Arrivato che fui al 17.mo lettore iscritto al blog, un amico ebbe a dirmi: “ Non sarai mica superstizioso?”
Ed io, prontamente, gli risposi: “ Superstizioso? Chi: io? Ma figuriamoci!”.
Ma, anzitutto, cos'è la superstizione?
Vi sono molte versioni, del concetto di superstizione.
Cicerone riteneva che `superstizione` derivasse da "superstites" (superstiti), cioè invocazioni agli Dei affinché risparmiassero i figli dalle loro ire funeste; in modo simile S. Agostino le faceva risalire al verbo arcaico "superstito", cioè preservare, far durare, sopravvivere. E' evidente la comune origine di scongiurare una morte (propria o altrui), come già accadeva in tutti gli antichi riti pagani della tradizione pre-cristiana.
Oggi in pochi saprebbero dire perché il numero 17, essere in 13 a tavola, il colore viola o il fatto di passare sotto una scala sono ritenuti portatori di sfortuna, eppure quasi tutti, se possono, li evitano automaticamente o almeno li esorcizzano con qualche gesto scaramantico, come il fatto di toccare ferro, legno, o determinate parti del corpo (più precisamente, `una` parte del corpo, possibilmente, preferibilmente la propria).
Ma anche in questo caso pochi sanno perché quei gesti avrebbero un effetto protettivo contro la sfortuna. Anche il cibo, visto che nel passato i periodi di carestia erano frequenti e mietevano moltissimi morti, è stato oggetto di innumerevoli riti scaramantici, superstizioni e tabù. Di qualcuno si conosce l'origine ed il significato.
Per esempio, il numero 17 è ritenuto sfortunato perché la tradizione vuole che il giorno della crocifissione di Gesù Cristo, fosse caduto nel giorno 17 . Il colore viola è detestato originariamente solo dagli artisti, perché nel medioevo, durante la pasqua (il cui colore religioso è il viola), venivano apposti dei drappi di colore viola sulle finestre delle chiese, e in quei giorni venivano vietate tutte le forme di rappresentazioni teatrali pubbliche nelle piazze e nelle strade delle città, per rispetto della passione di Gesù, così che gli artisti di strada, non lavorando, facevano la fame.
Anche essere in 13 a tavola riguarda Gesù, perché durante l'ultima cena a tavola erano appunto in 13, e poco dopo Gesù fu tradito e ucciso. Essere in 13 a tavola è considerato da allora un presagio di tradimento e di morte. Per la stessa ragione è ben possibile che negli Stati Uniti non troviate un 13.mo piano.
Per quanto riguarda il fatto di passare sotto una scala, questo è dovuto al fatto che una scala appoggiata a un muro forma un triangolo (muro, pavimento, scala inclinata), ed il triangolo è il simbolo di Dio, e dunque passare dentro al triangolo porterebbe sfortuna perché significherebbe entrare presuntuosamente nello spazio di Dio e quindi riceverne punizione divina: di che natura non si sa!
Nel dubbio, sapendo quanto facile all`ira possa essere il Dio cristiano (basta scorrere qualche pagina dell'Antico Testamento) sembra ragionevole tenersi alla larga dalle scale.
Si veda, per tutti, Samuele 5 : 9 - “Così trasportarono a Gat l'arca del Dio d'Israele. E quando l'ebbero trasportata, la mano del SIGNORE fu contro la città che si fece prendere da un grande panico. Il SIGNORE colpì gli uomini della città, piccoli e grandi, e un flagello d'emorroidi scoppiò in mezzo a loro”.
Ma vero è che ogni scaramanzia non è altro che un retaggio di antiche credenze popolari, spesso di derivazione religiosa, che sono però fondate su un senso logico e spiegabile.
Ecco, in questo senso io mi sento degno (talvolta indegno) erede del pensiero razionalista e mi appello a Montesquieu e Voltaire, a J.P. Le Rond d'Alembert e Diderot i quali, se è vero che non avevano idea di cosa fosse un tubo catodico, certamente facevano un ottimo caffè (quando non erano strafatti di assenzio).
