Tema
Nella ricerca del lavoro bisogna confidare negli amici: è una politica che dà i suoi frutti, anche se si deve imparare a distinguere gli ‘amici’ dagli ‘amici’.
Svolgimento
Non se alcuni di voi ricorderanno Droopy.
Droopy era un curioso personaggio dei cartoni animati di quando eravamo piccoli, di quando alcuni di noi erano piccoli, per quelli che sono stati piccoli.
Era uno strano personaggio che, qualsiasi cosa gli succedesse, restava perfettamente impassibile: attraversava ogni sorta di avventura, disavventura, gioia, dolore assolutissimamente imperturbabile. Sempre a spalle basse, occhiaie sotto gli occhi che avrebbero meritato una targa per ‘carichi sporgenti’, sempre flemmatico.
Anni fa ho avuto l’avventura (nella sua accezione latina) di lavorare per una casa editrice, come si dice… come si dice, ah, sì, per una `primaria’ casa editrice universitaria (non chiedetemi di fare nomi, avrete notato che cerco di difendere l’anonimato di tutti – protagonisti e comparse – delle mie nius e, certo, anche questa volta non voglio e non posso essere da meno).
Dicevo, ah, sì, ebbene, lavoravo in codesta casa editrice dove, l’ho imparato solo dopo due anni (avrete già capito che il Vostro non è esattamente un fulmine a ciel sereno, quello che si direbbe un ‘lampo di genio’), la cosa migliore da fare era non fare: l’unico modo di andare avanti era restare immobili, perfettamente immobili.
Chi aveva un qualsivoglia idea veniva severamente punito: chi aveva la dabbenaggine di proporre una qualunque idea – giusta o sbagliata – era costretto a confrontarsi con la – chiamiamola – dirigenza col risultato di rimpiangere di non aver subìto, precedentemente, una lobotomia.
Io, un po’ per tirare avanti un po’ per non riportare troppi danni, mi guadagnai sul campo il titolo di ‘muro di gomma’ e la quasi irraggiungibile onorificenza di ‘mister quite man’.
Di fatto avevo come l’impressione di essermi calato nei panni di Benjamin Malaussène, assunto – guarda la combinazione – quale capro espiatorio nei romanzi di Pennac.
Quando, poi, al terzo anno, l’ambiente dell’ufficio si rese irrespirabile, sfruttai il privilegio delle trasferte e, ‘costretto’ da forza maggiore’, dovevo congedarmi dalla peraltro inutile riunione del lunedì mattina per prendere il treno che mi avrebbe portato in Toscana, per far ritorno docile all’ovile il giovedì sera, con variante venerdì mattina.
Non si può dire che il contesto dei colleghi fosse particolarmente, come dire, ah, ecco ‘motivante’.
Insomma, c’era il collega che continuava (lo fece dal mio ingresso sino a quando me ne andai) a lamentarsi dell’azienda e dei titolari in particolare, ma sempre pronto a scattare sull’attenti ed a mettersi il cappello da chauffeur quando si trattava di andare a prendere il capo all’aeroporto (a qualsiasi ora, con qualsiasi ritardo); c’era l’altro collega che, se il piccì non avesse risposto prono ai suoi comandi, a scagliare il mouse attraverso la stanza accompagnandone il volo con vari improperi intonati a squarciagola (questa fu il benvenuto che mi tributò il secondo giorno: nessuno dei presenti in stanza sembrò particolarmente turbato ed io, timoroso ed appena impressionato, mi adeguai) o che dava fuori come un grillo se qualcuno aveva l’ardire di mettere in orizzontale le guide che lui aveva faticosamente messo in verticale.
Insomma, l’andazzo era questo.
