mercoledì 10 giugno 2009

21. Segni particolari: vegetariano in attesa di giudizio






Premessa


Cari lettori,





come alcuni di voi sanno, da qualche anno sono vegetariano.
Non un vegetariano duro e puro, diciamo che preferisco, potendo, non mangiare carne, circostanza che, in tempi di crisi (anche s qualcuno dice che non c’è) ha i suoi vantaggi: pensate al costo del pesce e della carne, tanto per dirne una paio.
Lo sono per motivi egoistici, etici e persino – scusate se è poco – filosofici.
Egoistici, non riesco a mangiare qualcosa che è stato vivo. Avete mai sentito sciogliervi dentro guardando un vitellino? Ecco, io non sopporto l’idea che quel vitello venga ucciso e, poi, mangiarmelo.
Lo stesso discorso vale per i pesci: un pesce muore soffocato, un po’ come mangiare qualcuno che è annegato.

Ma, dicevo, soccorrono anche motivi etico filosofici.
Credo di credere – scusatemi il giuoco di parole – nella reincarnazione, e, come ebbe a dire qualcuno mentre tagliava una bistecca di maiale “Mi sembra di mangiare un amico” (trattasi di citazione che, me ne rendo conto, solo pochi di voi coglieranno).
Insomma, credendo o anche solo avendo il sospetto che la reincarnazione possa avere un senso c’è pur sempre il rischio di mangiare qualche nostro amico, qualche antenato, qualcuno del passato che abbiamo ammirato, amato e, persino, volerlo conoscere. Ora, tra il voler conoscere da vicino e il mangiarselo c’è una bella differenza.
Ecco, nel dubbio io mi astengo.

Ma, come premesso, non sonno un vegetariano assolutista, un giansenista del sedano e della carota.
Un rapido esempio.

Un paio di mesi fa ero a cena da un amico, con tanto di moglie e figliolanza di 8 e 10 anni.
La moglie aveva cucinato delle polpette dall’aspetto delizioso e dal profumo incantevole, preparate sulla base della ricetta segreta della suocera (suocera della moglie, la cuoca, madre di lui, del mio amico).
Ora, avrei potuto aggirare l’ostacolo della ricetta segreta che era mi era stata offerta lamentando vaghi bruciori di stomaco, ma solo un cinico poteva dire, alla presenza di due creature (i figli), che quelle polpette erano state ‘ricavate’ da esseri viventi con odorabili occhioni. In fondo alla fine della cena me ne sarei andato, ma mi sarei giocato futuri inviti al desco e – i single mi capiranno – è dura assai rinunciare ad un convivio, senza – come se fosse circostanza da poco – dover lavare pentole e piatti.





Ma, soprattutto, neppure la mia perfida mente osava immaginare i pianti ed i lai dei piccoli all’idea di mangiare un tenero vitello, gli anni dagli psicologi (e si sa i danni che gli strizzacervelli possono causare) ed il rancore che i genitori avrebbero provato nei miei confronti.
Chi segue le mie vicissitudini degli ultimi anni sa che, potendo, mi evito ulteriori impicci.

Qualcuno potrebbe dire che, tanto, i bambini di oggi pensano che i polli abbiano 6zampe6 (abituati cme sono a vederli solo nelle vaschette al supermercato) e credono che il pesce surgelato sia un’alternativa ai ghiaccioli.
Ma questo è un altro discorso.

Insomma, per farla breve, se ospite o se mi viene offerto, talvolta mangio anche carne.

Senza contare che per i miei gatti compro pesce e carne: in fondo mica hanno scelto di essere vegetariani e non sono sicuro che, pur potendolo scegliere, lo farebbero: qualcosa mi dice il contrario.


Fine della premessa

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Svolgimento

Nelle pause pranzo, quando posso, mangio frutta. E’ un’usanza sana ed economica: avete idea dei prezzi dei panini al bar? Quello che una volta costava 2.000 lire, ora costa 2 euro, peccato che, convertendo le lire in euro si arrivi a – circa – 4.000 lire di vecchio conio.
Circostanza che, se siete disoccupati, assume un valore del tutto sinistro.
Per pelare la frutta ho arricchito il mio zainetto di un coltello: chi di noi non sa quanti antiparassitari si annidino nella innocente ed immacolata buccia di una comune mela? Per non dire delle mele e delle vellutate pesche.

Dunque, senza nemmeno pensarci, trullo trullo e, financo, spensierato, mi reco al Palagiustizia per un’azione di volantinaggio e di affissione di manifesti per un convegno organizzato da e con un mio amico.
Ma lo vedete il vostro simpatico eroe quante cose si prodiga a fare per sbarcare il lunario?

Penso alle cose mie, scendo dal trambus (il 9, per gli amanti della precisione, attraverso la strada rispettando diligentemente il semaforo, salgo le scale severe ed austere, passo,oltrepasso, varco l’ingresso (ma quante cose si possono fare in una volta sola) e – qui viene il bello, passo sotto il metal detector che si mette ad ululare.
Sfodero il mio sorriso splindente (concedetemi un omaggio a Carlo Dapporto), ammagliante, suadente e, qualcuno ha detto ‘seducente’? Massì, anche seducente ed aggiungerei compiacente ed indulgente e, rivolgendomi a alla guardia, sussurro: “La fibbia della cintura, non me la sono tolta, ma, saccommeeee…”.
La guardia dentro il gabbiotto mi chiama e, incurante del mio sorriso accattivante (avevo dimenticato ‘accattivante’, chiedo scusa, ma me lo ero riservato per questo paragrafo), mi sibila: “Lei ha un coltello!”.




