L'altro giorno un caro amico, Gianluca, mi invita a cena: “Dai, Maria (la regina del focolare nonché, stando a quanto registrato presso i pubblici uffici del Comune, sua moglie) è a cena da quella stracciac *?&%$i di sua madre, così ci possiamo vedere da me!”
Lo sapete come sono fatto: ad un invito a cena non so dire di no: non è solo questione di buona educazione, è anche che il Gianluca cucina bene e, dopo, neppure devo lavare i piatti. Senza contare che a lui fa piacere e, così, faccio anche una buona azione: sono un tipo generoso, io!
Accettando un invito a cena da parte del Gianluca vuol dire, la cosa è scontata, affrontare un tema che a lui sembra così caro e non capacitandosi del fatto che la cosa non sembri impensierirmi. Il mio girare intorno all'argomento sembra, anzi, pungolarlo. Andare a casa sua vuol dire accettare di affrontare di petto il tema: non potrò più eluderlo, ma tant'è... per un piatto di lenticchie c'è chi ha venduto il fratello...
Dovete sapere che qualche tempo il Gianluca, probabilmente con l’idea di farmi vedere (dovete sapere che sono molto miope) il lato positivo della mia situazione – ammesso che ce ne possa essere qualcuno – ha un'idea fissa: “Avendo molto tempo libero ed essendo ancora, almeno all'apparenza, abbastanza presentabile, perchè non tyi trovi una femmina: devi trovarti una femmina! ... prima che sia troppo tardi, fuori tempo massimo”.
Dire che sono lusingato dalle sue attenzioni, anche se mi paiono premure fuori luogo, se non altro perché in questo momento sono pressato da altre urgenze che, appunto per essere 'urgenze', a me paiono più urgenti. Banalità, pinzillacchere del tipo 'trovare un lavoro'.
Mi rendo ben conto che a molti di Voi la mia scala di priorità potrebbe sembrare un'amenità di chi ha del tempo da perdere, ma, forse perché non ho altro da fare, a me pare essere un problema più complesso del cubo di Rubik. E vogliate considerare che, per quanto abbia visto in televisione bambini di 12 anni risolvere in meno di 1minuto1 l'incredibile rompicapo del cubo, io non ci sono mai, ma proprio mai, riuscito.
Non faccio, comunque, a tempo a mettere in piede in casa del Gianluca, che mi aggredisce dicendomi che “Proprio non puoi andare avanti così!”.
Non è esattamente l'accoglienza che mi sarei aspettato: mi sarei accontentato di un banale "Ueilà, come butta?", o di un più falso ma sempre gradito "Ti vedo in grande spolvero", ma il Gianluca è sempre stato riconosciuto da amici, parenti, colleghi di lavoro, vicini di sdraio, inquilini del palazzo, anziani della bocciofila... per la sua irruenza e, certo, oggi non c'è motivo per non tener fede alla sua immagine.
A volte basta un niente, un nonnulla, una banale disattenzione per rovinare in un attimo l'immagine che ci si è costruiti con tanta fatica ed immani sacrifici.
A me, ad ogni buon conto, interessa arrivare al desco, mettere mano alla forchetta e ripulire il piatto sublimando il pasto consumato con l'immancabile ed irrinunciabile scarpetta, azione che per quanto ritenuta assolutamente riprovevole dal galateo, anche il Della Casa non mancava di eseguire con provata perizia alla fine di ogni pasto.
Abbozzo, quindi e per educazione, un "Sto bene ed anche tu mi sembra non passartela malaccio" (cordialità, la mia, che, peraltro, passa del tutto inosservata) che il Gianluca torna ad affrontare la pena che sembra affliggerlo tanto, come non gli bastassero le 250 rate di mutuo da pagare e, col bagliore negli occhi che doveva avere il Galilei nel sentenziare "Eppur si muove", avendo cura che non ci siano orecchie indiscrete in ascolto, mi sottopone quello che - proprio per la sua elementarietà - è il suo piano geniale.