Restava la consolazione della macchinetta del caffè e di una sigaretta di tanto in tanto, se non altro per smorzare le lunghe attese: in realtà - chi non fuma non ci crederà, mentre i tabagisti mi capiranno al volo con un “è vero!, è vero!” - sovente si fuma per ingannare l’attesa o per rifugiarsi nella zona fumatori solo al fine di sfuggire allo sguardo vigile (non era questo il mio caso, nel senso di ‘sguardo vigile’) del capo; la colpa non è nostra: è loro!
Per fortuna qualche collega col quale scambiare due, quattro, a volte persino sei parole c’era, e Droopy, con la sua flemma, la sua imperturbabilità, le sue occhiaie era uno di questi.
Anche lui godeva (‘godeva’?) di un mitico contratto a progetto, ma se non altro, invece di lamentarsene, cercava di sfruttare quegli spiragli che questa forma di contratto permetteva, soprattutto sugli orari di lavoro.
A volte pensai che la sua astuzia fosse degna di un perfetto impiegato della P.A.: arrivava in ufficio, posava la giacca in perfetto tweed sullo schienale della sua sedia, accendeva il piccì, faceva un giro di saluti nei vari uffici, prendeva un caffè alla macchinetta (del caffè, appunto) e PUFF spariva.
Ogni tanto mi capitava di incontrarlo sotto i portici del centro e, sinceratomi che non vi fosse qualche novità sconvolgente nel (mio ex) ufficio, ci si offriva un caffè.
Alla fine dell’anno scorso mi confidò di essere preoccupato perché, invero come tutti gli anni in prossimità delle feste natalizie, la titolarità della suddetta azienda (è inutile che insistiate, non vi dico qual’è) paventava nuovi tagli.
La tattica era consolidata da una decennale esperienza: piangere miseria sugli utili per non concedere rinnovi contrattuali e, tanto meno, aumenti di stipendio. Senza contare che, per onorare le feste i titolari erano soliti girare il mondo e, come, si sa, in tempi di crisi, bisogna pur rinunciare a qualcosa. Per loro si trattava di rinunciare a qualche collaboratore e, seppur controvoglia, a non concedere i tanto auspicati aumenti.
Si vedeva, era palese che a loro stringeva il cuore, d’altra parte, dal loro punto di vista, il ragionamento non faceva una grinza.
E sicuramente i loro viaggi in Africa, Australia, Yemen erano un modo, per loro certamente doloroso, per non farsi vedere sofferenti e dolenti per le dure decisioni che pure un capo – per essere tale – deve prendere.
Per questo un capo è un capo!
Comunque questa volta hanno fatto sul serio.
Verso marzo venni a sapere che il buon Droopy era stato privato, nell’ordine: del cellulare aziendale, della scrivania aziendale, del piccì aziendale, della carta di credito aziendale. Eppure – qui capirete cosa vuol dire la bontà d’animo – continuava pur sempre a far parte della grande famiglia.
Ma Droopy non si perse d’animo e, coltivando i rapporti che aveva maturato nell’arco di una vita, vide di farsi venire in mente una qualche idea geniale.
E così fu!
Lo incontrai una volta per un caffè in quel di aprile e mi disse che aveva in animo di organizzare convegni, chiedendomi se fossi disponibile ad aiutarlo.
“Beh, Droopy, certo: in fondo è quello che ho praticamente sempre fatto”.
Dopo questa avance, tuttavia, non ne seppi più nulla.
Fino a quando, a fine maggio, ricomparve con la scusa di prendere un caffè per dirmi che aveva dato seguito al progetto dei convegni dei quali mia aveva accennato, ma che aveva bisogno di una mano per la bozza del convegno e per le banche dati.
Devo essere sincero (non lo sono sempre con voi?) in un primo tempo rimasi un attimo male: avevo come la sensazione che avesse dato inizio l’avventura da solo e che solo ora, avendo dei problemi, chiedesse il mio aiuto.
