Appena stranito guarda le pareti della stanza dove fanno bella mostra di sé fotocopie a colori sbiaditi di Rapallo e Forte de' marmi appese alle pareti, con l'aria di chi ha finalmente capito!
L'entusiasta tira fuori da un'anta dell'armadietto in truciolato, a mo' di reliquia, una grappa Julia conservata per le grandi occasioni e, visto che io declino l'offerta a tenergli compagnia, l'esaltato si concede anche la mia parte: "Pure astemio, non bastava che eri vegetariano? Il tuo problema non è la disoccupazione: è che non ti sai godere la vita!" sentenzia il paonazzo.
Non saprei, forse ha ragione, ma, in ogni caso e ad ogni buon conto, qualcosa mi dice che è meglio non contraddire l'oramai sazio in fase digestiva: credo che la mia non sia buona educazione, quanto 'innato istinto di sopravvivenza'. Avete mai provato a togliere la ciotola ad un mastino napoletano mentre sta finendo di mangiare? Io no, ... e non ci tengo!
Dal momento che, poi, io non lo seguo sulla tanto pericolosa quanto irta china alcolica che la serata sta prendendo, il Già dà fondo alla bottiglia e si giustifica con me - ma anche con se stesso - puntualizzando che è stato costretto a bere anche la mia parte.
Considerando lo stato etilico che pervade la stanza, evito per precauzione di accendere una sigaretta; ed è allora il mio glorioso dirimpettaio di tavolo (apparecchiato con una tovaglia medagliata da vistose chiazze di sugo che egli riconosce come sue gloriose medaglie al valore) che, dopo una sbuffata degna di Mangiafuoco, finito di lamentarsi che la bottiglia è già finita ("maledetti imbroglioni: è tutto fondo di vetro!"), vuole concludere e darmi prova di aver ben capito tutto.
"Ordunque - esordisce imperioso e maestoso allargando le braccia per sottolineare con enfasi la riflessione - abbiamo convenuto che la fase del corteggiamento richiede un minimo, minimo ma ragionevole, investimento in denaro ... senza, peraltro, la certezza, che la lei sia disponibile" (= “ci stia”, ma sì, avete capito: il magnifico vorrebbe dire “la dia”).
Fin qui, mi sembra, il ragionamento dell'etilico sembra reggere, ma il mio sesto senso inizia a dare segni di allarme
Me ne rendo conto, stiamo entrando in un terreno spinato, non rischioso, ma rischiosissimo, perigliioso assai che, di certo, attirerà le ire delle lettrici; non me ne vogliano: amo il rischio e, poi, non dimenticatelo, il nostro vuol essere ed è unh ragionamento rigorosamente scientifico e la scienza è scienza!
E, poi, il Già è fatto così, non ci sono mezze misure: o lo ami o lo odi!
"Insomma - eccolo lì che trae le sue 'logiche' conclusioni -, siamo sinceri, le escort (id est 'prostitute' ovvero, ma in modo più trivbiale, 'puttane': l'avrei scritto, ma temevo di offendere il pudore di qualche lettore /-ice), in questo senso, sono la soluzione più certa, scontata ma sicura: a fronte dello stesso investimento di cui sopra, fors'anche, perché no, inferiore, si è certi del risultato".
Non me ne vogliate, care lettrici, siate indulgenti: anch’io sono contrario alla prostituzione intesa come sfruttamento e, come se non bastasse, ho paura dell’herpes (sia simplex che complex), figuratevi delle altre malattie … ma l'impetuoso è ormai incontenibile: è sicuro, certo di aver afferrato il senso del ragionamento, lo ha fatto proprio, digerito, metabolizzato (complice, immagino, i cicchetti di grappa) ed ora ne trae le estreme concludenti conseguenze.
E, mentre il Già si abbandona a considerazioni invereconde sul rapporto costi/benefici che tale conclusione per lui assolutamente logica offre, mi sovviene che, anni fa, abitavo in via P. Cossa, .... e, mentre lascio andare l'oramai incontenibile che insegue le sue elucubrazioni che corrono come cavalli imbizzarriti, io vado indietro coi ricordi.
Ricordo, appunto, che quando abitavo in via P. Cossa conobbi Alina, una ragazza moldava veramente carina (avete colto la rima 'baciata?), dovete credermi sulla parola.
