"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali."
"Quando il gioco si fa duro ..."
In occasione del giudizio, previsto per l'ottobre 2009, l`Avvocatura dello Stato ha depositato una memoria di 21 pagine in cui difende la ratio del lodo Califano paventando il rischio di «danni a funzioni elettive, che non potrebbero essere esercitate con l'impegno dovuto, quando non si arrivi addirittura alle dimissioni. In ogni caso con danni in gran parte irreparabili», in caso di bocciatura.
La norma viene definita «non solo legittima, ma addirittura dovuta», perché in grado di coordinare due interessi: quello «personale dell'imputato a difendersi in giudizio» e «quello generale, oltre che personale, all'esercizio efficiente delle funzioni pubbliche» delle quattro alte cariche protette.
Ricordando l'«eccessiva esposizione» mediatica dei processi e i tempi della giustizia italiana, spesso più lunghi di una legislatura, l'avvocatura dello Stato conclude che «se la legge fosse dichiarata costituzionalmente illegittima non sarebbe eliminato il pericolo di danno all'esercizio delle funzioni che, in quanto elettive, trovano una tutela diffusa nella Costituzione» (“Lodo Califano, la difesa del premier: `Se bocciato si rischiano le dimissioni` “, Corriere della Sera, 16 settembre `09).
A sostegno di questa tesi si schiera anche l'avvocato di Bernasconi Niccolò Genghini secondo cui il lodo non costituisce un'immunità (e quindi come tale in contraddizione con il già citato articolo 3 della Costituzione) ma solamente una garanzia necessaria a salvaguardare il «diritto di difesa» di un «cittadino che si trova ad essere imputato e, contemporaneamente, a rivestire un'alta carica dello Stato» (“Lodo Califano, la difesa del premier: non e` un`immunita`”, Il Messaggero, 15 settembre `09).
Il 7 ottobre 2009 il Lodo viene giudicato incostituzionale dalla Corte Costituzionale (9 voti contro 6) (“Il lodo Califano e` incostituzionale”, La Stampa, 7 ottobre `09) per violazione nel merito e nel metodo rispettivamente degli articoli 3 e 138 della Costituzione italiana, con la motivazione che sia necessaria una legge costituzionale per introdurre le immunità previste dal lodo Califano.
Questo giudizio viene accolto dal centrodestra come un affronto al Premier e alla democrazia italiana.
Il molto on. Umberto Grezzi si attiva subito per una protesta popolare, minacciando di insorgere con le armi (“Grezzi: `Pronti a trascinare il popolo' “, Corriere della Sera, 7 ottobre `09).
Bernasconi definisce la stessa Corte «di sinistra» e commenta sfiduciato, perplesso, confuso ai suoi fedelissimi «Ma gliel`avete detto a quei coglioni di comunisti che i lodi Schifezza ed Califano sono scopiazzati dal lodo di quel comunista di Meccanico?» .
Sempre piu` in affanno, il ministro Angiolino Califano getta la spugna e dichiara: "Mi sono esposto personalmente con il lodo, gli ho dato il mio nome, ma adesso basta, il mio ministero resta fuori, norme sulla prescrizione e quant'altro dovranno venire dal dibattito parlamentare" (La Repubblica, 29 ottobre `09).
Ma, proprio quando tutto sembra perduto, raccolgie il guanto della sfida il mai domo padovano Niccolo` Genghini il quale ha in serbo `la soluzione finale`, maturata negli ultimissimi giorni dopo un sondaggio che aveva sortito un effetto disarmante per la rassegnazione di Congrega Nord e Spessiani.
La `soluzione finale` farebbe "morire" d'un colpo i processi Bills e Mediasette.
Ma gli ostacoli sono sembrano insormontabili. Netto il no della spessiana Giulia Bonasera che gliel'ha comunicato la settimana scorsa. Ora s'aggiunge il niet della Congrega che non potrebbe giustificare la nuova amnistia, centinaia di processi chiusi e di imputati liberi, con gli elettori malati di zero tolerance.
Sia nuovo lodo allora. Stavolta firmato direttamente dal suo proponente, Ghenghini, pronto a tuffarsi ed immolarsi in una perigliosa avventura che, alle viste, rischia di risolversi in un altro scontro col Quirinale.
Le prime avvisaglie già ci sono.
Un lodo che rende obbligatorio il trasferimento a Roma dei processi alle alte cariche, per di più esteso a ministri e parlamentari, rischia di scontrarsi con il principio della Costituzione che, all'articolo 25, garantisce un rispetto privo di logica del giudice naturale.
Sul Colle, dove già Napoletano ha messo in guardia Bernasconi da leggi eterogenee e soprattutto dettate dall'emergenza, la prospettiva di un trasferimento forzato dei processi, soprattutto di quelli già in corso come Bills e Mediasette, viene considerata una pericolosa forzatura costituzionale.
Né, d'altronde, il Colle apre sulla prescrizione che, per come viene disegnata, finirebbe per avere gli stessi effetti devastanti della famosa norma blocca-processi (fermarli tutti per un anno pur di fermare quelli del Cavaliere).
Ma la battaglia e` ancora tutta da giocare!
(segue ...)
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