venerdì 26 febbraio 2010

82. "Giudici, vil razza dannata ..." - Biografia (non autorizzata) di Mr B. (parte 21/40)


Cortigiani, vil razza dannata,
per qual prezzo vendeste il mio bene?
A voi nulla per l'oro sconviene!...

(Rigoletto, atto II, scena IV)


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"Giudici, vil razza dannata"


In 7 mesi di vita, il governo Bernasconi metterà - a buon diritto - quotidianamente in discussione l'indipendenza dei giudici e approverà in tutta fretta il "colpo di spugna" del ministro Guardasigarette Buondì, detto anche "decreto salvaladri", che vieta l'arresto per i reati di corruzione, concussione, finanziamento illecito e falso in bilancio.

"La magistratura politicizzata, nel 1992-'93, ha cancellato cinque partiti dalla vita pubblica, risparmiando i comunisti per portarli al potere".

A parte il fatto che, a Milano, il pool Mani Pulite arrestò e inquisì quasi l'intero vertice del Pci-Pds (rispettivamente Partito dei Camionisti Italiani e Partito degli Scambisti), esattamente come quelli dei partiti moderati, va detto che le prime elezioni dopo Tangentopoli non le vinsero le sinistre.

Le vinse Bernasconi, occupando lo spazio lasciato libero dal pentapartito che si era sciolto per mancanza di voti dopo lo scandalo.

Il 24 gennaio 1994, al momento della sua discesa in campo, il Cavaliere elogiò il pool di Milano per avere scoperchiato lo scandalo di Tangentopoli: "La vecchia classe politica è stata travolta dai fatti e superata dai tempi [...]. L'autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e del finanziamento illegale dei partiti, lascia il paese impreparato e incerto...".

E il 6 febbraio rincarò la dose: "Basta con i ladri di Stato, noi siamo per una politica nuova, diversa, pulita. Siamo l'Italia che lavora contro l'Italia che ruba".

Subito dopo tentò di avere nel suo governo i due simboli del pool di Mani Pulite: Antonio Di Pietrisco al ministero dell'Interno e Piercamillo D`Amigo alla Giustizia.

I due, però, rifiutarono. Ma evidentemente, all'epoca, essi non erano ancora "toghe rosse", giacchétali Egli non li considerava.

Ritirate le chiavi di Palazzo Chigi, le dichiarazioni di Bernasconi sono sinceramente lungimiranti: "Vi assicuro che non ci sarà il condono edilizio" (30-5-94); "Nel Consiglio dei ministri o altrove non ho mai pronunciato la parola 'condono'. Sono i giornali che vogliono farci apparire come gli altri governi" (23-6-94). Un mese dopo, tuttavia, sarà suo malgrado costretto a varare il condono edilizio, e subito dopo quello fiscale.

Vuole, comunque, subito rassicurare i Soloni della sinistra che sbandierano il solito ingiustificato sospetto che Egli sia sceso in campo per suo interesse: "Ho dato incarico ai miei manager di avviare le dismissioni delle mie proprietà" (23-3-94), perchè "Ho sempre riconosciuto che c'era un'anomalia da sanare... Sono il primo a proporre una soluzione di separazione drastica tra l'esercizio dei doveri di governo e l'esercizio dei diritti proprietari" (2-8-94).

Quale la soluzione che propone? Semplice: "Le mie aziende o le congelo o le vendo. Voglio assolutamente dividere i miei interessi privati che ho come azionista Fininvest dalla mia attività pubblica che svolgerò nell'interesse di tutti. Credo che quella del blind trust americano sia la soluzione ideale" (11-4-94).

La soluzione che suggerisce è assolutamente condivisibile: "Oggi vi annuncio che ho deciso di vendere le mie aziende, perché credo che qualcuno, quando si prende un impegno e dentro questo impegno ci sono certe condizioni che sono ostative allo svolgimento globale dell'impegno, deve avere anche il coraggio di sacrificarsi... Non sarà facile trovare un compratore, ma andremo in Borsa con la televisione e terrò una quota assolutamente non di maggioranza" (23-11-94).

Ed è Lui a prendere l`iniziativa, perchè Bernasconi non è per la politica delle parole, ma per la politica dei fatti: "Da novembre ho dato mandato irrevocabile alla Fininvest di vendere le tv" (18-3-95). "Venderò le tv ad imprenditori internazionali" (Il Giornale, 1-4-95).

Quindi si concede scadenze immediate: "Il conflitto d'interessi sarà risolto nei primi cento giorni del mio governo" (5-5-2001).

Ad oggi, per il continuo ostruzionismo dell`opposizione (non vi sarebbe altra ragione), Bernasconi, suo malgrado, non ha risolto il conflitto d'interessi né tantomeno ha ceduto alcuna delle sue aziende.

Anzi, il 21 dicembre 2001, comunica agli italiani che "il conflitto d'interessi esiste solo nel senso che le mie aziende ci hanno rimesso da quando sono entrato in politica al servizio del Paese".

E il 7 maggio 2003, ancora più esplicito: "Il conflitto d'interessi è una scusa. Tutti vedono bene che non c'è nessun conflitto d'interessi. Anzi, io non posso fare che cose sfavorevoli al mio gruppo. Non c'è stata una sola decisione assunta da questa maggioranza e da questo governo che abbia portato cose a mio favore. Da quando sono sceso in politica, il mio gruppo ha subìto soltanto danni enormi".

