Cos'è il teorema di Ruffini? In matematica la regola di Ruffini permette di dividere velocemente un qualunque polinomio per un binomio di primo grado della forma 'x - a'. E' stata descritta da Paolo Ruffini nel 1809. La regola di Ruffini è un caso speciale della divisione polinominale quando il divisore è un fattore lineare. La regola di Ruffini è anche nota come 'divisione sintetica'.
Perché quest'esordio?
Perché, leggendo delle mie varie (dis-)avventure, qualcuno potrebbe avere l'ardire di pensare che il Vostro sia solo una persona faceta, che indulga senza ragione apparente alla battuta facile, mordace e salace, che provi una sorta di gusto perverso nel ridere delle proprie disgrazie, che abbia immeritatamente rubato la votazione alla maturità, che per un altro accidente fortunato e fortunoso meni vanto di una laurea che (secondo alcuni) potrebbe non avere neppure conseguito (il che spiegherebbe molte cose, invero), che ... che ...
Cercherò di stupirvi (magari annoiandovi) spiegandovi perché nello scrivere io ricorra tanto volentieri all'ironia e - già che ci sono - all'autoironia.
Buona lettura.
PremessaPerché quest'esordio?
Perché, leggendo delle mie varie (dis-)avventure, qualcuno potrebbe avere l'ardire di pensare che il Vostro sia solo una persona faceta, che indulga senza ragione apparente alla battuta facile, mordace e salace, che provi una sorta di gusto perverso nel ridere delle proprie disgrazie, che abbia immeritatamente rubato la votazione alla maturità, che per un altro accidente fortunato e fortunoso meni vanto di una laurea che (secondo alcuni) potrebbe non avere neppure conseguito (il che spiegherebbe molte cose, invero), che ... che ...
Cercherò di stupirvi (magari annoiandovi) spiegandovi perché nello scrivere io ricorra tanto volentieri all'ironia e - già che ci sono - all'autoironia.
Buona lettura.
Scriveva il Vasari parlando del genio di Michelangiolo:
La scultura è una arte che levando il superfluo dalla materia suggetta, la riduce a quella forma di corpo che nella idea dello artefice è disegnata. Et è da considerare che tutte le figure, di qualunque sorte si siano, o intagliate ne' marmi o gittate di bronzi o fatte di stucco o di legno, avendo ad essere di tondo rilievo, e che girando intorno si abbino a vedere per ogni verso, è di necessità che a volerle chiamar perfette ell'abbino di molte parti.
La prima è che, quando una simil figura ci si presenta nel primo aspetto alla vista, ella rappresenti e renda somiglianza a quella cosa per la quale ella è fatta, o fiera o umile o bizzarra o allegra o malenconica, secondo chi si figura; e che ella abbia corrispondenza di parità di membra
(Della Scultura, Cap. VIII. Che cosa sia la scultura, e come siano fatte le sculture buone, e che parti elle debbino avere per essere tenute perfette, tratto da LE VITE DE' PIU' ECCELLENTI PITTORI, SCULTORI, E ARCHITETTORI)
Tema
Che cos'è l'ironia?
L'ironia (dal greco antico eironeía, ovvero: ipocrisia, falsità o finta ignoranza) può avere a propria base e scopo il comico, il riso e finire nel sarcasmo.
L'ironia è quel modo di vedere e vivere la realtà che, privandola di tutti i fronzoli e gli orpelli, di tutte le apparenze e le illusioni, la vede e la fa vedere per quello che è: una cazzata!
Svolgimento
Alcuni, i più, pensano che l'ironia ed il riso che essa suscita siano cose sciocche, effimere. Ma vero è che il riso è tutt’altro che stupido. E’ un mistero che affonda le radici in complessi meccanismi inconsci.
E’ noto il potere liberatorio di una risata, sia sotto forma di umorismo che d’ironia benevola.
Il suo primo effetto positivo è quello di facilitare le relazioni. In un momento di difficoltà, quando il rapporto diventa conflittuale, chi riesce a ridere, ha vinto la partita.
Ridere insieme poi, sdrammatizza, crea complicità e senso di appartenenza.