Infatti, secondo l`illuminismo, la ragione si contrappone alle credenze immaginarie ed a quelle legate alle superstizioni ed all`irrazionalità.
Ci sono voluti quei 3-4 secoli, ma - alla fine - anche la Repubblica italiana si e` dovuta arrendere al prevalere della ragione.
Lo sottolinea la Corte di Cassazione (scusate se e` poco) in una sentenza del 13 novembre 2006 della V Sezione penale con la quale afferma che non e' passibile di condanna penale l' 'auspicio' o la 'previsione' che qualcosa non andrà a buon fine. In questo modo la V Sezione penale ha cancellato la condanna per minaccia inflitta ad un 30enne, Alex R., per aver inviato sms attraverso il telefono cellulare ad un'amica nei quali diceva appunto che la sua attività di barista non sarebbe andata bene. Per avere appunto 'messaggiato' l'amica con il testo di un sms che recitava ''Ignorante farai la fine di tuo padre, tanto non vai avanti con il tuo baretto, perderai tutto illusa'', Alex R. era stato condannato dal giudice di pace di Genzano, marzo 2005, a 350 euro di multa per il reato di ingiurie e minacce continuate all'amica Luana C.. La giovane ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo clemenza. E piazza Cavour, almeno in parte, ha cancellato la condanna sottolineando che il portare jella non costituisce reato.
Alessandro R., appellandosi alla clemenza della Corte, se la cavò pagando una multa di 337 euro invece dei 350 inflitti in primo grado.
A distanza di neppure due anni, sempre la Suprema (Corte), trae la logica conseguenza di tale premessa: non esistendo, non avendo ragion d`essere la jella ne consegue che non hanno motivo di esistere quegli atti tradizionalmente e secolarmente destinati a respingere il malocchio.
A volte la realtà supera la fantasia.
Vi sarà capitato innumerevoli volte, cari lettori, di compiere un'ispezione, diciamo così cautelativa, per controllare che i gioielli della corona (`lunga vita alla Regina`) fossero proprio al loro posto e non avessero subìto una momentanea trasmigrazione. E chissà quante volte sarà capitato a voi, care lettrici, di cogliere in fallo (perdonate il gioco di parole...) mariti, fidanzati o qualsiasi altro essere umano di genere maschile (o simile) compiere il "vile" e "proditorio" gesto davanti ai vostri occhi esterrefatti da cotanto oltraggio.
Ebbene... finalmente questa terribile piaga sociale sarà debellata.
A suon di multe, si intende, grazie ad una lungimirante sentenza della Terza sezione penale della Corte di Cassazione. Già, perché grattarsi i genitali (anche se solo a fine scaramantico!!) è reato in quanto il gesto è "un atto contrario al decoro e alla decenza pubblica".
Tutto è partito da un povero operaio di Como, reo confesso di aver dato "una sistematina" ai reali gioielli di famiglia, e condannato al pagamento di una multa di 200 euro e ad un'ammenda di 1000 euro. I giudici hanno sentenziato che "il palpeggiamento dei genitali alla presenza di terze persone sia una manifestazione di mancanza di costumanza e di educazione in quel complesso concetto di regole comportamentali etico-sociali". Pertanto, passibile di condanna (Cass.sent. n.8389 del 25 febbraio 2008).
Ecco, a questo punto, care lettrici e cari lettori, vi sarete pienamente convinti che il Vostro rifugga, aborra tali riprovevoli speculazioni pagane che aggiogherebbero alla (mala-)sorte le nostre vite.
Ebbene, chi sono io per deludervi? Potrei mai – oramai mi conoscete – peccare d`orgoglio? Certo che no.
Vedete, dovreste sapere – e, se non lo sapete, ve lo dico io – che anche il Vostro indulge ad un atto scaramantico: uno solo, ma indulge.
Io, ebbene si`, cerco di capire come andra` la giornata che mi accingo ad affrontare, basandomi sulla... taglia del guidatore del bus.
Da anni sono un fiero utilizzatore dei mezzi pubblici. Prima per il problema del parcheggio, poi per risparmiare la benzina, ora perche` - a fondo di soldi – non ho rinnovato l`assicurazione.
