in tutte le direzioni, donandogli il suo equilibrio e la sua armonia" (Bertrand)


Da qualche tempo alcuni amici mi domandano come io faccia ad essere così sereno.

La mia situazione economica è sempre più un vicolo cieco: appartengo anch’io alla generazione 1.000 euro, ma non nel senso che guadagno 1.000 euro al mese, ma nel senso che sul conto in banca mi restano poco più di 1.000 euro.

Eppure riesco ancora a sorridere, ad affrontare le varie avversità con una calma che, a volte, sorprende anche me.

Certo, ci sono dei momenti in cui mi lascio prendere da attimi di sconforto, ma sono attimi, appunto.

Ho imparato, a mie spese, che alcune situazioni drammatiche, possono essere d’aiuto per affrontare le avverse fortune cui la vita ci mette di fronte.

Nell’aprile di diversi anni fa, per esempio, venni assunto da una società che aveva grandi mire: niente di meno che quotarsi in borsa. A luglio dello stesso anno ricevemmo persino la visita della Borsa Italiana che voleva vedere coi propri occhi questo gioiello della new economy. Eravamo tutti tirati a festa, come per la prima comunione; ci venne consigliato di tenere un eloquio che non indulgesse a volgarità ed i bagni erano profumati da aromi naturali.

A dicembre ci venne detto che la società era sull’orlo del fallimento e che avremmo fatto meglio a cercarci un nuovo lavor.

Era la fine della gloriosa new economy.

Seguirono 8mes8 di disoccupazione cui non ero preparato (è una materia che non viene insegnata all’università) e l’affrontai non male: malissimo.

Quando due anni fa mi ritrovai a rivivere un’esperienza analoga, mi ripromisi di non commettere gli stessi errori.

Mi imposi una disciplina spartana, militare (io, riformato), eremitica.

Sveglia alle 7.30 dal lunedì al sabato (anche Lui si è riposato il settimo ed io non voglio essere accusato di lesa maestà), fuori casa alle 9.00 qualsiasi tempo faccia, due ore al giorno per cercare lavoro (sui giornali in biblioteca, su internet, frequentando gli amici, …), adesso anche un po’ di palestra (aggratis, e che vi credete?), dieta equilibrata, controlli medici (il buon disoccupato non può permettersi il lusso di ammalarsi), letture e studio.



Ecco, da qualche mese coltivo lo studio del buddismo.

Credo che alcuni si siano avvicinati al buddhismo per il gusto dell’esotico, altri perché arrivati in ritardo alla chiamata della moda new age: molti perché trovano delle risposte che avrebbero potuto trovare nella religione cattolico-cristiana se solo avessero avuto un parroco più accorto.

Insomma, concetti come amore, compassione, pazienza e tolleranza, persino le quattro nobili verità (esistenza, nascita e cessazione della sofferenza e via che porta alle cessazione della sofferenza) sono concetti che si ritrovano in ogni religione, potrei azzardare a dire che – mi si passi il termine – possono essere accolti col comune buon senso.

Potrei spingermi a dire, confidando di non essere colpito da un fulmine (perché, come direbbe Giorgio G. "Dio è violento! e gli schiaffi di Dio appiccicano al muro!"), che anche un laico ammette tali principi come base per un proprio comportamento etico.

Ma la verità è che il buddhismo è qualcosa di più complesso che richiede studio, applicazione.

Tanto per cominciare bisogna comprendere il principio di causalità e quello di impermanenza: e siamo solo all’A-B-C.

Considerate che il fine ultimo è quello di cogliere la vacuità, vacuità sospesa tra realismo e nichilismo.

E che dire del fatto, non trascurabile, che nella scuola buddista, non esiste Dio?

Se Dio è l’essere supremo e perfetto (autogeneratosi, altro concetto non di poco conto) allora non può essere né bianco né nero, né giovane né vecchio, né alto né basso, sino ad arrivare a dire che non può essere né maschio né femmina.

Se non sbaglio un Papa arrivò a parlare di un concetto simile, ma mi pare di ricordare che fece una brutta fine, ancora circondata da un’aurea di mistero. Circostanza che potrebbe avvalorare l’esistenza di Dio, un Dio certo severo, iracondo, iroso e facile all’ira, ma pur sempre un Dio.