Parlava un italiano perfetto, praticamente senza alcuna cadenza: vorrei vedere il buon Calderoli imparare in un paio d'anni a parlare in moldavo o, se egli preferisce - lascio a lui la scelta delle armi -, cinese; extracomunitari 1 – Lega 0! palla al centro ...
Alina esercitava proprio sotto casa mia il più antico e, forse, glorioso, mestiere del mondo: nel corso dei secoli sono state definite accompanatrici, concubine, persino attrici e, poi, massaggiatrici, oppure 'solo un'amica'. Oggi siamo più indulgenti ed esterofili, le chiamiamo 'escort' (o meglio, più precisamente 'escort' se vanno a Villa Grazioli o villa Certosa, 'puttane' se la stessa va ad Anno zero), ma siamo sinceri, si parla sempre di prostitute.
Anche solo per dovere di buon vicinato, finimmo con lo scambiare due parole quando, mentre io rientravo a casa, lei iniziava a lavorare: considerate che la mia dirimpettaia era una vecchia isterica, acida come l'aceto, con l'alito pesante e veramente brutta. Insomma, dovendo scegliere, ...
Col passare del tempo Alina divenne molto materna nei miei confronti.
A quel tempo, per lavoro, ero spesso in trasferta e, quando rientravo dopo alcuni giorni di assenza, Alina non mancava di chiedermi come stessi e come andava il lavoro.
La sua presenza costante e vigile sotto casa mia aveva pure i suoi indubbi vantaggi.
Quando a volte rientravo tardi ed ero troppo stanco per parcheggiare l'auto in garage, beh, potevo tranquillamente lasciarla parcheggiata sotto casa, sicuro che Alina avrebbe fatto buona guardia.
L'unica accortezza che dovevo avere era non parcheggiare proprio di fronte alla sua 'piazzola di servizio' per consentire ai possibili clienti di accostare al marciapiede "E' un servizio sociale - mi spiegò - mi chiedono indicazioni stradali": un'anima generosa ed altruistica, mica come la mia dirimpettaia.
Ma, poi (e quivi mi rivolgo ai leghisti, ma non solo) la presenza di Alina e colleghe - aveva veramente molte amiche, generose come lei, che davano indicazioni ai poveri viandanti persi nella notte della tentacolare metropoli aveva anche un effetto deterrente sulla delinquenza che anima le nostre città nottetempo, rendendo del tutto inutili le tanto famigerate ronde: è, infatti, noto che, per evitare l'arrivo delle forze dell'ordine (che, peraltro e detto per inciso, in tal modo possono dormire sonni tranquilli ed essere pronte ed operative il giorno dopo sul luogo di lavoro), laddove vi siano prostitute, non vi sono furti, rapine e scippi, schiamazzi notturni: il controllo del territorio è assicurato ed il probo e solerte cittadino 'italiano' può dormire sonni d'oro. Ordine garantito ed assicurato, si badi bene, senza dover ricorrere a tristi ronde padane.
Ma vi parlavo dell'atteggiamento materno, diciamo – preferisco – da sorella maggiore di Alina.
Ricordo che le dissi che, nel caso avessi mai avuto l'occasione di condurre a casa una femmina (per motivi di lavoro, che vi credete?), sarebbe stato 'preferibile' rinviare i convenevoli.
Una sera, effettivamente, rientrai accompagnato da tale Antonella, tanto carina quanto vuota (curioso come le due cose nel genere femminile, spesso, vadano insieme) ed Alina si limitò a fulminarmi con un tetro sguardo, uno sguardo che – come si suol dire – non ha bisogno di parole.
La volta successiva non mancò di interrogarmi.
Ricordo che io avevo il passo incerto e gli occhi bassi e lei, giusta ma severa, mi domandò: “Chi era quella? È una ragazza seria? Mia raccomando, non fare sciocchezze: non concederti subito, fatti desiderare almeno all'inizio; alcune femmine potrebbero essere interessate solo al tuo corpo e, una volta avuto quello, gettarti via!".
Una delle ultime sere che ancora alloggiavo in via P. Cossa, incontrai Alina e colsi l'occasione per congedarmi. L'avevo fatto con vicini assolutamente odiosi, persino con la dirimpettaia, mi sembrava corretto – da buon vicino – salutare anche lei.
Alina parve un attimo dispiaciuta, mi sorrise e mi disse: “Ma noi non (ndr.: 'lo') abbiamo mai fatto!”.