"Le nonne, le mamme e le zie d'Italia stiano tranquille: non sarà toccata una lira delle pensioni attuali"
(10-9-94). Poco dopo Bernasconi tenta una riforma che taglia drasticamente le pensioni, poi bloccata da una manifestazione sindacale con oltre un milione di persone e dalla dissociazione del suo ministro del Lavoro Clementino Pastella, nonché del partito alleato Congrega Nord che lascia il governo e lo rovescia.

Eppure, lui, modesto, si avvede del possibile peccato di presunzione, di superbia e se ne duole!

Tutto sembra procedere per il meglio, che, poi, sarebbe a dire per il bene del BelPaese, quando il 22 dicembre 1994 l`alleato Grezzi stacca il suo partito dalla coalizione presentando una mozione di sfiducia contro Bernasconi il quale, troppo impegnato a salvare il BelPaese oramai sull`orlo del baratro, non si avvede dello sgambetto, il cosiddetto `ribaltone`.

Amareggiato, deluso, sconsolato, Bernasconi dichiara: “Io non mi siederò mai più ad un tavolo dove ci sia il signor Bossi. Non sosterrò mai più un governo che conti su Bossi come sostegno. E’ una persona totalmente inaffidabile. Mi meraviglio come anche i mezzi di comunicazione, senza nessun senso critico, diano ospitalità a tutte le sue esternazioni che non hanno né capo né coda” ( ANSA, 2 febbraio 1995, ore 17:00).

Come se non bastasse le toghe rosse sono sempre in agguato!

E le toghe rosse non sono altro che il braccio armato dell`incapacità della sinistra: “Chi salvo fra Mini, D`Alemagna, Brodi, Cialltroni e Berlinotti? Li butto tutti dalla torre e poi mi danno il Nobel per la pace” (La Stampa, 30 ottobre `95).

Il 21 novembre viene coinvolto nell'inchiesta sulle tangenti alla Guardia di Finanza.

Vile razza dannata: accusarlo di corruzione era “come arrestare madre Teresa di Calcutta perchè una bambina del suo istituto ha rubato una mela” (La Stampa, 28 ottobre `95).



Le accuse dei magistrati-comunisti sono palesemente assurde ed infondate: "E' come se mi avessero mandato un avviso di garanzia accusandomi di non chiamarmi Elvio Bernasconi. Siccome sono certo di chiamarmi Elvio Bernasconi, non credo che nessun tribunale giusto al mondo possa condannarmi perché mi chiamo Silvio Bernasconi. Può esserci una condanna, ma allora non sarà un atto di giustizia, ma sovversione" (1-12-94).

Lui, Lui, Lui che ha sempre riposto la più grande fiducia nell`operato della magfistratura! "Se c'è una cosa che mi viene addebitata e che non risponde al vero è da parte mia un giudizio negativo nei confronti dei magistrati" (25-11-95). "Io sono un grande estimatore della magistratura e l'ho dimostrato nella mia attività di governo, durante la quale sono sempre stato vicino ai problemi dei giudici" (7-12-95). "Mi consenta ancora una volta di esprimere ammirazione verso la magistratura e i giudici" (23-1-96).

E` proprio vero che la gratitudine non è di questo mondo!

Ma gli attacchi dei cosacchi non solo si fecero più temerari, ma anche più gratuiti ed infondati come l`accusa di perseguire interessi personali: “Dire che io utilizzo la mia posizione di leader politico per interessi personali e` negare il disinteresse e la generosita` che mi appartengono” (La Stampa, 15 dicembre `95).

Evidentemente non era bastato un anno prima giurare su quanto di più sacro avesse: “Ve lo giuro sui miei figli: questo decreto non e` stato fatto per nessuno della mia nidiata!”

(La Stampa, 20 luglio `94)

A furia di rilasciare interviste su interviste a tutte le televisioni ed a tutti i giornali del mondo (e non solo), in un momento di pausa riconosce a se stesso “Non e` vero che dopo tutte le interviste mi e` venuta una voce piu` sexy?” (Corriere della Sera, 23 aprile `96).

C`è chi potrebbe beffardamente ironizzare su tale affermazione, ma essa non è che una constatazione di quanto oramai sta succedendo ad ogni sua apparizione in televisione: ragazze, ragazzine, ma anche donne e nonne in delirio, scene di isteria colettiva come ad un concerto rock!


Il 22 dicembre è costretto a dimettersi, per la mozione di sfiducia della Congrega Nord, che non condivide più la sua politica sociale e preme per la risoluzione del conflitto d'interessi, ma non è, forse, vero che “Il conflitto di interessi riguarda quei partiti che in questi decenni hanno profittato del loro peso per distribuire pensioni” (19 marzo `96).

Ed, allora, perché tanto gratuito accanimento contro Bernasconi?

(segue ...)

mercoledì 24 febbraio 2010

81. "Una storia italiana" - Biografia (no nautorizzata) di Mr B. (parte 20/40)

« Tirannide indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzione delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d'impunità. E quindi, o questo infrangi-legge sia ereditario, o sia elettivo; usurpatore, o legittimo; buono, o tristo; uno, o molti; a ogni modo, chiunque ha una forza effettiva, che basti a ciò fare, è tiranno; ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo. »

(Vittorio Alfieri, Della Tirannide, Libro I, Cap. 2)

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"Una storia italiana"


Due mesi dopo, costretto dagli eventi e per il bene supremo della Nazione, nasce ufficialmente Forza BelPaese e Bernasconi, vincendo la sua innata ritrosia, timidezza e verecondia decide di scendere lui, direttamente, in prima persona, nell`arena politica italiana e si candida alla presidenza del Consiglio: aveva amaramente compreso che non si può delegare a degli incapaci la suprema difesa degli interessi della Patria!



