lunedì 29 giugno 2009

26. Angeli e demoni




Tema

Il bravo disoccupato deve fare particolare attenzione a 1. non lasciarsi scoraggiare 2. non rinunciare ai momenti di socializzazione.

Ci sono dei momenti in cui il bravo disoccupato è tentato di lasciarsi prendere ed arrendersi allo sconforto, ma è proprio in quei momenti in cui occorre essere vigili e guardarsi intorno, perché, prestando la dovuta attenzione, qualcosa succede sempre. Ed il bravo disoccupato deve saper cogliere le occasioni che si presentano (per tale ragione egli non è un semplice ‘disoccupato’, ma un ‘bravo disoccupato’).


Svolgimento


Quante volte ci si pone la domanda "A che santo votarsi?".

Ricordate la famosa barzelletta di Tizio che ogni settimana si prostra di fronte all'immagine di san Gennaro chiedendogli la grazia di vincere alla lotteria? La scena si ripete, immancabile, settimana dopo settimana, fino a quando san Gennaro dice al tapino: "Ma, almeno, compralo un biglietto della lotteria...".

Ecco, qualcosa del genere.

Io non sono cattolico. Sì, è vero, sono cresciuto in uno spicchio di mondo fortemente cattolico, ho persino frequentato per la bellezza di otto anni una scuola cattolica, ma non sono cattolico. Rispettando il luogo comune che vuole che dalle scuole religiose escano o dei baciapile o chi si distacca dalle morbide cosce di mamma chiesa, beh, io appartengo alla seconda specie. Non per nulla sugli stessi banchi della scuola che frequentai si affaticò e sudò Marco Donat Cattin (e, forse, per sconfiggere la noia ed il tedio dell’ennesima lezione di latino o italiano, maturò malsane idee: anche i cattivi insegnanti hanno le loro colpe!), mentre don Cafasso e don Bosco sono andati da un'altra parte. Vorrà pur dire qualcosa.

E, poi, credo che per essere cristiano-cattolici richieda quale presupposto irrinunciabile, la fede. Come ebbe a dire Indro (ndr. Montanelli) se esiste un Dio, quando morirò non sarò io dovermi giustificare perché non ho avuto fede, ma sarò io a domandargli "Perché non mi hai dato la fede?".

Ma veniamo al dunque e diamo una spiegazione, una giustificazione a questa premessa.

In quella giornata di aprile ricevo una telefonata dal mio già compagno di superiori, Antonello, che mi invita alla presentazione di un libro.
Lavoravo, a quei tempi, al bar di via XX settembre, la presentazione del libro era presso la libreria Dehoniana poco lontana; non posso che dire di sì, non fosse altro perché è bene tenersi cara la cultura: una patina di cultura C’ha sempre il suo fascino, nevvero?

La libreria Dehoniana è sita in via San Quintino. Io vi arrivo con adeguato anticipo e mi ingegno a perder tempo, indugiando ad occhieggiare le vetrine.
Arrivo dal lato di corso Matteotti, risalendo per via M.Gioia.

La prima vetrina della libreria che incrocio è abbastanza curiosa: una serie di manuali dedicati a cani e gatti, forse su ispirazione di un negozio di animali poco lontano.
In una seconda vetrina fanno bella mostra di sé una serie di videocassette (nemmeno dvd) per bambini, ottime per un nido d’infanzia, meno se avete in mente una serata di fuoco con il/la vostro partner: per quello mi permetto di suggerire degli shop che vendono solo questo genere di audiovisivi: un mercato che, anche in questo periodo di crisi, ‘tira’ sempre.
La terza vetrina alterna, sapientemente, ma con un filo logico che mi sfugge, libri dedicati alla montagna con una serie di titoli curiosi: ‘Piemonte magico’, ‘Le masche’, ‘Il piano delle streghe’ e ‘Presepe – i personaggi della tradizione’. E’ aprile inoltrato e quest’ultimo titolo potrebbe sembrare un saldo fuori stagione, ma vero è che esso anticipa il lit motiv cui si ispira la libreria, libreria Dehoniana, appunto.
Svolto, infatti, su via San Quintino, non fosse altro perché è lì che è incorniciata la porta d’ingresso, e resto un attimo, come dire,... interdetto.