“Beh, - le risposi preso in contropiede e, quindi, con evidente e palese imbarazzo – vedi Alina: oramai siamo praticamente amici e non potrei pagare per... 'fare' con un'amica!”.
Alina ristette un attimo, e, con un sorriso, mi disse: “Hai ragione … ci devo pensare!”.
Non chiedetemi come andò a finire, perché traslocai. E, poi, ve l'ho detto: ho talmente paura anche solo dell'herpes che preferisco restare col dubbio e rinunciare.
Insomma, mentre ancora mi sto domandando che fine abbia fatto Alina e col Già finito non so come in piedi su una sedia, avvolto in una coperta a pois, col braccio destro levato in alto e la bottiglia di Julia in mano a mo' di spada che canta 'Osteria numero 110' (perso dietro i miei ricordi mi sono perso le altre 109), ecco che rientra la Maria dalla sua serata in parrocchia con le altre comari del rione a rendere omaggio a quel nuovo prete "che c'ha un'aria tanto per bene".
La Maria, da buona cattolica, è estremamente compassionevole verso chi muore di fame dall'altra parte del mondo, meno con chi conosce personalmente. Senza contare che, mentre prima di sposare il grosso era nei miei confronti prodiga di sorrisi, dopo il matrimonio ha con me un atteggiamento meno, come dire, ... amichevole? ... cordiale?
La situazione volge al peggio e faccio appena in tempo ad uscire seguito dal prode in vergognosa ritirata mentre la Maria prende a strillare.
Approfittando dell'auto del Già mi faccio dare un passaggio dall'impavido, incuranti - sia io che lui - del pericolo della guida, la sua.
Tornato pienamente padrone della situazione ora che la Maria è lontana, lo splendido e carismatico mi propone, in memoria dei vecchi tempi, una 'romantica' corsa nel cuore della notte in attesa che apra qualche bar per fare la prima colazione a base di cappuccino e croissant non solo glassati, ma farciti di crema. Sento prendermi un leggero senso di nausea quando il Già mi domnanda cosa facciano tutte quelle ragazze, al freddo, lungo la strada.
Il Già è sicuramente un ingorgo, ma, in fondo, è anche un ingenuotto ed io cerco di spiegargli che quelle giovani signorine ... aspettano il pulman.
Almeno così spiego al Già anche se lui, evidentemente meno sverso di quanto potessi immaginare, mi fa notare che non ci sono fermate del pulman.
Il mattino dopo, verso le 6, vengo svegliato dall'insistente trillare del cellulare: è la Maria!
Riconosco immediatamente il suo pestifero gracchiare nelle orecchie: "Uè, balordo, mangiapane a tradimento, sfaticato, braccia rubate all'agricoltura, di te m'importa una cippa, ma dov'è che l'è finito quel disgraziato del Gianluca che ancora non l'è tornato? Farabutto lui, farabutto tu: va a finire così ogni volta che vieni a casa da noi ....".
Stordito dall'inaspettato risveglio, ricambio il suo 'Buongiorno' con un generoso sbadiglio ed immagino solo che lo smargiasso, il gaglioffo, sulla via del ritorno, premuroso come solo lui sa essere, si sia fatto carico di riaccompagnare a casa le povere pecorelle smarrite e, prima di riaddormentarmi, mi viene da pensare "No, testina di vitello: non hai capito niente del 'budget complessivo' ... ti meriti proprio la Maria!".
Di fronte alla mia reticenza, l'ingordo con la bazza unta e bisunta e la bocca oltrtùemodo colma (ricordo che non è buona creanza parlare con la bocca piena, per quanti non se lo ricordassero) mi rimbrotta ilare e faceto con un "Ah, già, ... c'avevo dimenticato che oltre a non gradire la carne di femmina ancora calda sotto le lenzuola, sei pure vegetariano, badola: non sai cosa ti perdi! ... Scusa, visto che non mangi, prima che si raffreddi, mi passeresti il tuo piatto?". E, lestamente, aggredisce le cibarie brandendo forchetta e coltello al grido di: "Crepa panza piuttosto che avanza!".
Io confido di sublimare questo delizioso banchetto col fac-simile (il fac-simile costa meno) di Viennetta che avevo portato (il buon ospite piemontese ha cura di non presentarsi MAI a mani vuote), ma essa è oramai completamente squagliata perché, com'era prevedibile, l'ingordo non l'aveva riposta in frigo.