Poco male, mi dissi: 1) anzitutto si tratta di dare una mano ad un amico che ha bisogno, e gli amici vanno sempre aiutati: gli amici si vedono nel momento del bisogno!; 2) mi permette di impegnare utilmente parte del mio tempo; 3) cerco di rimettere in moto le piccole cellule grigie; 4) faccio qualcosa che mi piace; 5) non è detto che me ne arrivi qualcosa in termini economici (per poco che sia…); 6) se le cose dovessero andare bene questa volta potrebbe essere l’inizio per una collaborazione.
I pro erano superiori ai contro delle mie perplessità e mi dichiarai disponibile ad aiutarlo.
Il tutto aveva un che di carbonaro, di massonico perché non voleva che la cosa si sapesse troppo in giro.
Certo, mi sfuggiva il nesso, considerando che già il contratto co.co.pro. che lo legava alla società era ancor meno vincolante di un tempo; ma, in fondo, mi dissi, erano questioni sue, quindi stetti al giuoco: tra massoni e carbonari ci si intende, l'omertà è d'obbligo!
Ancora una settimana di silenzio, quando vengo raggiunto da un trillo al mio cellulare:
26 maggio ore 14.57.55 con sms Droopy scrive:
ci vediamo per un caffè alle 15.45 bar Abrate vicino negozio vodafone via Po?
Ma Droopy non è mai stato famoso per la sua puntualità, tant`è che mette le mani avanti e
26 maggio ore 15.17.44 con sms Droopy scrive:
più facile 10 minuti dopo che prima
Al bar Droopy ci scappa un caffè, mi illustra il progetto e, da subito (lo vedete che quando voglio ci arrivo?), capisco che, effettivamente, qualche problema c’è: il convengo è previsto per il 22 giungo e, praticamente, ha ancora fatto nulla. Insomma, il tempo passa ..
Gli do alcune indicazioni su come gestire in così poco tempo il marketing (tipo stampare brochures, mettere le mani su banche dati di avvocati, fare un mailing tramite interdette, …) e, già che ci sono, cerco di dare un senso alla bozza di programma che mi presenta.
Se non altro, e non è cosa da poco, ha i relatori.
Grato dell’aiuto Droopy mi rassicura che, sicuramente, qualcosa ci sarà anche per me.
Ovvio che, gentleman come sono, non gli chiedo di quantificare: ma, cari amici lettori, sono o non sono un signore?
Per esagerare, un sabato mattina gli creo un data-base di consulenti del lavoro della provincia di Torino che potrebbe essergli utile.
Di nuovo silenzio. Mi sembra strano questo silenzio, ma, come si dice “Niente buone, buone nuove”.
Nuovo incontro il 10 giungo, altro caffè, questa volta in piazza Vittorio, dove orgoglioso, Droopy mi fa vedere le locandine.
“Buono, bene, braaaavo! – gli dico – adesso si tratta di andarle a mettere, che ne so, al Palagiustizia, all’ordine degli avvocati, magari nei bar vicino al tribunale, …”.
L’idea gli sembra geniale e me ne compiaccio, congratulandomi con me stesso medesimo.
Sull’euforia del momento gli dico che, se avesse bisogno di un aiuto, beh … ci sono io!
Visti i tempi stretti mi permetto sommessamente di suggerirgli di darmi il materiale l’indomani mattina.
L’indomani mattina nessuna traccia di Droopy, ma, mi dico, “sarà un buon segno, se dorme ancora vuol dire che è tranquillo di come stanno andando le cose".
Magari si sarà fatto aiutare da qualcuno per il volantinaggio.
Ma, l’indomani pomeriggio vengo raggiunto da un essemmesse:
11 giugno ore 16.11.30 con sms Droopy scrive:
sei impegnato?
11 giugno ore 16.31 19 con sms Droopy scrive:
se ti è comodo se no la roba te la do` domani mattina
Non so se mi lascia l’alternativa per gentilezza nei miei confronti (in fondo, non avendo sue nuove sino al tardo pomeriggio, potrei aver avuto altro da fare) o perché è lui che ha degli impicci.
