Gennaro: Teh… Pigliate nu surzo è cafè (Le offre la tazzina. Amalia accetta volentieri e guarda il marito con occhi interrogativi nei quali si legge una domanda angosciosa: “Come ci risaneremo? Come potremo ritornare quelli di una volta? Quando?” Gennaro intuisce e risponde col suo tono di pronta saggezza) S’ha da aspettà, Amà. Ha da passà ‘a nuttata (E dicendo quest’ultima battuta, riprende posto accanto al tavolo come in attesa, ma fiducioso).
"Napoli milionaria!" (E.d.F.)
ps: e non dite che in queste nius non c’è un tocco di cultura!
20 maggio 2009, Torino, Cuneo e provincia passano al digitale.
La domanda che mi sorge spontanea è: “Posso io essere da meno?”. Certo, non ho reti televisive a disposizione, non posso vantare nel mio civvì di aver suonato sulle navi da crociera, le diciottenni non mi invitano alle loro feste di compleanno, non ho ville in Sardegna … anche perché forse uno straccio di lavoro lo avrei trovato, e, forse, nemmeno un lavoro qualunque.
Ma qualcosa devo pur fare.
L’occasione mi viene offerta dalla imeil di un amico che mi scrive:
Caro Romolo,perché tutte le tue gustose mail non le pubblichi direttamente su internet, ovvero su un blog ? Ce ne sono tanti gratuiti, es. https://www.blogger.com/start?hl=it (che è quello di google, ma ce ne sono molti altri, hai solamente l'imbarazzo della scelta).Sicuramente amplierai l'audience rispetto a una lista di indirizzi email, che per quanto ampia sarà sempre pur sempre limitata.Se posso aiutarti o consigliarti, fammi sapere.Con i migliori auguri per la tua ricerca, mi raccomando persevera anche con questa tua (novella?) vena letteraria. Saluti, Marco
Forse perché ho poco da fare, a parte cercare lavoro (e scusate se è poco!), la cosa mi incuriosisce, mi solletica, mi titilla, mi incuriosisce.
Si tratta di accettare la sfida e rilanciare.
Certo, io diffido dei potenti mezzi tecnologici: ho ancora difficoltà a capire come funzioni la macchinetta del caffè; so che funziona e tanto mi basta.
Sono abbastanza diffidente verso feissbuk e tutte le chat, ma probabilmente perché sto diventando vecchio. Ma, se è vero che la vita comincia a 40 anni, sono un giovincello e tanto vale provarci.
Lo ammetto, non avevo la minima idea di come si potesse fare, ma per fortuna un paio di baldi elementi della redazione mi hanno dato un più che valido aiuto, quindi ... ci provo.
Scelto il lay out, il colore di sfondo (ma non ne sono del tutto convinto: carta da zucchero per uno che non un zucchera il caffè? Il caffè ha da essere amaro, come la vita!), caricate le vecchie niusletter, lo scoglio che mi restava da superare era la scelta del titolo.
In effetti, a conti fatti, la cosa più semplice, ovvia e persino scontata. Almeno per me.
Anzitutto “Caro Diario”, per due ragioni.
La prima è che la narrazione delle mie (dis-)avventure nella perigliosa ricerca di un lavoro ha assunto la forma di un diario, quindi una scelta tanto logica quanto forzata. La seconda vuole essere un devoto omaggio al Nanni (ndr. Moretti), un regista che si ama o si odia, non ci sono vie di mezzo. Ed io non ho ambizioni maggiori.
Per quanto riguarda il sottotitolo ( “Ha da passà a nuttata” ), beh, è una frase che mi sono ripetuto spesso da due anni a questa parte, una frase che sembra sconsolata, ma che pure è venata di ottimismo. Certo, il genio di Edo(ardo) risolve tutto in tre atti, mentre nel mio caso a settembre festeggerò i due anni (siete tutti invitati), per cui mi sembrava logico far seguire la considerazione “Ma è lunga assai”.