Mi suggerisce che, in considerazione del molto, troppo tempo libero che ho, potrei più che facilmente trovarmi una compagna ("Ah, avessi io tutto il tempo libero che hai tu, fortunato che sei, ..."): "Visto che per quanto ti arrabatti come un criceto sulla ruota, in due anni ancora non hai trovato un lavoro e che il livello di merda nella piscina in cui sei immerso sta salendo ad altezza orecchie, devi trovare una femmina, possibilmente carina con un minimo di reddito: oltre a deliziarti, sollazzarti tra le lenzuola, tu trovassi una coinquilina in casa entrerebbero dei soldi e così potresti cercare lavoro con più tranquillità e senza affanno! E' o non è un'idea brillante?".
"Certo, ceeeeerto, Gian, ed oltre che carina e con i soldi, magari la cerco anche simpatica ed intelligente?" mi permetto di aggiungere.
Sul punto il Gianluca è estremamente realistico: "Romolè, non fare lo spiritoso: io ti parlo di scienza, tu di fantascienza; da che mondo è mondo il maschio si deve accontentare! Ricordati che il buon Dio ha creato la femmina con una costola di Adamo, senza neppure chiedergli il permesso: cosa volevi uscisse fuori dalle frattaglie? Costole e braciole sono o non sono la stessa cosa? Sii realista...".
Tiro un lungo sospiro e capisco che mi dovrò guadagnare il pasto e cerco di farlo ragionare: questa volta sono io che devo riportarlo coi piedi per terra.
Sarei tentato di dirgli che, se a farlo ragionare così è l'ebrezza del tetto coniugale, dovrebbe smetterla col Tavernello; ma mi sento buono e, dopo tutto, è bene non sputare nel piatto in cui si mangia. Ed io, oltre tutto, ancora non ho mangiato ... c'aggia fa ppe' magnià?
Sarei, seconda possibilità, tentato di rispondergli garbatamente con un "Ma perché non ti fai una bella frittatina di 'azz tuoi, perché avendo tu sposato quell'essere 'adorabile silfide' (lo sussurro con un filo di voluta ironia, facendo ben attenzione che il Gian non confonda 'silfide' con 'sifilide', non che la cosa per lui faccia differenza: non è un maniaco dell'etimologia. Questa volta siete Voi a non dover confondere 'etimologia' con 'etnologia') non sei esattamente un bell'esempio", ma io, lo sapete, sono persona pacata, mite, al limite del mansueto, quindi, trattenendo a stento le lagrime che un eccesso di... disapprovazione per tanta apprensione nei miei riguardi vorrebbe far tracimare dalle mie ciglia (è terribile quando il rimmel cola!) propendo per una pausa di riflessione per decidere come affrontare la serata che mi aspetta.
Decido, allora, di non affrontare il nemico direttamente o, come si suol dir 'per le corna' sia perché il Gian è di taglia XXXL sia perchè sulla fedeltà della Maria non potrei mettere la mano destra - e neppure la sinistra - sul fuoco (potrei essere costretto a dire 'addio' al pranzetto ed il profumino che arriva dalla cucina è pura ambrosia, credetemi sulla parola e sul naso!), ma, cerco di ricondurre alla ragione il tanto generoso e volenteroso quanto ottuso e sfibrante pachiderma (per i mio già di suo sensibile e provato sistema nervoso).
Convinco il Gianluca ad affondare i nostri fondoschiena nelle comode ed invitanti poltrone soffici-soffici come due babà perché, gli spiego, "seduti si ragiona meglio". Ne dovete convenire.
Detto per inciso, le poltrone sono sì comode, ma, per non rovinarle, la Maria ha lasciato il cellophane che avevano al momento dell'acquisto: 20 anni fa, regalo di nozze!
Ringrazio solo che il gran caldo di agosto sia passato: c'è qualcosa di più fastidioso della schiena appiccicaticcia sullo schienale di una poltrona in finta pelle modello anni '70'?
Cercando di introdurre il ragionamento anticipando quelle che saranno le conclusioni del mio ragionamento, col rischio di rovinare l'effetto-sorpresa, dopo una voluta pausa che vorrebbe creare un'adeguata suspence: "Vedi, Gian, (opto, propendo per un più confidenziale 'Gian' per mettere l'ottuso a suo agio), a parte che – per principio – sono contrario a confondere Ammmore e denaro, è anche vero - che UUUUNO mancano i presupposti per iniziare una ‘storia’ e DUUUE, ancora e soprattutto, nella mia situazione attuale (sempre che di attualità si possa parlare dopo due anni) una love story sarebbe semplicemente deleteria: non me la potrei permettere per non rovinare il mio equilibrio che è sì stabile, ma precario come un ragazzino al call center".