Ridere, inoltre, genera distanziamento, grazie al quale riusciamo a guardare i problemi dall’esterno, come se non ci appartenessero, a sgonfiare i mostri, a ridimensionare le paure.
Ridendo, osserva Hermann Hesse, noi riusciamo a trasferirci in una realtà parallela, a “vivere nel mondo come non fosse il mondo”.
Con l’umorismo, infatti, secondo Kierkegaard, noi riconquistiamo la libertà che possedevamo all’inizio di un’esperienza, quando non ne eravamo ancora troppo coinvolti. Ecco, mi permetto di attirare la vostra gentile e cortese attenzione sulla circostanza che il buon Kierke va preso a piccole dosi: questa volta mi pare averla azzeccata, ma è un filosofo - forse perché danese e la Danimarca, lo si sa, è terra piatta e piovosa assai - particolarmente triste e più volte sospettato di induzione al suicidio (fors'anche col sorriso sulle labbra) per la sua non particolare allegria.
Altro effetto positivo del ridere è quello di liberare il subconscio dai contenuti comunemente e convenzionalmente censurati, attraverso fulminee illuminazioni.
Se il sorriso è la serena constatazione di quanto già si conosce, il ridere, invece, è l’improvvisa rivelazione di ciò che si ignora.
L’umorismo è comunque catartico, sostiene Freud. “L’uomo ridendo – egli scrive – si libera da inibizioni e rimozioni, mette temporaneamente a tacere l’istanza della censura, offre una valvola di sfogo all’aggressività”.
Ma c’è qualcosa ancora più efficace dell’umorismo. E’ l’ironia.
Si possono distinguere 5 figure di ironia:
1. L'ironia interpersonale o sociale, il modo di ironizzare tipico dello stare in società o in gruppo sta nel rapporto di un soggetto che ironizza con degli ascoltatori o degli interlocutori, per cui il significato, il valore e l'efficacia dell'ironia è in funzione del contesto in cui la si fa e dell'argomento che viene considerato.
È sempre una "etero-ironia", generalmente contingente e situazionale, per cui si ironizza su qualcosa o su qualcuno nel momento in cui se ne parla.
Per questo tipo di ironia si tratta contemporaneamente di un tema, di una struttura discorsiva e di una figura retorica.
2. L'ironia psicologica, che implica una tipo di indagine sul comportamento umano, per la quale si fa riferimento a Sigmund Freud, il primo che ne ha fatto oggetto di studio sistematico. È già in parte "auto-ironia" nel senso che i fenomeni di cui si occupa e i problemi che pone riguardano la mente umana in generale e quindi anche la psicoanalisi.
È autoironica perché coinvolge chi la fa ed è concettuale perché pone temi e problemi che concernono il rapporto dell'uomo col mondo, dove la realtà antropica si confronta con quella cosmica e solleva un problema relazionale uomo-mondo che interessa lo stesso esistere dell'uomo.
In senso freudiano l'ironia consiste nell'esprimere idee che violano la censura dei tabù.
In alcuni casi consiste nel far intendere una cosa mediante una frase di senso esattamente opposto.. Ne è un classico esempio l'affermazione: "Hai avuto proprio un'idea geniale!" nel caso in cui una decisione abbia avuto effetti disastrosi.
In effetti Freud ha dato al suo concetto di ironia uno spessore ben maggiore che la avvicina a quella filosofica.
Numerosissimi sono gli utilizzi a cui questa figura retorica e le sue derivazioni si prestano nel mondo della comicità e ancor più specificatamente nella satira.
In questo caso l'analisi dei modi e delle circostanze per cui un soggetto diventa comico o può essere visto come tale, in quanto scientifica, non ha come fine di indurre al riso, ma piuttosto di sensibilizzare alle problematiche connesse alla psiche, alla sua normalità e alle sue anormalità.
3. L'ironia filosofica, che concerne il rapporto dell'uomo con la realtà extra-umana. È spesso "auto-ironia" perché il soggetto ironizzante è anche direttamente l'oggetto dell'ironia che fa.