Nel tempo, razionalista osservatore ed osservatore razionalista come sono, ho notato che sovente la sorte delle mie giornate – in un senso, ma anche in quell`altro – e` inevitabilmente segnato dalla taglia del guidatore.
Dovete considerare che io intendo il viaggio in pullman (o in tram, in metro, o quello che volete voi) come una metafora della vita: di certo ci sono la partenza e l`arrivo, la nascita e la morte (AAAAHAH: lo vedete che anche voi state controllando se i gioielli della corona sono al loro posto?) ed allora non vi sembra piu` che logico, piu` che umano, piu` che quello che volete voi volersi affidare a qualcuno che vi faccia sentire tranquilli, che vi infonda fiducia, che vi culli?
Dunque, mettetevi comodi, allacciate le vostre cinture di sicurezza, spegnete il cellulare e seguite il mio ragionamento.
Vi affidereste voi ad “un vecchio parvo, bianco per antico pelo” che aprendovi le porte del bus vi gridi: “ Guai a voi, anime prave!” (III, 82-84)? Certo che no! Beh, nemmeno io!
Ed ancora, vorreste voi che il vostro autista abbia “occhi di bragia” e che col remo batta “qualunque s`adagia” (III, 109-111)? certo che no! Beh, nemmeno io!
Ecco, per fortuna il Gruppo Torinese Trasporti (GTT, per gli intimi) opera un minimo di selezione, che e` si` selezione, ma pur sempre minima, per l`appunto.
Insomma ed in buona sostanza, e` pur vero che di fatto siete voi, siamo noi i passeggeri a dover distinguere il buon guidatore da cattivo guidatore.
Ed io sono qui per aiutarvi.
Ora, dovete sapere che esiste una profonda e fondamentale differenza tra l`autista magro e quello grasso.
Quello magro e` ligio al dovere, coscienzioso, rispettoso del codice della strada, persino gentile ed ossequioso.
Se vede una signora anziana che tarda ad arrivare alla fermata l`aspetta paziente; non corre indisciplinatamente mettendo in periglio la vita dei passeggeri (se necessario mette le luci di posizione, tira il freno a mano e scende per aiutare il poverino); prende le curve con la dovuta calma onde evitare che i passeggeri in piedi perdano l`equilibrio (e Dio solo sa quanto bisogno c`e` d`equilibrio); quando vede, ma anche solo avverte, immagina che arrivi il giallo, prudentemente e giudiziosamente rallenta e sosta un cinque metri (non un centimetro in piu`, ma, per certo, neppure uno in meno) delle strisce pedonali: e` ben possibile che egli si fermi prima che sia scattato impietosamente il rosso, ma, questo e` sicuro, giammai dopo che l`imperioso semaforo imponga a qualunque cosa sbuffi (persona o veicolo) di bloccarsi.
I peggiori, poi, sono quelli magri magri, quelli segaligni: pur avendo la precedenza, sono disponibili a cederla, sia a destra che a sinistra. Qualcosa non solo di illogico, ma che vi fara` arrivare in ritardo ovunque dobbiate andare.
Di tutt`altro stampo e` il guidatore grasso.
Il guidatore grasso e` allo stesso tempo arrogante e svogliato, guida perche` deve guidare, ma avrebbe mille altre cose da fare (prima fra tutte prendersi un caffe` corretto a colazione per trovare l`ispirazione e giuocare la schedina).
La sua divisa e` in assoluto disordine: cravatta stazzonata e coperta di macchie di sugo rappreso, immancabilmente sbottonata in modo da mettere in bella mostra la canotta traforata, il petto generosamente villoso e la chincaglieria ciondolante e tintinnante in rigoroso finto oro 18.cappa. Il bordo dei pantaloni eternamente rimboccato per far vedere il calzino corto. L`ascella pezzata di sudore.
Quando vede arrivare il giallo, anche lui rallenta, ma solo per sgranare la quarta, lasciare un solco sull`asfalto, pigiare fieramente sull`acceleratore ed attraversare l`incrocio tra grasse risate (le sue).