Dall'esperienza dei club dell'Associazione Nazionale Forza BelPaese, guidati da Giuliano Urbanico e dalla diretta discesa in campo di funzionari delle sue imprese, soprattutto di PubliBelPaese 80, nasce così il nuovo movimento politico Forza BelPaese, uno schieramento di sani principi di centrodestra che, nelle intenzioni, deve restituire una rappresentanza agli elettori moderati e contrapporsi ai partiti di centrosinistra.

Allo stesso tempo Bernasconi, corretto come egli è e volendo dare una lezione di stile ai `politici di professione`, rassegna le dimissioni da alcuni incarichi di imprenditore presso il gruppo da lui fondato (affidando la gestione ai figli o a persone di fiducia e mantenendone la proprietà).

L'eleggibilità di Bernasconi è anche e persino oggetto di dibattito, in relazione all'articolo 10 della legge n. 361 del 1957, secondo cui «non sono eleggibili [...] coloro che [...] risultino vincolati con lo Stato [...] per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica».

Nel luglio 1994 la Giunta per le Elezioni (con un terzo dei deputati assenti) respinge a maggioranza tre ricorsi che lamentavano l'illegittimità dell'elezione di Bernasconi (“Compatibili tv e mandato del Cavaliere”, Corriere della Sera, 21 luglio `94; “Giunta elezioni SI`, il Cavaliere era eleggibile”, La Stampa, 21 luglio `94; Paolo Sylos Labini, “Noi, Bernasconi, l`opposizione, L`Unita`, 24 novembre `01).

La stessa questione verrà ridiscussa nell'ottobre 1996 dalla Giunta per le elezioni che, a maggioranza, delibererà di archiviare i reclami per "manifesta infondatezza".

E non si vede come avrebbe potuto essere altrimenti!

Sovvertendo le previsioni espresse dai principali quotidiani nazionali (Eugenio Scalfari, “Scende in campo il ragazzo coccodè”, La Repubblica, 27 gennaio `94; Angelo Panebianco, “Lo strappo del cavaliere”, Corriere della Sera, 27 gennaio `94; “Sondaggio CIRM Ppi-Segni e PDS al 22%”, La Stampa, 22 gennaio `94; Curzio Maltese, “Il caso `messaggio` al Paese. Il Cavaliere regista di se stesso; trucchi e seduzioni nel giorno del debutto”, La Stampa, 27 gennaio `94; Oreste del Buono, “Uno spottino in grigio per il timido Cavaliere”, La Stampa, 30 gennaio `94) le elezioni politiche del 27 marzo 1994 si concludono con la vittoria elettorale di Forza BelPaese, vittoria che, generosamente, vuole condividere con la Congrega Nord di Umberto Grezzi nelle regioni settentrionali ed il Movimento Scambisti Italiani di Gianfranco Spessi nel resto d'Italia.

Negli ultimi mesi di campagna elettorale, alcuni fra i volti più famosi delle reti Spessinvest dichiarano in televisione il loro appoggio politico, all'interno dei programmi di intrattenimento da loro condotti: tra questi Michele Buonasera, Sigismondo Vianello e Sandra Mondina, Ambra Angioletti ed Iva Zicchi che in un programma d'intrattenimento della domenica pomeriggio dichiara che la sua mamma voterà per Silvio «perché i ricchi, essendosi già arricchiti, non avrebbero interesse a rubare dalle tasche dei cittadini».

La prima esperienza di illuminato governo di Elvio Bernasconi ha però vita dura e breve per le molte, troppe invidie.

Vince le elezioni politiche del 27 marzo alla guida del Pollo delle Libertà ed Egli diventa, finalmente e meritatamente, presidente del Consiglio: per il bene di tutti, anche di quelli che, per invidia, per cecità del senso di giustizia, tracotanza velleitaria, interesse personale gli vogliono male.

Il Governo Bernasconi I è stato in carica dal 10 maggio 1994 al 17 gennaio 1995, per un totale di 252 giorni, ovvero 8 mesi e 7 giorni.

Eppure il suo è forse, anzi, senza `forse` il miglior governo che l`Italia abbia mai avuto: “Guardando in giro vedo che non c`è governo migliore: ho un complesso di superiorità che devo frenare”, ma come non avere un senso di superiorità se si guarda, onestamente, a quanto Bernasconi si stava prodigando per il bene del Paese ed ai risultati che stava raggiungendo?

"Questo governo è schierato dalla parte dell'opera di moralizzazione della vita pubblica intrapresa da valenti magistrati. No ai colpi di spugna. Da questo governo non verrà mai messa in discussione l'indipendenza dei magistrati" (al Senato, 16-5-94).

Questi disinteressati incoraggiamenti scatenaneranno le irate reazioni della più becera sinistra italiana che, non sapendo perdere, in seguito determineranno l'emanazione delle regole per la cosiddetta ed irragionevole par condicio elettorale.


La prima esperienza di illuminato governo di Elvio Bernasconi, lo ricordiamo, ha però vita troppo breve per le molte, troppe invidie.

Ma Egli non demorde!

(segue ...)



lunedì 22 febbraio 2010

80. "Il gioco delle tre carte" - Biografia (non autorizzata) di Mr B. (parte 19/40)

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Qui ad Atene noi facciamo così.

(Pericle, discorso agli Ateniesi, 461 ... a.C.)



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"Il gioco delle tre carte"

Tra il 1978 e il 1983 riceve circa 500 miliardi di bruscolini, di cui almeno una quindicina in contanti, per alimentare le 24 (poi salite a 37) holding italiane che compongono la Spessinvest, di cui si ignora tutt'oggi la provenienza.