Ma anche l'autoironia non è sempre la stessa. L'ironia di Socrate è un'autoironia finta, perché egli si finge ignorante per meglio mettere poi in difficoltà il dialogante, mentre nel caso di Diderot nel Il nipote di Rameau il filosofo nel confrontarsi con l'ignorante opportunista e senza scrupoli è realmente autoironico. Se questi due casi sono gli estremi di un'ironia filosofica astuta in Socrate e sofferta in Diderot, tra essi si pone una gamma molto vasta di atteggiamenti ironici filosofici, che si caratterizzano sempre per una messa in discussione di ciò che si è o si può essere. Da un lato l'ironia come strumento e dall'altro lato come risultato di una sofferenza esistenziale.
4. L' ironia romantica: Friedrich Schlegel considerava processo ironico la rinuncia del soggetto a prestare attenzione alla realtà materiale, quindi il non prenderla sul serio, a favore di un "altro mondo" fatto di spiritualità di tipo panico. Nei Fragmente del 1798 (§ 121) egli la vede come un "trasferirsi arbitrariamente ora in questa ora in quella sfera come in un altro mondo".
È autoironica perché coinvolge chi la fa ed è concettuale perché pone temi e problemi che concernono il rapporto dell'uomo col mondo, dove la realtà antropica si confronta con quella cosmica e solleva un problema relazionale uomo-mondo che interessa lo stesso esistere dell'uomo.
In senso freudiano l'ironia consiste nell'esprimere idee che violano la censura dei tabù.
In alcuni casi consiste nel far intendere una cosa mediante una frase di senso esattamente opposto.. Ne è un classico esempio l'affermazione: "Hai avuto proprio un'idea geniale!" nel caso in cui una decisione abbia avuto effetti disastrosi.
In effetti Freud ha dato al suo concetto di ironia uno spessore ben maggiore che la avvicina a quella filosofica.
Numerosissimi sono gli utilizzi a cui questa figura retorica e le sue derivazioni si prestano nel mondo della comicità e ancor più specificatamente nella satira.
In questo caso l'analisi dei modi e delle circostanze per cui un soggetto diventa comico o può essere visto come tale, in quanto scientifica, non ha come fine di indurre al riso, ma piuttosto di sensibilizzare alle problematiche connesse alla psiche, alla sua normalità e alle sue anormalità.
3. L'ironia filosofica, che concerne il rapporto dell'uomo con la realtà extra-umana. È spesso "auto-ironia" perché il soggetto ironizzante è anche direttamente l'oggetto dell'ironia che fa.
Ma anche l'autoironia non è sempre la stessa. L'ironia di Socrate è un'autoironia finta, perché egli si finge ignorante per meglio mettere poi in difficoltà il dialogante, mentre nel caso di Diderot nel Il nipote di Rameau il filosofo nel confrontarsi con l'ignorante opportunista e senza scrupoli è realmente autoironico. Se questi due casi sono gli estremi di un'ironia filosofica astuta in Socrate e sofferta in Diderot, tra essi si pone una gamma molto vasta di atteggiamenti ironici filosofici, che si caratterizzano sempre per una messa in discussione di ciò che si è o si può essere. Da un lato l'ironia come strumento e dall'altro lato come risultato di una sofferenza esistenziale.
4. L' ironia romantica: Friedrich Schlegel considerava processo ironico la rinuncia del soggetto a prestare attenzione alla realtà materiale, quindi il non prenderla sul serio, a favore di un "altro mondo" fatto di spiritualità di tipo panico. Nei Fragmente del 1798 (§ 121) egli la vede come un "trasferirsi arbitrariamente ora in questa ora in quella sfera come in un altro mondo".
5. L' ironia culturale: nel romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco viene affrontato il tema dell'ironia definendola "figura di pensiero", che "si deve sempre usare facendola procedere dalla pronunciatio, che ne costituisce il segnale e la giustificazione". Pe: la premessa di alcune nius
A questo punto, però, occorre fare una distinzione, una precisazione fondamentale, perché ironia e comicità vengono solitamente confuse. Vero è, però, che l'ironia è ben diversa dalla comicità.