C’è, poi, la trasmigrazione, il samsara, quella che in occidente – in modo inappropriato – si confonde con la reincarnazione che non può prescindere dalla comprensione del karma.

Ecco, io confido molto anzi parecchio nella rinascita.

Da una parte spero che la prossima vita, scontato gran parte del mio karma negativo in questa, non possa che essere migliore; dall’altra, mi dolgo di non ricordare le ‘malefatte’ delle vite precedenti: devo essere stato certamente un grande peccatore e, spero, un gaudente libertino incallito: vorrei ogni tanto potermene ricordare, non fosse altro per potermi dire “Ora è difficile andare avanti, ma quanto mi sono divertito?!”.

Insomma, la faccio in soldoni, il processo di ‘purificazione’ per raggiungere l’illuminazione (la buddhità) è così complesso che mentre alcune scuole ammettano che sia sufficiente una vita, la scuola mahayana parla di 3trasmigrazioni3, il che mi sembra anche più ragionevole.

Da mesi, dunque, dicevo, coltivo lo studio della filosofia buddhista e credo che questo mi sia stato di grande giovamento per affrontare questo periodo non certo facile.

Ecco, ci sono delle volte in cui mi sembra di capire, di intuire o, almeno, di iniziare a capire il senso di questa filosofia. E’ un’intuizione, un flash, un lampo, tant’è che la meditazione deve essere coltivata per rendere permanente questa calma dimorante.

Ma la meditazione, si dice, è, in fin dei conti, la parte più facile: occorre riuscire a mantenere questo stato di ‘calma’ anche una volta terminata la meditazione, quando si esce di casa e si affronta la vita di tutti i giorni.

Ed io mi metto alla prova.

Inizio a capire quelli che chiamavo ‘miei nemici’ come miei maestri ed a ringraziarli perché mi permettono di far maturare in me la tolleranza per le offese che mi recano, la pazienza, la compassione nei loro confronti e, raramente (ma è pur sempre un inizio), l’amore nei loro confronti.

A volte oso di più.

Tutti noi siamo peccatori e subiamo le tentazioni: in fondo siamo uomini!

L’altro giorno ero seduto su una panchina quando vedo arrivare una ragazza, una ragazza decisamente, veramente, sfrontatamente carina, come direbbe Francesco, “bella di una sua bellezza acerba, bionda senza averne l’aria”.

La ragazza si avvicina ed io cerco di entrare in uno stato meditativo: penso che, in fondo è fatta solo di carne, ma che questa è destinata ad invecchiare, a sfiorire come la sua bellezza (un abbozzo di impermanenza). Per il resto è ossa, sangue.

Ma è anche vero, che, senza arrivare a queste tristi e macabre elucubrazioni, nella mia situazione attuale una femmina è fonte di problemi: non potrei invitarla a cena, non ho un futuro da offrirle, se, poi, dovessimo litigare (e, si sa, nelle coppie litigi ed incomprensioni sono all’ordine del giorno) … addio mio equilibrio!


Ecco, ci sono: sento farsi la mia calma dimorante sempre più stabile, sono un passo oltre il semplice flash. Sono molto orgoglioso e fiero di me, quindi, prima che sia troppo tardi, mi alzo compiaciuto, mi stiracchio e, ad alta voce in direzione della ragazza, dico: “Scusi, signoriiiina, … che ore sono?” ed ho già pronta l’immancabile frase che viene dietro “Ma…. non ci siamo già visti da qualche parte?. (*)


Scherzi a parte, credo che tutti abbiamo bisogno di un loro equilibrio ed io, forse, pur tra tante difficoltà (vi terrò aggiornati sugli sviluppi), credo di aver trovato un mio equilibrio. Non dico che sia l’Equilibrio, un equilibrio valido per tutti, l’equilibrio universale, il centro di gravità permanente ma il MIO equilibrio, almeno per adesso (e ridagli con l’impermanenza).

Indi ragion per cui, se anche qualcuno pensasse che sto andando nella direzione sbagliata, beh, lasciatemi andare.

(*) Dopo un periodo di costretta astinenza (anche se mi vanto di dire “sono io che non voglio”) dovesse mai ripresentarsi un’occasione spero sia come andare dopo tanto tempo in bicicletta: magari si cade all’inizio, ma poi…

NON e` una storia di pura invenzione.
Nel racconto SI FA riferimento a fatti e persone REALI.

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