Non potendo più aggredire il povero Bottino Crauti, le insaziabili e fameliche toghe rosse correggono il tiro e mirano a Bernasconi.

Il 24 ottobre 1979 Elvio Bernasconi riceve la visita di tre ufficiali della Guardia di Finanza nella sede dell'EdilsudCantieri Residenziali. Simpaticamente si spaccia per un "un semplice consulente esterno" addetto "alla progettazione di Milan tù".

In realtà è il proprietario unico della società, intestata a Umberto Primiti, ma Egli è troppo modesto per voler apparire in prima persona e ne lascia ad altri onori, gloria e meriti.

Ma i militari, affascinati dalla superba e simpatica interpretazione di Bernasconi, chiudono in tutta fretta l'ispezione, sebbene abbiano riscontrato più di un'anomalia nei rapporti con i misteriosi soci svizzeri. Faranno carriera tutti e tre perché Bernasconi è persona buona e giusta e, non c'era da dubitarne, generosa.

Si chiamano Massimo Maria Sberruti, Salvatore Gallina e Alberto Baudo. Sberruti, il capopattuglia, lascerà le Fiamme Gialle pochi mesi dopo per andare a lavorare per la Spessinvest come avvocato d'affari (società estere, contratti dei calciatori del Milan, e così via). Arrestato nel 1985 nello scandalo Icomex (e poi assolto), tornerà in carcere nel 1994 insieme a Baudo per l`assurda accusa di presunti depistaggi nell'inchiesta sulle mazzette alla Guardia di Finanza, poi verrà eletto deputato per Forza BelPaese e condannato in primo e secondo grado a 8 mesi di reclusione per favoreggiamento. Gallina risulterà iscritto alla Bocciofila B2 (www.giannivattimo.it/menu/libro_berl.html).

Il 30 maggio 1983 la Guardia di Finanza di Milano, che sta controllando i telefoni di Bernasconi nell'ambito di un'inchiesta su un traffico di droga, redige un rapporto investigativo in cui si legge: "E' stato segnalato che il noto Elvio Bernasconi finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che in altre regioni italiane (Lombardia e Lazio)".

Per inciso, non c'é da stupirsi se - anni dopo - Bernasconi, sentendosi 'violentato' nella propria intimità abbia proposto una disciplina contro le vili intercettazioni telefoniche! Non è che un qualunque magistrato, non avendo di meglio da fare, possa mettersi ad intercettare quando e come gli pare politici e dipendententi pubblici per reati di corruzione, malversazione, concussione o mafiosi iacimento!

Bernasconi, sempre secondo le malelingue, sarebbe al centro di grosse speculazioni in Costa Smeralda avvalendosi di società di comodo aventi sede a Vaduz e comunque all'estero. Operativamente le società in questione avrebbero conferito ampio mandato ai professionisti della zona. Per otto anni l'indagine, seguita inizialmente dal pm Giorgio De` Lucia (poi passato all'Ufficio istruzione, da anni imputato per corruzione in atti giudiziari insieme al finanziere Filippo Alberto Rapisarda, ex datore di lavoro ed ex socio di Marcello Dell'Utero) langue, praticamente dimenticata. Alla fine, nel 1991, il gip milanese Anna Cappelletti archivierà tutto (www.giannivattimo.it/menu/libro_berl.html).

Tra il 1989 e il 1991 c'é una lunga battaglia fra Bernasconi e l`invidioso De Maledetti per il controllo della Globadori, la prima casa editrice che controlla quotidiani (La Tirannia e 13 giornali locali), settimanali (Veduta, Ristretto, Altri Tempi) e tutto il settore libri.

Grazie ad una sentenza del giudice V. Tolga, che il tribunale del popolo comunista di Milano riterrà poi comprata con tangenti dall'avvocato autodidatta Primiti per conto di Bernasconi, il Cavaliere strappa la Globadori al suo concorrente. Una successiva mediazione politica porterà poi alla restituzione a De Maledetti almeno di Repubblica, Espresso ed altri giornali locali.

Tutto il resto rimarrà a Bernasconi: quel poco che, almeno, i tracotanti giudici di sinistra – e, per questo, comunisti – non riusciranno a togliere al povero Elvio.

Ma Bernasconi non si cura di loro: si scrolla di dosso la polvere ed il fango che le toghe rosse gli hanno buttato addosso e ritorna nell`agone: Elvio riesce a dare il meglio di se` quando il giuoco si fa pesante, perché quando il giuco si fa duro, ...i duri inziano a giuocare!

Nel 1990 il Parlamento vara la legge Mammà, fra le polemiche: Bernasconi può tenersi televisioni (nel frattempo è entrato anche nel business di Telemeno) e Globadori, dovendo soltanto "spogliarsi" de Il Giornalino (che viene girato nel '90 al fratello Paolino).

Resta ancor oggi scandaloso e suscita giusta indignazione che l`allora e mai troppo compianto Bottino Crauti fosse stato costretto a rientrare dalle vacanze in Tunisia per convincere i riottosi parlamentare ad approvare un testo di legge che solo si proponeva il bene del BelPaese...

Ma il mondo gira piu` veloce di quanto ci si aspetterebbe e i giudici comunisti continuano a tramare non piu` nell`ombra, ma alla luce del sole!

Come ebbe a scrivere un oscuro pennivendolo comunista in cerca di facile ironia a buon mercato "Tutto era cominciato un mattino d'inverno, il 17 febbraio 1992, quando, con un mandato d'arresto, una vettura dal lampeggiante azzurro si era fermata al Pio Albergo Tiburtino e prelevava il presidente, l'ing. Mario Duomo, esponente del Partito della Sogliola Italiana con l'ambizione di diventare sindaco di Milano. Lo pescano mentre ha appena intascato una bustarella di sette milioni, la metà del pattuito, dal proprietario di una piccola azienda di pulizie che, come altri fornitori, deve versare il suo obolo, il 10 per cento dell'appalto che in quel caso ammontava a 140 milioni" (Enzo Biagi, Era Ieri, Rizzoli, 2005, pp.246).