Cito rigorosamente, nell’ordine, i primi titoli che mi saltano agli occhi: ‘Foibe’, ‘I giorni di Salò’, ‘La presa del potere di Benito Mussolini’, ‘Mussolini e Franco’, ‘Le prigioni di Hitler’, ‘Dagli Asburgo a Mussolini’ (non chiedetemi quale nesso vi sia perché non ho letto il libro), ‘Rommel’, ‘L’impero fascista’, ‘L’ultimo fronte d’Africa’, ‘La patria e la libertà’; in un angolo qualcosa è concesso ai romanzi rosa: ‘Un amore fascista’ e ‘Edda e il comunista’.
Ad onor del vero, si possono trovare anche ‘I gulag’, ‘Togliatti e Stalin – il PCI e la politica estera staliniana’ e ‘Il revisionista’ di Pansa: che nessuno dica che non viene rispettata la par condicio!

Siamo in Piemonte, indi ragion per cui si strizza l’occhio alla gloriosa tradizione sabauda. Per chi fosse interessato e cercasse un libro su Amedeo I (c’è!), Emanuele Filiberto – detto Testa di ferro – (c’è!), Vittorio Amedeo I, II e III (ci sono!), Umberto I e II (ci sono!); c’è persino un Umberto III, ma trattasi - evidentemente - di apocrifo.

Ma è facendo ingresso nei locali della libreria che vengo preso, assalito, pervaso, intimorito, intimidito, che trasalgo e - già che ci sono - sussulto. E’ come entrare nella cripta di una basilica romanica con tanto di canti gregoriani in sottofondo. Sento persino un brivido di freddo che mi scorre lungo la schiena e mi viene da tossicchiare per un formicolio alla gola per le ondate, le vampate di incenso che mi avvolgono.
E’ come entrare in un’altra dimensione, una dimensione trascendente, una dimensione che lega direttamente a qualcosa di superiore.

Sulle librerie che tenacemente si aggrappano alle pareti sino al soffitto e sui tre tavolacci (tutto è molto austero e spartano) campeggiano libri dedicati ai santi: a tutti i santi!
Avete mai scorso un calendario e leggendo i nomi di s. Omobono, s. Saba, s. Prisca liberata, s. Eulalia, s. Mansueto, s. Eleuterio, s. Eulalia, s. Mamiliano (badate, Mamiliano, non Massimiliano), s.i Sotero e Caio, s.Zita, s.i Nereo e Achilleo, vi siete mai manzonianamente chiesti “Chi era costui?”.
Magari il vostro nome non è gratificato da uno spazio sul calendario, ma loro ci sono. Il mio, per esempio, manca su quasi tutti i calendari, usurpato il più delle volte da un certo s. Gabriele; ma me ne sono fatto una ragione oltre ad offrire il pretesto ai pipù per non farmi gli auguri di buon onomastico.
Ebbene, volete sapere chi sono tutti questi santi? Alla libreria Dehoniana per ciascuno di loro potete trovare un’esauriente biografia ufficiale, con tanto di foto-ritratto autografa: 1 s. Paolo viene scambiato per 4 s. Firmino!

Potete, scartabellando appena appena, trovare le biografie di s. Pellegrino, s. Sicario, s. Vittore, e s. Bitter. Una biografia pensata per gli sportivi: s. Siro. Una dedicata a s. Vito: un manuale per imparare a ballare, credo. Se, poi, volete fare un presente gradito alla vostra compagna (vi sconsiglio vivamente e vivacemente di usare tale appellativo in codesta libreria, ma un cartello vicino alla cassa vi mette sull’avviso), mi permetto di suggerirvi s. Pietro Chanel sacerdote e martire, da abbinare ovviamente – ma non sono io a dovervelo suggerire – all’omonimo profumo che potete acquistare nella profumeria a fianco avvalendovi del coupon che vi viene consegnato al momento dell’acquisto del libro.