Quando vede qualche vecchietto in ritardo alla fermata, anche lui rallenta, indugiando aspetta che il tapino abbia alzato la gamba gonfia di vene varicose, ma solo per richiudere le porte e sgommare via. Il tutto condito dalle immancabili grasse (risate).
Le curve sono, per lui, una sfida, una provocazione, un insulto alla sua intelligenze: non vi e` - o, comunque, per lui non vi e` alcuna ragione ragionevole per rallentare, scalare la marcia ed assicurarsi che nessuno si faccia male. Anzi!
Se vede salire qualche passeggera carina si abbandona a lazzi e schiamazzi e battute di indubbia (grassa) volgarita`.
Ora, non si pensi che arrivato il capolinea il grasso guidatore indulga oltre il tempo massimo di sosta che gli e` concesso per fumare: nooooo, lui fieramente e spavaldamente (persino irridente-mente ed arrogante-mente), alternando una prepotente arroganza ad un'arrogante prepotenza, fuma al suo posto di guida!
Ora, siate sinceri (non tanto con me, quanto con voi stessi): se e` vero che il viaggio e` una metafora della vita, a chi vi affidareste?
Io, per quel che conta, non ho dubbi: al secondo, al guidatore grasso!
Suvvia, se la vita e` una sola, preferiste veramente annoiarvi o non vi garberebbe, piuttosto, il brivido dell`imprevisto e qualche pazzia?
Fate un po` voi....
PS: dovete sapere, cari lettori e care lettrici, che anni addietro mi trovai a svolgere codesto sottile ragionamento ad un mio amico all`aeroporto di Roma.
Al termine egli mi guardo, sospiro` e mi disse che ero un pazzo.
Nel dirlo si volto`, ci voltammo perche` la nostra attenzione venne attratta da un signore veramente grasso dall`aria d`autista che stava bellamente fumando un toscano, un enorme toscano (in aeroporto!) proprio sotto un mega cartello che in caratteri cubitali recitava: VIETATO FUMARE
L`amico non pote` fare a meno di guardarmi ed ammettere (ma credete ce ne fosse bisogno?) che avevo ragione).
Ma, anzitutto, cos'è la superstizione?
Vi sono molte versioni, del concetto di superstizione.
Cicerone riteneva che `superstizione` derivasse da "superstites" (superstiti), cioè invocazioni agli Dei affinché risparmiassero i figli dalle loro ire funeste; in modo simile S. Agostino le faceva risalire al verbo arcaico "superstito", cioè preservare, far durare, sopravvivere. E' evidente la comune origine di scongiurare una morte (propria o altrui), come già accadeva in tutti gli antichi riti pagani della tradizione pre-cristiana.
Oggi in pochi saprebbero dire perché il numero 17, essere in 13 a tavola, il colore viola o il fatto di passare sotto una scala sono ritenuti portatori di sfortuna, eppure quasi tutti, se possono, li evitano automaticamente o almeno li esorcizzano con qualche gesto scaramantico, come il fatto di toccare ferro, legno, o determinate parti del corpo (più precisamente, `una` parte del corpo, possibilmente, preferibilmente la propria).
Ma anche in questo caso pochi sanno perché quei gesti avrebbero un effetto protettivo contro la sfortuna. Anche il cibo, visto che nel passato i periodi di carestia erano frequenti e mietevano moltissimi morti, è stato oggetto di innumerevoli riti scaramantici, superstizioni e tabù. Di qualcuno si conosce l'origine ed il significato.
Per esempio, il numero 17 è ritenuto sfortunato perché la tradizione vuole che il giorno della crocifissione di Gesù Cristo, fosse caduto nel giorno 17 . Il colore viola è detestato originariamente solo dagli artisti, perché nel medioevo, durante la pasqua (il cui colore religioso è il viola), venivano apposti dei drappi di colore viola sulle finestre delle chiese, e in quei giorni venivano vietate tutte le forme di rappresentazioni teatrali pubbliche nelle piazze e nelle strade delle città, per rispetto della passione di Gesù, così che gli artisti di strada, non lavorando, facevano la fame.