Rifuggo questo secondo tutt’altro che nobile pensiero del quale subito mi vergogno, mi dolgo e, già che ci sono, mi biasimo e gli offro la disponibilità per l’ancor più tardo pomeriggio, in via Po, dimodochè (si può anche scrivere tutto attaccato) sia per lui più comodo.
Ci vediamo, mi offre un nuovo caffè, mi consegna locandine e brochure e mi chiede la disponibilità per lunedì 22 p.v. (che, poi, sarebbe giungo).
Mi sembrava strano che non mi avesse ancora chiesto di partecipare al culmine di tanto impegno, al climax, ma mi permetto di fargli notare che, non avendo avuto sue indicazioni prima, avevo la possibilità di fare nientepopodimeno (oggi scrivo attaccato tutto quello che mi pare) il segretario per le elezioni di ballottaggio con tanto di referendum.
“E’ un dovere civico – gli dico, cercando di far leva sul suo amor patrio -, ma, soprattutto, sono palanche sicure: poche, ma sicure”.
Droopy non vuol essere da meno, ve l’avevo detto o no che è un signore. D’altra parte quante altre persone conoscete che in pieno torrido giugno se ne vanno in giro con giacca di tweed?
Ed, infatti, gioca a fare il prodigo, il grandioso, il munifico (in Romagna si direbbe ‘lo sborrone’) e rilancia: “ah, ma certo che anch’io ti do qualcosa…”.
Mi sembra di basso profilo chiedergli “Quanto?”, mi sembrerebbe di vendermi al miglior offerente, e, quindi, ripiego su un più signorile: “Sai, al seggio dovrei prendere circa 120-140 euro …”.
Droopy resta un attimo interdetto e si lascia scappare solo un “Ah, …però, ….”.
E, da perfetto lord, evita sì ogni commento su tutti quei soldi rubati allo Stato, ma è anche vero che non precisa nessun importo.
E quest`oggi non ci scappa neppure un caffè.
Inizio a pormi un dubbio: non sara` che tutti questi caffè mi stiano facendo venire la gastrite?
L’indomani, mancano giusto una manciata di giorni lavorativi al grande evento, il mio cellulare ritritrilla con fare preoccupato:
12 giugno ore 08.27.43 con sms Droopy scrive:
ciao. Ieri ho mandato mail a società segnalata. Quando recall per sapere se hanno ricevuto e letto? Oggi o lunedì?
Ma, passa giusto un’ora che mi arriva un altro messaggio:
12 giugno ore 09.53.32 con sms Droopy scrive:
se vai al palag vai tu cons ordine con brochures e locandina? Ieri era già chiuso (12.30). se non hai brochures chiama. Volevo metterne un po’ nelle caselle del c.a.t. ma non si potrebbe. Quindi se entri subito sin dopo la reception non chiedere ma infilale nelle buche se non ritieni sia controproducente
E’ proprio vero che chi mi conosce mi apprezza e non può fare a meno di me!
A questo punto, volendo essere d’aiuto sino in fondo – considerate che avevo appena vagamente intuito che, forse ma forse, non avrei visto neppure l’ombra di una palanca – mi offro di andare, comunque, al Palagiustizia.
(Per sapere quello che mi è successo, vi rinvio a 21. Segni particolari: vegetariano in attesa di giudizio).
Lo comunico con imeil al Droopy, precisandogli che, nonostante tutto, avevo provveduto a volantinare e tappezzare in ogni dove di locandine e lui si rifà vivo il giorno dopo con una imeil (certe comunicazioni vanno meditate e sono più appropriate di un banale essemmesse o di una volgare telefonata)
----- Messaggio inoltrato -----
Da: "xxx@xxxxxxxxxx.it"
Ah, è proprio vero che signori si nasce, noblesse oblige!
Mi spiace dovervi lasciare con una storia senza finale, ma il Droopy non si è più fatto vivo, ed io non so dirvi com’è andato a finire il convegno e, quindi, non riesco a dare una fine a questo racconto.
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