Poco dopo, tra la folla, (scarsa parecchio per non dire assai) riconosco il buon Antonello al fianco di un robusto – e, per questo solo, affidabile – prete con tanto di abito talare, proprio come i preti di una volta!
Antonello, da buon padrone di casa mi presenta ed io, preso dall’atmosfera mistica, stringo la mano enorme e m’inchino, indeciso se genuflettermi, e non mi viene di meglio da dire che “Kirieleison”.

Antonello ed il prete, col suo abito talare, si aggirano per la libreria: don M. vuole sincerarsi che vi siano tutti, ma proprio tutti i libri che lui ha scritto e che compongono la sua bibliografia dedicata agli angeli.

I quattro o cinque clienti presenti confabulano tra loro ed io mi sento escluso.

Un’anziana signora, ma dal piglio arzillo, lamenta dolore alle gambe e si accascia su una sedia.
Come i predatori minori (tipo jene, sciacalli e condor pasa), che approfittano degli animali di taglia minore o in difficoltà io mi faccio vicino alla signora e cerco di intavolare qualche argomento di discussione: confido che anni di scuola catto-cattolica mi vengano in aiuto. Saranno ben serviti a qualcosa?!
Ma il mio tentativo si rivela tanto generoso quanto vano: vengo trascinato in una discussione sulle sorti del Torino F.C., sul suo pessimo campionato, sulle prospettive che potrebbero aprirsi col cambio di allenatore.
Niente da fare.
Attirato dall’argomento, interviene Antonello, fiero ed indomito cuore granata. Si unisce anche don M., si uniscono il titolare della libreria ed il gentile commesso (penso timoroso di perdere il posto) e il confronto sulle sorti granata si conclude con l’intonazione di un rosario che dovrebbe essere di buon auspicio per la permanenza dei granata nella massima divisione.

Verso le 18.50 don. M detta i tempi: alle 19 inizierà la presentazione della sua ultima fatica.


Alle 18.55 arriva un ragazzo dall’aria tanto per bene, giacca e cravatta, un viso incorniciato da un pizzetto alla moschettiere, col capello lungo ma ben curato (come ci aspetta da un degno moschettiere della corona).





Don M. gli si avvicina e gli chiede se sia sempre così elegante.
Io, visto l’approccio, sono indeciso se domandarmi se sia giusto dar credito alle tante malevoli voci che girano sui seminari, se convenire che il clero sia attratto dalla borghesia, ma non trovo di meglio che considerare che forse don M. non mi ha considerato perché sono nella mia classica tenuta da cuoco/aiuto-cuoco/lavapiatti: scarpe da ginna e stica, jeans e polo.
Tutto sommato, mi viene da pensare, sono vestito come molte altre persone che incrocio ogni giorno e non ci trovo nulla di strano.
Mi dico (dico a me stesso, tanto non trovo con chi parlare) che l’abito non fa il monaco e, penso, che dovrebbe essere giusto così.

Alle 19 ci siamo tutti: Antonello, il moschettiere, la signora con gli acciacchi alle gambe, il titolare della libreria ed il gentile commesso. Ed io.
Non siamo in tanti, ma “Poca brigata, vita beata!”.

Don M. inizia la presentazione con una breve preghiera che mormora a voce bassa, bassissima. Cercando conforto, indicazioni, forse anche un suggerimento guardo gli altri presenti per capire quale preghiera si debba recitare. Gli altri, occhi bassi e mani giunte, mormorano parole che non riesco a cogliere; io cerco di conformarmi al contesto e biascico, ispirato dal principe de Curtis, “Cave canem, cave canem, pater noster, telefunken, alleluja, jingle bells…”.