Anche essere in 13 a tavola riguarda Gesù, perché durante l'ultima cena a tavola erano appunto in 13, e poco dopo Gesù fu tradito e ucciso. Essere in 13 a tavola è considerato da allora un presagio di tradimento e di morte. Per la stessa ragione è ben possibile che negli Stati Uniti non troviate un 13.mo piano.
Per quanto riguarda il fatto di passare sotto una scala, questo è dovuto al fatto che una scala appoggiata a un muro forma un triangolo (muro, pavimento, scala inclinata), ed il triangolo è il simbolo di Dio, e dunque passare dentro al triangolo porterebbe sfortuna perché significherebbe entrare presuntuosamente nello spazio di Dio e quindi riceverne punizione divina: di che natura non si sa!
Nel dubbio, sapendo quanto facile all`ira possa essere il Dio cristiano (basta scorrere qualche pagina dell'Antico Testamento) sembra ragionevole tenersi alla larga dalle scale.
Si veda, per tutti, Samuele 5 : 9 - “Così trasportarono a Gat l'arca del Dio d'Israele. E quando l'ebbero trasportata, la mano del SIGNORE fu contro la città che si fece prendere da un grande panico. Il SIGNORE colpì gli uomini della città, piccoli e grandi, e un flagello d'emorroidi scoppiò in mezzo a loro”.
Ma vero è che ogni scaramanzia non è altro che un retaggio di antiche credenze popolari, spesso di derivazione religiosa, che sono però fondate su un senso logico e spiegabile.
Ecco, in questo senso io mi sento degno (talvolta indegno) erede del pensiero razionalista e mi appello a Montesquieu e Voltaire, a J.P. Le Rond d'Alembert e Diderot i quali, se è vero che non avevano idea di cosa fosse un tubo catodico, certamente facevano un ottimo caffè (quando non erano strafatti di assenzio).
Infatti, secondo l`illuminismo, la ragione si contrappone alle credenze immaginarie ed a quelle legate alle superstizioni ed all`irrazionalità.
Ci sono voluti quei 3-4 secoli, ma - alla fine - anche la Repubblica italiana si e` dovuta arrendere al prevalere della ragione.
Lo sottolinea la Corte di Cassazione (scusate se e` poco) in una sentenza del 13 novembre 2006 della V Sezione penale con la quale afferma che non e' passibile di condanna penale l' 'auspicio' o la 'previsione' che qualcosa non andrà a buon fine. In questo modo la V Sezione penale ha cancellato la condanna per minaccia inflitta ad un 30enne, Alex R., per aver inviato sms attraverso il telefono cellulare ad un'amica nei quali diceva appunto che la sua attività di barista non sarebbe andata bene. Per avere appunto 'messaggiato' l'amica con il testo di un sms che recitava ''Ignorante farai la fine di tuo padre, tanto non vai avanti con il tuo baretto, perderai tutto illusa'', Alex R. era stato condannato dal giudice di pace di Genzano, marzo 2005, a 350 euro di multa per il reato di ingiurie e minacce continuate all'amica Luana C.. La giovane ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo clemenza. E piazza Cavour, almeno in parte, ha cancellato la condanna sottolineando che il portare jella non costituisce reato.
Alessandro R., appellandosi alla clemenza della Corte, se la cavò pagando una multa di 337 euro invece dei 350 inflitti in primo grado.
A distanza di neppure due anni, sempre la Suprema (Corte), trae la logica conseguenza di tale premessa: non esistendo, non avendo ragion d`essere la jella ne consegue che non hanno motivo di esistere quegli atti tradizionalmente e secolarmente destinati a respingere il malocchio.
A volte la realtà supera la fantasia.
Vi sarà capitato innumerevoli volte, cari lettori, di compiere un'ispezione, diciamo così cautelativa, per controllare che i gioielli della corona (`lunga vita alla Regina`) fossero proprio al loro posto e non avessero subìto una momentanea trasmigrazione. E chissà quante volte sarà capitato a voi, care lettrici, di cogliere in fallo (perdonate il gioco di parole...) mariti, fidanzati o qualsiasi altro essere umano di genere maschile (o simile) compiere il "vile" e "proditorio" gesto davanti ai vostri occhi esterrefatti da cotanto oltraggio.