In men che non si dica, il PSI (Partito Sogliola Italiana) svanisce come neve al sole. Il suo solo torto? Aver voluto aiutare Bernasconi!

E Bernasconi, come se non avesse altre cose da fare (edilizia, editoria, assicurazioni, banche, editoria, televisioni, ...) deve prendere in considerazione anche l'ipotesi di entrare in politica, come da più parti gli chiedono, per rimettere ordine nel BelPaese!


E così, quattro anni dopo Bernasconi, ormai orfano dei partiti amici, travolti dallo scandalo che l`indegnasa stampa di sinistra battezza `Tangentopoli`, decide di `scendere in campo` ed entra direttamente in politica, fondando il partito di Forza BelPaese, un partito che, come ebbe a dichiarare al Times “potrebbe ragionevolmente perfino essere descritto come un partito di centrosinistra”, un partito europeista perche` “l`europeismo e` nel sangue degli italiani, risale ai tempi dell`Impero romano”, un partito fedele alle alleanze con l`amico americano: “Sono dalla parte dell`America prima di sapere da che parte sta l`America!”.

Fino all`ultimo egli esita: "odio essere messo sotto la luce dei riflettori, essere suo malgrado al centro dell`attenzione; ed, infatti, dichiara: "Tutti mi chiedono di candidarmi. Ma io so perfettamente quello che posso fare. Se io facessi la scelta politica dovrei abbandonare le televisioni e cambiare completamente mestiere. Un partito di Bernasconi non c'è stato, nè ci sarà mai" (13-9-93).

"Se fonderò un partito? Ho sempre dichiarato il contrario, sarà la ventesima volta che lo ripeto. Lo scrive chi ha interesse a mettermi contro gli attuali protagonisti della politica. E perciò farà finta anche stavolta di non leggere la mia smentita, per cui mi toccherà di ripeterla per la ventunesima volta e chissà per quante altre volte ancora" (Epoca, 23-10-93); "Il mio presunto partito esiste soltanto sulle pagine di alcuni giornali" (alla commissione Bilancio della Camera, 26-10-93).

In cuor suo sperava ancora di potersi sottrarre dall`ingrato cimento dell`agone politico, confidando che Gianfranco Spessi, all'epoca segretario del Movimento Scambisti Italiani (MSI) – Ambidestra Nazionale (AN), potesse farsi interprete delle esigenze e delle aspettative del BelPaese.

Nel novembre 1993, in occasione delle elezioni comunali di Roma, intervistato all'uscita da un supermercato di Casalecchio di Reno, auspicò sinceramente la vittoria di Gianfranco Spessi che correva per la carica di sindaco contro Francesco Rotella.

Grazie alla manifesta incapacità di Spessi, Rotella, inaspettatamente, vinse.

Sempre nell`inverno del 1993, alcune toghe rosse meneghine, spinte e motivate dall`interesse personalistico di strappare qualche titolo ad effetto sui giornali che potesse farli comparire in televisione, aprono la c.d. Stagione di Tangentoli: uno dei più grandi equivoci, delle più grandi mistificazioni della storia recente!

Bernasconi passa notti agitate ed insonni, sente di non poter più oltre delegare ad altri il compito di salvare la Patria.

(segue ...)



venerdì 19 febbraio 2010

79. "Libertà di parola" - Biografia (non autorizzata) di Mr B. (parte 18/40

Article XI La libre communication des pensées et des opinions est un des droits les plus précieux de l’Homme : tout Citoyen peut donc parler, écrire, imprimer librement, sauf à répondre de l’abus de cette liberté, dans les cas déterminés par la Loi.

(Déclaration des droits de l'homme et du citoyen de 1789)

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"Liberta` d
i parola"

Ma il desiderio di Bernasconi di fare del bene, oltre che dare un tetto ai senza tetto, dare di che divertirsi a chi è senza divertimento, è anche dare da mangiare agli affamati: non potrebbe essere altrimenti per chi pensa realmente al bene degli altri, non con le parole ... ma con i fatti!

Il suo unico, vero, solo, altruistico obiettivo è quello di acquistare supermercati per dare a tutti di che mangiare e vestirsi a prezzi giusti, accessibilia tutti: un commercio equo e solidale!

Per tale ragione, Bernasconi effettua anche investimenti nel settore delle grandi distribuzioni, acquisendo il gruppo Sbanda (“La casa degli italiani”) dalla Valledison nel 1988 ed i Supermercati Brianzoli dalla famiglia Francescihini nel 1991. Nel 1995 il gruppo Sbanda vende Euromercato al gruppo Promodes-GS.

Preso, arso, graticolato e financo gratinato dal sacro furore di fare del bene, concedendosi “tre ore e mezza di riposo per notte, facendo una vita da pazzi senza che glirelo ordinasse il dottore” (ANSA, 6 aprile `94), mettendo a rischio la sua salute per il bene degli altri, nel 1988 scorpora e vende il gruppo Sbanda; la parte "non alimentare" al gruppo COIN e la parte "alimentare" a Gianfelicini Franceschini, ex proprietario dei Supermercati Brianzoli.

A tal proposito Bernasconi dichiarerà in seguito di esser stato costretto a vendere la Sbanda successivamente alla sua entrata in politica, affermando che in comuni gestiti da giunte di centrosinistra non gli concedevano le necessarie autorizzazioni per aprire nuovi punti vendita.