Il buon Gian ha ora la fissità dello sguardo tipica del bovino.
Anche lui, come il povero manzo che viene condotto al macello, non ha ben chiaro dove lo stiano portando, ma ha sagacemente intuito che c'è di mezzo una fregatura.
Mi mette un po' a disagio il suo spaesamento (tutto sommato sono io l'ospite) e, quindi, cerco di metterlo a suo agio anche per non sentirmi io a disagio col mio senso di colpa: "Cercherò di spiegarmi se solo avrai la compiacenza di seguire il mio ragionamento".
"Allora Già (avete notato come cerco di metterlo ancora più a suo agio ricorrendo all'ancora più subdolo 'Già', più intimo e familiare di 'Gian'?), essendo persona ordinata, inizierò dai presupposti".
Intuisco facilmente (non si deve essere un'aquila per intuirlo ed io aquila non sono, fino a prova contraria) il suo smarrimento e capisco, quasi compiacendomene, il senso di autoerotismo che deve provare un imbonitore di una televisione privata del bergamasco quando immagina, una volta sceso in campo oltre il video, di condurre in un glorioso 'suo' futuro, a mo' di pifferaio magico, un 40% circa di suoi compatrioti.
"Mi dai ragione - dico intimamente e familiarmente al Già - se io dico che l'Ammmore inizia generalmente, ma non necessariamente col corteggiamento?".
Il Già si è un piccolopoco imbambolato e mi preoccupa perché non risponde e temo che l'encefalo sia andato in stallo.
Cerco, allora, di vedere se è ancora lì con me: "Già, Già, Già, ci sei? ci sei? dammi un segno di vita!, non di vitalità, mi basta un qualunque cenno di vita!".
Il Già si stropiccia gli occhi incantati come possono essere incantati quelli del serpente di fronte al flauto di un incanta-appunto-serpenti e, quasi con disappunto, quasi come se fosse la mia di mente - e non la sua - a vagare per l'aere, sbotta con un energico, vigoroso, fragoroso, impetuoso, roboante: "Certo che ci sono! E dove vuoi che sia andato? ... L'acqua bolle?".
"Allora - proseguo rinfrancato della pur dubbia lucidità dell'amico -, vedi, io non nego che, se di vero Ammmore si tratta, il denaro non è la conditio sine qua non, non deve esserlo, guai se lo fosse; ma è altrettanto vero, mi smentisca chi ne ha il coraggio, che nella fase di approccio, di corteggiamento, ma sì, esageriamo, di seduzione, qualche spicciolo va investito".
"Insomma, Già, tu lo sai, tu mi conosci, sono pienamente favorevole alla parità dei diritti e, certo, non mi offenderei se 'lei' volesse pagare 'almeno' la sua parte, Se, poi, vuole osare ed offrire tutto lei, beh, sono un cavaliere e non me la sentirei proprio di offenderla con un brusco e secco “no, lascia ... 'offro io’: ma proprio tu mi hai detto di parlare di scienza e non di fantascienza, indi ragion per cui mi accontenterei di trovarne una che proponga di pagare alla romana”.
"Ma questa condiscenda da parte mia deve, per forza di cose, essere limitata e non ostentata: ferire il suo orgoglio con la vile pecunia? Non sia mai: mica voglio darmi le arie di essere un qualunque premier di una repubblica delle Banane, io!".
"Insomma, ... Già ... Già ... Già ... ci sei sempre? Occhei, per favore, ogni tanto sbatti quegli adorabili occhioni da cerbiatto che mammà ti ha dato così capisco che sei vivo, sei qui con me e, forse, mi stai seguendo".
Ancora una volta il Già si mostra contraddetto e contrariato (non riesce mai a fare una cosa sola per volta) e, per rassicurarmi, domanda: "Che succede, l'acqua bolle? Dobbiamo buttare la pasta?".