Alla fine della breve preghiera don M. introduce il suo “San Pio da Petralcina e l’arcangelo san Michele”, con dei gustosi retroscena sulla vocazione che l’ha chiamato nell’improba impresa di ripercorrere le vite degli angeli: la sua ambizione è dedicare una biografia non ai santi, ma agli angeli, queste figure celesti tanto spesso ingiustamente trascurate.
La scelta di marketing – ve lo dice uno che per un decennio si è occupato di marketing (non lasciatevi trarre in inganno dall’iscrizione alle liste di disoccupazione) – ha del geniale: un nuovo mercato buono per tutti!

Don M., da uomo, pardon, prete uso alle conferenze (con pochi partecipanti, forse, ma pur sempre conferenze), alterna momenti ispirati agli inganni ed al pericolo delle lusinghe del demonio con sapidi aneddoti nei quali mette in ridicolo il proprio vescovo che non credeva nella sua missione salvifica.
Questi episodi sono gustosi e suscitano l’ilarità e la complicità dei presenti e si chiudono con risatine compiaciute a stento (stento?) trattenute del buon din don.
Forse solo a me viene da domandarmi se sia molto ecumenico prendersi beffe di qualcuno che (può aver avuto i suoi torti, ma) non è presente.

La presentazione è tanto affabile quanto breve, forse un pubblico maggiore avrebbe meritato e sarebbe stata gratificata da una prolusione più lunga, ma tant’è.
In chiusura, una nuova preghiera che culmina con una benedizione urbi et orbi con le enormi mani di din don M. (ve l’avevo detto che le mani erano enormi) che fendono ed offendono l’aria. L’effetto è quanto mai scenografico, perché il mulinare del benedicente fende ed offende l’aria: le copertine e le pagine dei libri vorticano ed alcuni libri che non riescono a restare aggrappati agli scaffali cadono rovinosamente e rumorosamente per terra.

Proprio mentre stiamo per intonare l'osanna, sento trillare allegramente il jingle della suoneria di un cellulare che gorgheggia l'inno, nostalgico, della 10.ma MAS. Non ci si può sbagliare: è arrivato il fratellone di Antonello!

All’uscita don M. mi omaggia di una copia del libro con tanto di dedica a padre Pio ed io ringrazio: mi rendo conto di aver bisogno di un santo in paradiso!

Io, adeguandomi allo spirito che pervade la serata, per non essere da meno e per cercare di recuperare qualche punto sul mio personalissimo cartellino (san Rino Tomasi docet), chiedo, uscendo, al gentile commesso se esista un libro dedicato a s. Romolo.
Il gentile commesso viene preso in contropiede, si concentra e, fiutando una domanda trabocchetto, sbotta in un risolutivo: “O bella, ma non esiste nessun s. Romolo!”.
Ecco, sono arrivato ad una conclusione, la serata non è andata persa: “Io non esisto!”, e mi risolvo ad un atto rivoluzionario per affermare la mia esistenza: su tutti i calendari che troverò d’ora in avanti s-cancellerò s. Gabriele (l’usurpatore in nome del quale viene negata la mia esistenza) sostituendolo col meno conosciuto - ma non meno nobile d'animo - s. Romolo.

PS: Per quanti fossero interessati esiste anche un paesino dedicato a s. Romolo (non è segnato su tutte le mappe, ma se avete la fortuna di trovare una cartina militare c’é: giusto alle spalle del più noto s. Remo. E’ un paesino piccolo piccolo: ma esiste! Almeno lui.


Forse ho ancora qualche speranza!

(in fondo, la speranza è l'ultima a morire: muore anche lei,... alla fine, ma muore)

NON E` una storia di pura invenzione.
Nel racconto SI FA riferimento a fatti e persone REALI


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