Ebbene... finalmente questa terribile piaga sociale sarà debellata.
A suon di multe, si intende, grazie ad una lungimirante sentenza della Terza sezione penale della Corte di Cassazione. Già, perché grattarsi i genitali (anche se solo a fine scaramantico!!) è reato in quanto il gesto è "un atto contrario al decoro e alla decenza pubblica".
Tutto è partito da un povero operaio di Como, reo confesso di aver dato "una sistematina" ai reali gioielli di famiglia, e condannato al pagamento di una multa di 200 euro e ad un'ammenda di 1000 euro. I giudici hanno sentenziato che "il palpeggiamento dei genitali alla presenza di terze persone sia una manifestazione di mancanza di costumanza e di educazione in quel complesso concetto di regole comportamentali etico-sociali". Pertanto, passibile di condanna (Cass.sent. n.8389 del 25 febbraio 2008).
Ecco, a questo punto, care lettrici e cari lettori, vi sarete pienamente convinti che il Vostro rifugga, aborra tali riprovevoli speculazioni pagane che aggiogherebbero alla (mala-)sorte le nostre vite.
Ebbene, chi sono io per deludervi? Potrei mai – oramai mi conoscete – peccare d`orgoglio? Certo che no.
Vedete, dovreste sapere – e, se non lo sapete, ve lo dico io – che anche il Vostro indulge ad un atto scaramantico: uno solo, ma indulge.
Io, ebbene si`, cerco di capire come andra` la giornata che mi accingo ad affrontare, basandomi sulla... taglia del guidatore del bus.
Da anni sono un fiero utilizzatore dei mezzi pubblici. Prima per il problema del parcheggio, poi per risparmiare la benzina, ora perche` - a fondo di soldi – non ho rinnovato l`assicurazione.
Nel tempo, razionalista osservatore ed osservatore razionalista come sono, ho notato che sovente la sorte delle mie giornate – in un senso, ma anche in quell`altro – e` inevitabilmente segnato dalla taglia del guidatore.
Dovete considerare che io intendo il viaggio in pullman (o in tram, in metro, o quello che volete voi) come una metafora della vita: di certo ci sono la partenza e l`arrivo, la nascita e la morte (AAAAHAH: lo vedete che anche voi state controllando se i gioielli della corona sono al loro posto?) ed allora non vi sembra piu` che logico, piu` che umano, piu` che quello che volete voi volersi affidare a qualcuno che vi faccia sentire tranquilli, che vi infonda fiducia, che vi culli?
Dunque, mettetevi comodi, allacciate le vostre cinture di sicurezza, spegnete il cellulare e seguite il mio ragionamento.
Vi affidereste voi ad “un vecchio parvo, bianco per antico pelo” che aprendovi le porte del bus vi gridi: “ Guai a voi, anime prave!” (III, 82-84)? Certo che no! Beh, nemmeno io!
Ed ancora, vorreste voi che il vostro autista abbia “occhi di bragia” e che col remo batta “qualunque s`adagia” (III, 109-111)? certo che no! Beh, nemmeno io!
Ecco, per fortuna il Gruppo Torinese Trasporti (GTT, per gli intimi) opera un minimo di selezione, che e` si` selezione, ma pur sempre minima, per l`appunto.
Insomma ed in buona sostanza, e` pur vero che di fatto siete voi, siamo noi i passeggeri a dover distinguere il buon guidatore da cattivo guidatore.
Ed io sono qui per aiutarvi.
Ora, dovete sapere che esiste una profonda e fondamentale differenza tra l`autista magro e quello grasso.
Quello magro e` ligio al dovere, coscienzioso, rispettoso del codice della strada, persino gentile ed ossequioso.