Un ultimo ostacolo: quale titolo dare all’http. Beh, c’è sicuramente un atteggiamento che mi ha aiutato in questi mesi: accettare tutto con ironia. L’ironia, anche e forse soprattutto nelle situazioni che paiono essere più disperate è – o, comunque, può essere – di grande aiuto: non risolve, ma aiuta. E non è ancora tassata, almeno per il momento. La scelta era, quindi, quasi scontata: http://unarisataciseppellira.blogspot.com/ , ovviamente seppellirà senza accento.
Ma parlavo, pardon, scrivevo di ‘ironia’. Ed allora eccomi qui a svelarvi come tutto cominciò, ovvero come iniziò l’idea di tenere un diario.
A novembre dell’anno scorso si stava chiudendo la mia esperienza tragicomica nel mondo, nella galassia delle assicurazioni. Non ve ne dico adesso un po’ per non appesantire questa nius, un po’ per non privarmi dello spunto per un’altra nius.
Comunque, grazie ad un amico ottengo un colloquio presso una società di derattizzazione (proprio così, derattizzazione: avete presente scarafaggi, topi, ratti, pantegane, pulci e simili? Ecco, proprio quelle).
Prudentemente abbandono la divisa da lavoro del perfetto agente assicurativo (tristissime giacca e cravatta, ripiegando su jeans, scarpe da ginnastica, maglioncino (ancora non reso di tendenza dal Marchionne). Ancor più avvedutamente non mi faccio anticipare dal civvì che porto a mano.
Ero, però ancora giovane ed inesperto, e, senza dare alla circostanza troppa importanza, non solo cito il mio curriculum scolastico, ma pure (come se non bastasse) il mio percorso scolastico.
La persona che mi accoglie è gentile, mi fa persino accomodare, tanto che mi sento non solo fiducioso, ma persino ottimista.
Finito che ebbe di leggere le due paginette due, rialzò lo sguardo e, fissandomi negli occhi a dir poco perplesso mi domandò: “Ma perché col suo curriculum cerca lavoro qui?”.
Io, in fondo sono una persona ovvia, al limite del banale, per cui, sicuro di me stesso, rispondo: “Perché sto cercando lavoro!”.
Lui si mostra ancora più in imbarazzo ed io cerco di venirgli incontro, aggiungendo: “Eppoi adoro i ratti e le blatte!".
Riesco a strappargli un sorriso, persino una sonora risata. Poi, una volta ricomposto, sibillino mi ribatte: “Veramente noi le blatte le uccidiamo!”.
Cerco di salvarmi in corner e di rimettermi in corsa: “Beh, le adoro nel senso che adoro ucciderle…”.
Niente da fare. Lui si mostra paterno, comprensivo e cerca di spiegarmi: “Vede, noi impieghiamo un paio di mesi per formare una persona appena arrivata: col suo curriculum se trova un lavoro (e sicuramente lo trova) ci lascia e noi dobbiamo cominciare con una persona nuova”.
In fondo è più che gentile, tanto che ne convengo e non saprei come dargli torto.
Per inciso, sono passato almeno 18mesi18 e non ho ancora trovato lavoro: siate benevoli: non girate il coltello nella piaga!
Uscito ricordo che la giornata minacciava pioggia, non quella pioggia insistente e dannatamente bagnata ed umida, ma quella pioggerellina infingarda, che a tirare fuori un ombrello ti senti anche ridicolo, ma intanto ti inzuppi.
La prima tentazione fu quella di prendere la rincorsa, attraversare a spron battuto la strada e schiantare la mia preziosa testa (preziosa perché altrimenti non saprei dove mettere gli occhiali) contro il muro dall’altra parte della strada.
Invece mi venne un sorriso, appena appena amaro, ma pur sempre un sorriso. E fu in quel momento che io, diplomato col quasi massimo dei voti, laureato questa volta sì col massimo dei voti scartato da una società di derattizzazione, colsi tutta l’ironia della situazione.
Tornato a casa pensai di relazionare l’amico che mi aveva segnalato l’offerta di lavoro con una imeil che, mi disse in seguito, lo fece sorridere.