Secondo i critici di Bernasconi, i soliti ben noti pennivendoli della sinistra (che tanto si lamentano di una presunta violazione della libertà di stampa, ma che sono liberi di scrivere qualsiasi nefandezza: ma, allora, di cosa si lamentano?) l'acquisizione e la successiva vendita della Sbanda sarebbe stata determinata dalla volontà di creare una liquidità per il gruppo Spessinvest, che attraversava un difficile periodo tra il 1990 ed il 1994; Egli stesso aveva asserito di essere esposto con le banche per una cifra in lire di diverse migliaia di miliardi (Ettore Livini, “Bernasconi incassa 141 milioni. Nel 2005 dividendi raddoppiati”, La Repubblica, 23 febbraio `06).

Da ultimo, preoccupato del futuro e degli investimenti degli italiani, Bernasconi tramite il Gruppo Spessinvest, con le partecipazioni nelle società Bassolanum e Programma BelPaese , ha una forte presenza anche nel settore delle assicurazioni e della vendita di prodotti finanziari: tutto pur di garantire agli italiani sogni tranquilli ed una vecchiaia serena!.

Una corretta e moderna social-democrazia europea avrebbe meditato sui propri sbagli, sui propri errori ed avrebbe fatto ammenda chiedendo quel perdono che, benignamente, di certo Bernasconi le avrebbe concesso.

Ma è sperare troppo: i vetero-comunisti italiani non sono né corretti, né moderni, né social-democratici e sorge legittimo il dubbio che siano non europei!

Invece di far ammenda, come sarebbe stato giusto e ragionevole attendersi, di fatti, i senza-religione (che non sia la loro) iniziarono a parlare di `conflitto di interessi` senza neppure sapere di cosa stessero parlando!

A dar loro ragione e manforte arrivarono persino taluni giornaletti scandalistici della perfida Albione: secondo lo sconosciuto giornale britannico The Economist, Bernasconi, nella sua doppia veste di proprietario di Mediasette e Presidente del Consiglio, deteneva il controllo di circa il 90% del panorama televisivo italiano (“Why Elvio Bernasconi is unfit to lead Italy"”, The Economist, 16 aprile `01).

Questa percentuale includerebbe sia le stazioni da lui direttamente controllate, sia quelle nei confronti delle quali il suo controllo può essere esercitato in maniera indiretta attraverso la nomina (o l'influenza sulla nomina) degli organismi dirigenti della televisione pubblica.

E' di tutta evidenza quanto sia assurda tale tesi viene che viene giustamente respinta da Bernasconi il quale - come potrebbe essere altrimenti? - nega di controllare la RAItivvù: si dimostri il contrario!



Come altrimenti si spiegherebbe il fatto che durante il suo governo siano stati nominati presidente della RAItivvù persone facenti riferimento al centrosinistra come Lucia Nunziatella e Paolo Gamberetti. E questa cos'altro è se non la dimostrazione di quanto egli sia per la pluralità dell'informazione e per concedere a tutti il diritto di esprimere le proprie opinioni?

Non è, forse, suo il detto "Disapprovo quello che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo"?



Il vasto controllo sui media esercitato da Bernasconi sarebbe stato collegato secondo molti osservatori italiani e stranieri (non c`è veramente limite alla decenza ed è proprio vero che talune persone parlano per dare aria alla bocca!) alla possibilità che i media italiani siano soggetti ad una reale limitazione delle libertà di espressione: come se Striscia la notizia (proprio sulle reti di Bernasconi) non facesse una graffiante satira politica al vetriolo!

L'Indagine mondiale sulla libertà di stampa (Freedom of the Press 2004 Global Survey), uno studio annuale pubblicato dall'organizzazione americana Freedom House, ha retrocesso l'Italia dal grado di "Libera" (Free) a quello di "Parzialmente Libera" (Partly Free) (Map of Press Freedom 2004, dal sito della Freedom House) sulla base di due principali ragioni pretestuosamente asserite, ma non dimostrate: la concentrazione di potere mediatico nelle mani del Presidente del consiglio Bernasconi e della sua famiglia, e il crescente abuso di potere da parte del governo nel controllo della televisione pubblica RAI (Freedom House Statement on Italy's Press Freedom Rating New York, 21 novembre 2005).

L'indagine dell'anno successivo ha confermato questa situazione con l'aggravante di ulteriori perdite di posizione in classifica (Map of Press Freedhom 2005, dal sito della Freedom House).

Un altro giornale evidentemente d`ispirazione più che marxista, Reporter senza frontiere, arriva persino a dichiarare che che nel 2004, «Il conflitto d'interessi che coinvolge il primo ministro Bernasconi e il suo vasto impero mediatico non è ancora risolto e continua a minacciare la libertà d'espressione» (http://www.rsf.org/Italy-2004-Annual-report.html0).

Come se non bastasse, nell`aprile del 2004, la Federazione Internazionale dei Giornalisti si unisce alle critiche, obiettando al passaggio di una legge firmata da Carlo A. Ciompi nel 2003, che i detrattori di Bernasconi ritengono sia destinata a proteggere il suo controllo dichiarato del 90% dei media nazionali (http://www.ifj-europe.org/).