La comicità è legata alla gestualità, all’imitazione, ai contrattempi, a situazioni imbarazzanti, all’immediatezza, agli istinti.
L’ironia, invece, è più sottile, più logica, ancorata a concetti, a riflessione.
Pirandello, il grande Pirandello, spiega la distinzione fra comicità ed ironia con un esempio famoso: “Vedo una vecchia signora… tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere”.
In questo caso, la prima reazione è di comicità, basata sul “sentimento dei contrari”, cioè sul contrasto tra gli atteggiamenti giovanili della vecchia signora e la sua età senile. La seconda reazione è, invece, ironica e riguarda l’amara considerazione dei disagi della vecchiaia, della contraddizione tra la realtà degli anni che passano e l’aspirazione a restare giovani.
Solo l’ironia ha il potere di cogliere la profonda connessione tra comico e tragico, tipica della condizione umana. “Tutto ciò che è umano è patetico. – scrive Mark Twain – La segreta fonte dell’umorismo non è gioia ma dolore”.
L’ironia è liberante e liberatoria proprio perché attinge ai fondali segreti della psiche.
Altro esempio di ironia è la barzelletta, elaborazione mentale basata sul paradosso. Si pensi alla banale barzelletta della suocera e della vipera che risolve, appunto, la tipica tensione relazionale moglie-suocera attraverso il concetto, in sé drammatico, dell’avvelenamento: “Sai che è successo? Una vipera ha morso mia suocera. Ed è morta? Lei no, ma la vipera sì”.
Gli studiosi hanno messo in luce che la barzelletta corrisponde a meccanismi psicologici precisi e consente di affrontare tabù censurati quali il sesso, le difficoltà relazionali, i rapporti di coppia, il pregiudizio verso persone d’altra cultura…
Così, ad esempio, le barzellette sui carabinieri e preti umanizzano le istituzioni, quelle su ebrei, scozzesi, americani, tedeschi, meridionali…, razionalizzano le differenze culturali.
A questo punto, però, occorre fare una distinzione, una precisazione fondamentale, perché ironia e comicità vengono solitamente confuse. Vero è, però, che l'ironia è ben diversa dalla comicità.
La comicità è legata alla gestualità, all’imitazione, ai contrattempi, a situazioni imbarazzanti, all’immediatezza, agli istinti.
L’ironia, invece, è più sottile, più logica, ancorata a concetti, a riflessione.
Pirandello, il grande Pirandello, spiega la distinzione fra comicità ed ironia con un esempio famoso: “Vedo una vecchia signora… tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere”.
In questo caso, la prima reazione è di comicità, basata sul “sentimento dei contrari”, cioè sul contrasto tra gli atteggiamenti giovanili della vecchia signora e la sua età senile. La seconda reazione è, invece, ironica e riguarda l’amara considerazione dei disagi della vecchiaia, della contraddizione tra la realtà degli anni che passano e l’aspirazione a restare giovani.
Solo l’ironia ha il potere di cogliere la profonda connessione tra comico e tragico, tipica della condizione umana. “Tutto ciò che è umano è patetico. – scrive Mark Twain – La segreta fonte dell’umorismo non è gioia ma dolore”.
L’ironia è liberante e liberatoria proprio perché attinge ai fondali segreti della psiche.
Altro esempio di ironia è la barzelletta, elaborazione mentale basata sul paradosso. Si pensi alla banale barzelletta della suocera e della vipera che risolve, appunto, la tipica tensione relazionale moglie-suocera attraverso il concetto, in sé drammatico, dell’avvelenamento: “Sai che è successo? Una vipera ha morso mia suocera. Ed è morta? Lei no, ma la vipera sì”.
Gli studiosi hanno messo in luce che la barzelletta corrisponde a meccanismi psicologici precisi e consente di affrontare tabù censurati quali il sesso, le difficoltà relazionali, i rapporti di coppia, il pregiudizio verso persone d’altra cultura…
Così, ad esempio, le barzellette sui carabinieri e preti umanizzano le istituzioni, quelle su ebrei, scozzesi, americani, tedeschi, meridionali…, razionalizzano le differenze culturali.
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