Insomma, quel giorno imparai addirittura tre cose: il sorriso può essere contagioso, l’ironia può aiutare, armarsi di diversi civvì adeguati alle offerte di lavoro cui si risponde. Oggi ne ho la bellezza di quattro: uno formale, dove meno vanto delle esperienze maturate, uno più generico, uno formato europeo (che oggi va tanto di moda) ed uno assolutamente generico (dove millanto un diploma senza specificare se di istituto tecnico o di liceo classico e, soprattutto, mi guardo bene dal menzionare la laurea).
Nel tempo feci altri colloqui, puntualmente scartato un po’ per l’età un po’ perché proprio alla fine, quando pensavo di avercela fatta, mi scappava un congiuntivo ed allora venivo gelato da un: “Ma, allora, lei è laureato?!”.
Maledetto congiuntivo, ma io spavaldo me ne uscivo con enfasi retorica e slogan del tipo “Salvate il congiuntivo”, “Il congiuntivo è in via di estinzione: va protetto come il panda!”.
Ad ogni buon conto non persi l’abitudine di aggiornare il diario per varie motivazioni.
- Anzitutto, relazionare chi mi aveva segnalato: una norma di normale educazione.
- Appellarsi all’ironia ha un valore profondamente terapeutico. Io, forse ma forse sono troppo ironico, ma di certo diffido di chi non lo è.
- Far sapere a chi legge le niusletter che sto ancora cercando lavoro: non è che se trovassi lavoro non condividerei la mia gioia.
- Di più: far sapere che sto cercando un qualunque lavoro. E’ vero che mi piacerebbe trovare il lavoro della mia vita, ma, intanto, si tratta di mangiare ed ho lasciato in arretrato un paio di rate del riscaldamento: qui si parla di sopravvivenza.
- Di tanto in tanto qualcuno si complimenta per le niusletter, arrivando a suggerirmi sbocchi editoriali: io dissimulo indifferenza, dico ‘ma no, ma no’; il fatto è che fa piacere. Che volete farci: a 40 anni, anzi 42 mi scopro narcisista. Non è molto, ma è pur sempre qualcosa.
- Quando, negli utlimi 4anni4 chi incontravo mi chiedeva come mi andasse, ero solito dire "di merd" (scusi la volgarità, ma è francese).
Mi accorsi che non era il miglior modo per iniziare una conversazione (meglio sarebbe stata all'inglese, dove all' "how do you do?" si risponde "how do you do?", ovvero a nessuno dei due ne importa una cippa di come sta l'altro).
Per ovviare a tale inoppurtuno approccio, mi risolsi (spero abbia notato e le sia garbato il passato remoto) a rispondere "è tutto nel blog, ci si va a prendere un caffé?"
E questi sono le motivazioni, come dire, egoistiche. Ma è vero che nel tempo mi sono accorto che queste nius possono avere anche una valenza altruistica. Me ne vengono in mente un paio:
- una volta un amico mi ha detto che sino ad allora aveva considerato il suo lavoro ed il rapporto coi colleghi uno schifo, ma che leggendo le mie (dis-)avventure gli veniva più facile accettare il proprio lavoro;
- so che qualcuno gira le nius ad altri amici. Ebbene, è possibile che tra loro ci sia qualcuno che si dibatte a vuoto come il Vostro (è scritto con la ‘V’ maiuscola, quindi sono io) ed, allora, forse sapere che forse che forse un po’ di ironia aiuta, beh, se servisse…
Insomma, e volgo al termine, da oggi proverò il brivido del blog, se non riuscite o non potete aprire il blog (pe. sul posto di lavoro), fatemelo sapere; se avete suggerimenti, fatemelo sapere; se avete perso delle puntate, le potete recuperare (come il maiale: non si butta via nulla); se avete buon cuore, fate girare l’indirizzo del blog.
ps: sarei tentato di dire “Chi mi ama mi segua”, ma non vorrei, girandomi, trovare il vuoto.
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RispondiEliminaCiao!