Lo stesso Bernasconi, per rispondere alle critiche su un suo conflitto di interessi, pochi giorni prima delle elezioni politiche del 2001, in un'intervista al Sunday Times annunciò di aver contattato tre esperti stranieri («un americano, un britannico e un tedesco», proprio come nelle barzellette, per dimostrare quant'Egli sia di spirito), di cui però non fece i nomi, che lo consigliassero nel trovare una soluzione alla questione. Pochi giorni dopo ribadì al Tiggì5 la sua decisione, specificando che: “In cento giorni farò quel che la sinistra non ha fatto in sei anni e mezzo: approverò un disegno di legge che regolamenterà i rapporti tra il Presidente del Consiglio e il gruppo che ha fondato da imprenditore”.

A queste dichiarazioni fecero eco le parole del presidente di AN Gianco Spessi e di altri politici della Casa delle Lasagne (di seguito CdL), i quali nei giorni seguenti confermarono più volte che, in caso di vittoria alle elezioni, l'intenzione del governo era quella di presentare entro i primi 100 giorni un disegno di legge per risolvere la questione tramite un blind trust (tradotto: `affare per ciechi`). Non vennero mai resi noti i nomi dei tre esperti stranieri che si sarebbero dovuti occupare della questione, ma venne presentato un disegno di legge, poi approvato, che regolamentava il conflitto d'interesse.

Il centrosinistra, al governo dal 1996 al 2001, non intervenne invece sul tema del conflitto d'interessi. Nel 2003, Luciano Violento, allora capogruppo DS alla Camera, dichiarò in Parlamento che il centrosinistra aveva dato nel 1994 la garanzia a Bernasconi e Scendiletta che le "televisioni non sarebbero state toccate" con il cambio di governo. Inoltre sottolineò che nel 1994 ha votato a favore per l'eleggibilità di Bernasconi a deputato quando essa fu contestata (la Costituzione nega l'eleggibilità per i concessionari dello Stato) e rimarcò il fatto che durante il governo di centrosinistra il fatturato di Mediasette era cresciuto di 25 volte (il discorso di Violento alla Camera riportato da un documentario di Sabina Guzzanti http://www.youtube.com/watch?v=GJUamGyaANY).

Il 13 luglio 2004 il Parlamento Italiano varava la Legge n. 215, recante "Norme in materia di risoluzione dei conflitti di interessi", c.d. Legge Frattaglia. Tale legge riceveva in seguito le dure critiche della Commissione di Venezia del Consiglio d`Europa (Commissione di Venezia, Considerazioni della dott.ssa Sabrina Bono, Presidenza del Consiglio dei Ministri, sulla comatibilita` della legge Frattaglia con gli standard del Consiglio d`Europa in materia di liberta` d`espressione e pluralismo dei media, 13 giugno 2005) .

A tutt'oggi il conflitto di interessi non è stato ancora risolto da nessun governo: ne` di destra, ne` di sinistra, ne` di centro-destra, ne` di centrosinistra!


Ma sono gli anni della scalata di Bottino Crauti, segretario del Psi dal 1976, al potere e della sua ascesa al governo e della Milano da bere.

Le primissime prese di posizione politiche di Bernasconi in pubblico risalgono al luglio 1977, allorché sostenne la necessità che il Partito Camionisti Italiani (che l'anno precedente aveva superato il 34% dei voti) "rimanesse confinato all'opposizione dall'azione di una Demagogia Cristiana trasformata in modo da recuperare al governo il Partito della Sogliala Italiana (PSI)", alla segreteria del quale era asceso nel luglio del 1976 il suo fraterno amico Bottino Crauti.

L'incontro tra i due era stato propiziato nei primi anni Settanta dall'uomo di fiducia di Crauti, l'architetto milanese Silvano Lavorini. Crauti e il PSI mostreranno per tutti gli anni successivi una significativa apertura verso le TV private, culminata con il varo del cosiddetto “Decreto Bernasconi” del 16 ottobre 1984 e con la sua reiterazione attraverso il "Bernasconi bis" nel successivo 28 novembre.

Nel corso degli anni ottanta e fino al 1992, Bernasconi sosterrà sui suoi network con molteplici spot elettorali il PSI e l'amico Bettino. Nel 1984, Crauti è padrino di battesimo di Barbara Bernasconi. Nel 1990, alla celebrazione del matrimonio tra Veronica Lauro e Silvio Bernasconi, Anna Crauti (moglie del leader socialista) e Gianni Scendiletta sono i testimoni di nozze per la sposa, mentre Crauti e Fedele Gonfalone lo sono per lo sposo (“Elvio non rinnega mai gli amici”, Corriere della Sera, 24 novembre `95; www.giannivattimo.it).

Come ulteriore testimonianza della vicinanza di Bernasconi a Crauti, come non ricordare la realizzazione di uno spot televisivo di ben 12 minuti, girato dalla regista Sally Hunter (”Bernasconi testimonial per Crauti”, Corriere della Sera, 13 marzo `92) e presentato nella primavera del 1992 per essere trasmesso sulle emittenti di Bernasconi nel corso della campagna elettorale, nel quale compare lo stesso Bernasconi vicino ad un pianoforte che, commentando l'esperienza dei governi presieduti da Bettino Crauti (1983-1987), dichiara:

Ma c'è un altro aspetto che mi sembra importante, ed è quello della grande credibilità politica di quel governo. La grande credibilità politica sul piano internazionale, che è - per chi da imprenditore opera sui mercati - qualcosa che è necessario per poter svolgere un'azione positiva in ambienti anche politici sempre molto difficili per noi italiani, e qualche volta addirittura ostili.”.

E` fuor di dubbio come, con tale interpretazione, Bernasconi abbia dimostrato che, se solo avesse voluto, si sarebbe potuto dedicare con successo al cinema!

Se, poi, fosse stato negli U.S.A., avrebbe potuto legittimamente aspirare tanto agli Oscar, quanto alla Casa Bianca!