"Poco, male - commenta il quasi cianotico - non c'avevo più posto e, poi, non vorrei ingrassare... però ... guarda cosa c'ho ...".
Iniziamo, così, a cenare: antipasto salame e prosciuttame vario; prima portata, pastone grondante ragù, seconda portata, brasato con contorno di tacchino ripieno di interiora d'agnello. Il tutto annaffiato con vino delle prestigiose cantine Clerico, recentemente sublimate, osannate e financo decantate (il vino decanta) dal Carlo Petrini ('Carlin' per gli amici, fondatore di Slou Fud, recentemente sospettato per le sue iperbolanti esaltazioni in talune recensioni di corruzioni, ma sono voci, solo voci).
Io, da vegetariano, sento il colesterolo intasarmi vene ed arterie (le arterie sono più strette: il danno è maggiore) al solo vedere la tavola sì riccamente imbandita e ripiego strategicamente su un paio di generose cucchiaiate di parmigiano che ingollo 'a freddo' senza colpo ferire ed ingolfandomi di pane e grissini che cerco far lievitare nello stomaco con un litro di acqua Perrier, la più gasata al mondo (è di sicuro effetto lo stordimento, il senso di 'pienezza' e gonfiore garantito da tale espediente consigliato in tutti i libri per vegetariani 'duri e puri', per quelli 'fedeli alla linea', superato solo dal polistirolo e Coca Cola).
In considerazione del ragionamento testé svolto, non ho neppure bisogno di dare una sbirciata al mio conto corrente per essere certo che già questa semplice considerazione mi metta fuori gioco.
Ma, a questo punto, si tratta di valutare se non vi siano anche altre considerazioni che potrebbero spingermi ad una soluzione opposta.
Figli come siamo del rigore delle scienze moderne, la situazione va considerata nella sua complessità: non basta soltanto una semplice risposta negativa per escludere a priori l’eventualità che per l’uomo sia opportuno avere al proprio fianco una femmina (possibilmente della sua specie). Se l'uomo è per natura e definizione un animale sociale e se per socializzare preferisce - in genere - femmine della propria specie, una ragione vi dovrà pur essere.
La mia analisi, pertanto, seguirà un procedimento puramente e squisitamente scientifico, valutando, innanzitutto, se e quali vantaggi possano esservi e, qualora un rigoroso procedimento cartesiano arrivi ad una conclusione negativa, se e quali vantaggi vi siano in un celibato non imposto, ma scelto.
Procediamo, quindi, nella nostra indagine.
La femmina, lo abbiamo visto nella parte 1/10, è un essere complesso e, per noi uomini, tuttora praticamente sconosciuto, indecifrabile finché non troveremo qualcosa di simile alla Stele di Rosetta.
Ma, nella precedente nius, mi sono limitato a fare riferimento ad alcuni comportamenti della femmina della specie e ben qualcuno potrebbe obiettare che, se alla femmina si desse la parola sarebbe lei stessa ad aiutarci, dicendo quello che pensa: in fondo, si dice ... qualcuno dice ... meglio, ... qualcuno potrebbe dire, che anche la femmina della specie sa essere misericordiosa, caritatevole e giusta.
È, poi, luogo comune che la femmina sia più intelligente dell'uomo (anche se ho da sempre qualche sospetto su chi abbia messo in giro questa voce): forse per questo il maschio della specie non riesce a comprenderla?
Quindi ed allora, seguite passo passo il mio ragionamento, la domanda che ora dobbiamo porci è se la femmina, quando parla all'uomo, usi frasi che siano comprensibili, intelleggibili dal maschio della specie ovvero se i due non usino sì le stesse frasi di senso cmpituo, ma dando loro un significato differente.
Ed ancora, se dovessimo appurare, convenire che l'uomo e la donna danno alla stessa frase significati differenti e che la femmina è per definizione (?) più intelligente del maschio, perché la femmina della specie non cerca di farsi comprendere dall'uomo-tonto?
Ma non sono qui a pettinare le bambole e, l'ho detto, il nostro ragionamento deve fondarsi sul rigoroso metodo empirico, su esempi che siano riproducibili e che siano sotto gli occhi di tutti.
Purtroppo, per oggi, penso di averVi annoiati sin troppo e non voglio abusare della Vostra impazienza.
Concedetemi di rinviare queste considerazioni alle prossime puntate.
(segue, ...)