Perbacco, non oso dargli torto, non fosse altro perché ha ragione.
Mi accomodo a lato e tiro fuori dal mio zainetto, manco fosse quello di Eta Beta, nell’ordine: un maglioncino leggero (non fa più così freddo, ma non si sa mai), block notes e un campionario di 64 matie giotto di tutte le sfumature (la guardia rabbrividisce di rabbia: non deve mai averle avute quando andava alle elementari, ma non è mica colpa mia), biro di ogni foggia e colore (anche quella mitica a 4colori4, da destra a sinistra: nero, blu, rosso e verde, verde per i prati), un pallone da spiaggia (sgonfiato), un materassino gonfiabile (mai dovessi andare al mare, non si sa mai: meglio non essere impreparati), 4volumi4 dell’enciclopedia Treccani (per le estenuanti attese alla fermata del bus o prima dei colloqui è sempre meglio essere pronti), un paio di scarpe di gran classe e una camicia perfettamente stirata (non si sa mai, dovessi essere chiamato per quell’offerta di lavoro cui ho risposto per direttore del Tg2: se l’hanno già designato, vi prego, non ditemelo), delle, mele, delle arance (solo un paio), dei melograni (che, per fortuna, non si erano ammaccati nella borsa), dei cachi quasi maturi, un caricabatteria per il cellulare (sono un tipo previdente) e, dulcis in fundo, il coltello.

Lo sguardo della guardia è di severo rimprovero, ma lo imputo alla gelosia per le matite targate Giotto.
Mi fa uscire dalle transenne e mi porta ad un’altra guardiola. E’ curioso come tutte le guardie, tutti i poliziotti, tutti i carabinieri abbiano una loro guardiola: sarà un caso o vorrà dire qualcosa? E, poi, sono loro chiusi dentro o siamo noi chiusi fuori?

Il poliziotto al quale mi consegna, pardon, mi affida mi guarda come per dire, alla Mourinho (oggi va tanto di moda): “Ma sei proprio un pirla!”.
Ora, non vi saprei dire se è un tacito rimprovero giustificato dal fatto che ora gli tocca lasciare il sudoku o se nasconda una malcelata ragione.
Mi viene, infatti, in mente che un annetto fa avevo suscitato un mezzo vespaio quando venni fermato per un nettapipe. Non avevano la minima idea di cosa fosse,m a, pur di non ammetterlo, mi fecero passare con un rimprovero verbale. Effettivamente c’è chi ancora sostiene che uno degli aerei dirottati l’11/9 fu sequestrati da terroristi armati sino ai denti di nettapipe.

Insomma, la guardia/poliziotto compila uno, due, tre fogli; per compilare un paio di spazi chiede dalla cabina per telefono l’aiuto di un paio di colleghi in un altro gabbiotto (il famoso ‘aiuto in cabina’), si allontana per fotocopiare la mia carta d’identità e fare un controllo nel mio immacolato casellario giudiziario (una delle poche cose vergini rimaste in circolazione) e, quasi dispiaciuto, torna.
Mi fa firmare ed io firmo.
Sembra quasi dispiaciuto (forse che non avessi dei precedenti, eventualità della quale si sarebbe potuto vantare coi colleghi alla macchinetta del caffè, ma neppure quella soddisfazione gli concedo, very deep bastard inside che sono), tanto che cerco di confortarlo, dicendogli: “Ma no, fate bene, lei fa solo il suo dovere: pensi se tutti entrassero armati!”.
Ecco, forse non erano le parole più indicate per la circostanza, eppure lui sembra confortato ed io mi sento soddisfatto: un po’ pirla, ma soddisfatto.

Mi punge, tuttavia, un dubbio (avete mai notato che i dubbi sono pungenti? Le certezze, al più, possono essere ‘certe’ – da cui ‘certezza’ -, i dubbi sono ‘pungenti’) per cui oso e chiedo: “Non è che rischio di ‘sverginare’ il mio immacolato casellario giudiziario e ciò possa essere di nocumento per eventuali posti di lavoro? Sa – dico quasi per giustificarmi ed appellandomi ad una tardiva captatio benevolentiae – sono disoccupato da quasi due anni (me ne vanto con malcelato orgoglio, quasi fosse un titolo di vanto) e non vorrei che ciò mi creasse un qualche impiccio”.
Va beh, va beh, non ho usato esattamente codesti termini, ma il senso era questo.
Il benevolo agente si allontana, per tornare poco dopo e, nel tentativo di rassicurarmi, mi dice “guardi, al 90% andrà in prescrizione, al più una multa da 200 a 500 euro!”.
“Una multa da 200 a 500 euro?” , “Una multa da 200 a 500 euro?”.

Ragazzi, amici, lettori, una condanna a 6 mesi un anno l’avrei potuta accettare un’ammenda a “soli” 200-500 euro sarebbe in grado di buttarmi veramente sul lastrico.
Non mi resterà, nel caso si avverasse il 10% (del 90% di cui sopra), che appellarmi alla clemenza della corte e chiedere l’arresto, invocando la bancarotta fraudolenta. Forse.

In fondo la reclusione mi garantirebbe vitto ed alloggio aggratis, la possibilità di fare nuove conoscenze, di imparare un mestiere (dalla meccanica al furto d’auto, dalla falegnameria all’estorsione, dalla cucina al furto con destrezza: e parliamo di corsi gratis!, scusate se poco).
E' vero, è vero, mi dicono che non bisogna essere gentili nelle docce e raccogliere eventuali saponette che qualcuno potrebbe lasciar cadere a bella posta, ma una volta che uno sta accorto.

Concludendo, sono indeciso se scrivere nel civvì europeo alla voce, note particolari (finora lasciata vuota): vegetariano in attesa di giudizio.
PS: FORZA; NANDO MERICONI!

NON E` una storia di pura invenzione.
Nel racconto SI FA riferimento a fatti e persone REALI.

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