Se vede una signora anziana che tarda ad arrivare alla fermata l`aspetta paziente; non corre indisciplinatamente mettendo in periglio la vita dei passeggeri (se necessario mette le luci di posizione, tira il freno a mano e scende per aiutare il poverino); prende le curve con la dovuta calma onde evitare che i passeggeri in piedi perdano l`equilibrio (e Dio solo sa quanto bisogno c`e` d`equilibrio); quando vede, ma anche solo avverte, immagina che arrivi il giallo, prudentemente e giudiziosamente rallenta e sosta un cinque metri (non un centimetro in piu`, ma, per certo, neppure uno in meno) delle strisce pedonali: e` ben possibile che egli si fermi prima che sia scattato impietosamente il rosso, ma, questo e` sicuro, giammai dopo che l`imperioso semaforo imponga a qualunque cosa sbuffi (persona o veicolo) di bloccarsi.
I peggiori, poi, sono quelli magri magri, quelli segaligni: pur avendo la precedenza, sono disponibili a cederla, sia a destra che a sinistra. Qualcosa non solo di illogico, ma che vi fara` arrivare in ritardo ovunque dobbiate andare.
Di tutt`altro stampo e` il guidatore grasso.
Il guidatore grasso e` allo stesso tempo arrogante e svogliato, guida perche` deve guidare, ma avrebbe mille altre cose da fare (prima fra tutte prendersi un caffe` corretto a colazione per trovare l`ispirazione e giuocare la schedina).
La sua divisa e` in assoluto disordine: cravatta stazzonata e coperta di macchie di sugo rappreso, immancabilmente sbottonata in modo da mettere in bella mostra la canotta traforata, il petto generosamente villoso e la chincaglieria ciondolante e tintinnante in rigoroso finto oro 18.cappa. Il bordo dei pantaloni eternamente rimboccato per far vedere il calzino corto. L`ascella pezzata di sudore.
Quando vede arrivare il giallo, anche lui rallenta, ma solo per sgranare la quarta, lasciare un solco sull`asfalto, pigiare fieramente sull`acceleratore ed attraversare l`incrocio tra grasse risate (le sue).
Quando vede qualche vecchietto in ritardo alla fermata, anche lui rallenta, indugiando aspetta che il tapino abbia alzato la gamba gonfia di vene varicose, ma solo per richiudere le porte e sgommare via. Il tutto condito dalle immancabili grasse (risate).
Le curve sono, per lui, una sfida, una provocazione, un insulto alla sua intelligenze: non vi e` - o, comunque, per lui non vi e` alcuna ragione ragionevole per rallentare, scalare la marcia ed assicurarsi che nessuno si faccia male. Anzi!
Se vede salire qualche passeggera carina si abbandona a lazzi e schiamazzi e battute di indubbia (grassa) volgarita`.
Ora, non si pensi che arrivato il capolinea il grasso guidatore indulga oltre il tempo massimo di sosta che gli e` concesso per fumare: nooooo, lui fieramente e spavaldamente (persino irridente-mente ed arrogante-mente), alternando una prepotente arroganza ad un'arrogante prepotenza, fuma al suo posto di guida!
Ora, siate sinceri (non tanto con me, quanto con voi stessi): se e` vero che il viaggio e` una metafora della vita, a chi vi affidareste?
Io, per quel che conta, non ho dubbi: al secondo, al guidatore grasso!
Suvvia, se la vita e` una sola, preferiste veramente annoiarvi o non vi garberebbe, piuttosto, il brivido dell`imprevisto e qualche pazzia?
Fate un po` voi....
PS: dovete sapere, cari lettori e care lettrici, che anni addietro mi trovai a svolgere codesto sottile ragionamento ad un mio amico all`aeroporto di Roma.
Al termine egli mi guardo, sospiro` e mi disse che ero un pazzo.
Nel dirlo si volto`, ci voltammo perche` la nostra attenzione venne attratta da un signore veramente grasso dall`aria d`autista che stava bellamente fumando un toscano, un enorme toscano (in aeroporto!) proprio sotto un mega cartello che in caratteri cubitali recitava: VIETATO FUMARE
L`amico non pote` fare a meno di guardarmi ed ammettere (ma credete ce ne fosse bisogno?) che avevo ragione).
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