"Non ti preoccupare della pasta: ci penso io alla pasta" lo rassicuro, togliendolo da altri pensieri che potrebbero (come se ce ne fosse bisogno) distrarlo: un pensiero alla volta è più che sufficiente e, forse, di troppo per il Già.
"Dove eravamo? - questa volta sono io a dover riprendere il filo del discorso - Ah, sì... il corteggiamento ...".
"Allora, tu conosci quanto disperante e disperata sia la mia situazione economica: ogni volta che la direttrice della filiale mi vede andare a prelevare, beffarda mi domanda: ma è sicuro di avere ancora qualcosa? Ed io ricambio la cortesia, facendo finta di soffiarmi il naso e spernacchiandola"
"E' vero, la prima volta me la potrei cavare con un caffè ed una battuta simpatica (con quelle vado forte); la seconda volta, tanto per essere originale, potrei … offrirle un caffè e rincarare la dose con una nuova battuta di spirito: non sono ben messo quanto a soldi, ma sono persona ilare e faceta".
"Certo, ci sarebbero lunghe, lunghissime passeggiate, tante risate alternate a studiati e misurati, interminabili silenzi; senza bere, la bocca si asciuga e diventa alquanto difficile parlare e tener viva la conversazione. Ma andiamo verso l’autunno e, se non capita niente di nuovo quest’anno, all’autunno seguirà l’inverno: stagioni fredde, bagnate, ventose, nebbiose, nevose ed umide per definizione. Giusto, Già?".
Il Già si riprende dallo stato catatonico e domanda: "Freddo? Hai freddo? C'è qualche finestra aperta? Vuoi che chiuda? Preferisci una copertina?".
Temo che il Già si distragga e lo rassicuro: "Non fa freddo, adesso, ma farà freddo... poi!".
"Insomma, a lungo andare, a forza di caffè, è pur possibile che la lei inizierebbe a declinare i miei inviti ovvero, a forza di caffè, la situazione inizierebbe pure farle perdere il sonno e, si sa, una femmina della specie che non dorme – per di più zuppa di caffè come un savojardo pucciato nel caffè - ha un pretesto in più per essere irritata".
Il grosso, non richiesto, si inserisce nel ragionamento, forse per far capire che anche lui ha qualcosa da dire: " ...sempre così suscettibili le femmine!".
"Allora, in conclusione, avendo l'ancora vaga speranza che tu mia abbia sin qui seguito nel ragionamento, spero tu convenga con me: lo dico sempre e non inizierò, certo, adesso a smentirmi che per essere felici, per il vero Ammmore, i soldi non sono tutto, ma è pur vero che sono qualcosa. Se non altro un buon inizio ... se non un 'buon inizio' almeno un 'inizio' ".
E cercando la sua approvazione domando: "Giusto, ... Già?".
E lui, di rimando, immediato e puntuale come un 'vaff' ' quando ci si rende conto di aver pestato una 'merd': "Già, ... giusto!". (ndr. : avrei potuto scrivere 'puntuale come un orologio svizzero', ma sarebbe stato banale e scontato e, si sa, a volte degli svizzeri non ci si può fidare!).
Già, ..., già, ... il Già mi sembra abbastanza perplesso e confuso: gli propongo di schiodarci dalle pur comode poltrone, di berci un bel caffè e di respirare una boccata di idrocarburi sul balconcino.
Ma, prima, butto la pasta: il Già è in evidente stato di confusione mentale, più del solito, ... comunque.
Conclusione
Il pur bravo disoccupato, costretto a lesinare al centesimo i propri risparmi per sopravvivere, può, mi si passi il termine, 'investire' in un corteggiamento, investimento che neppure offre gli garanzie di risultato? La domanda è pleonastica, adorabili lettori, ancor più adorabili lettrici.
(ndr.: "Il pleonasmo (dal greco πλεονασμóς: pleonasmós) è la figura retorica per cui si ha un'aggiunta di parole o elementi grammaticali esplicativi a un'espressione già compiuta dal punto di vista sintattico. A tale accorgimento, il cui effetto è un'evidente ridondanza, si ricorre per ragioni stilistiche, al fine di dare alla frase una maggiore chiarezza o efficacia. 'Domanda pleonastica': domanda che sottintende la risposta, domanda che contiene nella domanda la risposta).
(segue ...)
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