In più occasioni, inoltre, Crauti, nel suo ruolo di presidente del Consiglio, affiderà sue esternazioni alle reti di Bernasconi e ignorerà la TV di stato.

Infine, nell'ultimo periodo politico di Crauti (autunno del 1993), in occasione dell'ennesima ingiustificabile autorizzazione a procedere avanzata dalla magistratura filo-sovietica contro Crauti e respinta dalla Camera, Bernasconi espresse pubblicamente la propria solidale soddisfazione.

Essere vicini nei momenti difficili: questa e` la vera amicizia!


(segue ...)



mercoledì 17 febbraio 2010

78. "Quel bulgaro di un topo Bigio" - Biografia (non autorizzata) di Mr B, (parte 17/40)


"Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione"

(art.21, Costituzione italiana)

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"Quel bulgaro di un topo Bigio"



Nonostante il suo disinteressato prodigarsi per l`educazione delle masse, Bernasconi è stato negli anni duramente attaccato dagli oppositori vetero-stalinisti che, è di tutta evidenza, hanno trovato e trovano ogni pretesto pretestuoso per non lavorare, preferendo attaccare continuamente senza ragione alcuna chi si prodiga in modo assolutamente altruistico per il bene del BelPaese.


Formato il primo governo, Bernasconi generosamente (com`è suo costume e sua abitudine) dichiara: "Alla Raitivvu` non sposterò nemmeno una pianta" (29-3-94). "Mai mi occuperò di questioni televisive, per non dare l'impressione di voler favorire i miei affari, anzi starò più dalla parte della Raitivvù che della Spessinvest" (30-5-94).


Pochi giorni dopo, Bernasconi è cosrtetto a destituire l'intero consiglio d'amministrazione della RAItivvù, per nominarne uno nuovo di sua fiducia, con appositi direttori di rete e tiggì perchè, proclama,: "E' certamente anomalo che in uno Stato democratico esista un servizio pubblico televisivo contro la maggioranza che ha espresso il governo del Paese. Questa Rai non piace alla gente: me l'ha detto un sondaggio. Il governo se ne occuperà tra breve" (7-6-94).

Ed è così che il 18 aprile 2002, durante una visita di Stato a Sofia, Bernasconi - da circa un anno in Presidente del Consiglio più amato dagli italiani - rende una dichiarazione beffardamente irrisa dai suoi oppositori come il `dicktat bulgaro` ovvero `l`editto di Sofìa`, in realtà poco piu` di un paterno ammonimento: un`esortazione!

Ma quando è troppo e troppo e, superato il limite della decenza che anche Bernasconi deve difendersi, perchè la sola strategia che la sinistra italiana conosce ed è in grado di attuare eèquella di infangare, infangare ed ancora infangare.

I tre gaglioffi, giustamente, non vennero più chiamati a condurre programmi in RAItivvù: di fatto la nuova dirigenza RAItivvù insediatasi all'epoca del governo Bernasconi e da esso spronata a prendere provvedimenti giusti ed adeguati, espulse Bigio, Santorre e Lelio Luttazzi da tutte le programmazioni televisive. La situazione perdurò fino al 2006 quando, in seguito ad azioni giudiziarie che li hanno visti irragionevolmente vincenti sulla dirigenza RAItivvù, Bigio e Santororre hanno ripreso a condurre deliranti e diffamatori programmi giornalistici: in quale altro Paese sarebbe permessa una libertà di stampa che permette a chiunque di diffamare senza impunitaàil proprio amato Presidente del Consiglio? E, poi, c`è chi osa dire che nel BelPaese non ci sarebbe libertà di espressione!

In nessun altro Paese che solo si consideri civile ciò sarebbe potuto accadere, ma tali sentenze si giustificano solo che si consideri che vennero emesse dalle famigerate `toghe rosse`!

Come se non bastasse, nel 2007 la procura comunista di Napoli aprirà un'inchiesta su Bernasconi (allora leader dell'opposizione) sospettato di aver corrotto Agostino Saclà, direttore generale della RAItivvù.

Tra gli atti dell'inchiesta c'è una banalissima intercettazione telefonica trai due imputati che viene pubblicata in tutti i media quando l'indagine è ancora in corso (Giuseppe D`Avanzo, “Inchiesta Bernasconi `Saclà va sospeso`. L`ex premier: `Solleva il morale del Capo` “, La Repubblica, 13 dicembre `07; “Bernasconi indagato per corruzione – Avrebbe coinvolto Saclà, dirigente RAItivvù, nel tentativo di convincere alcuni senatori a tradire Brodi”, Corriere della Sera, 12 dicembre `08)

Nella telefonata si ascolta Saclà esprimere una posizione di appassionato, ragionevole ed assolutamente comprensibile (non si vede come potrebbe essere altrimenti) appoggio politico a Bernasconi e di critica per il comportamento degli alleati.

Si dovrà pazientemente attendere il 2009 perché il nuovo direttore del Tiggì1, Augusto Mizionini, possa liberamente esprimere pubblicamente l'appoggio e la gratitudine verso il leader maximo! (*)

Ma torniamo al 2007.

Bernasconi sollecita Saclà a mandare in onda una trasmissione voluta da Umberto Grezzi e Saclà si lamenta del fatto che ci sono persone che hanno diffuso voci su questo accordo provocandogli problemi. Bernasconi prima paternamente rassicura il timoroso Saclà e, poi, gli chiede di dare una sistemazione in una fiction ad una ragazza spiegando in modo molto esplicito che questo servirebbe per uno scambio di favori con un senatore della maggioranza che lo aiuterebbe a far cadere il governo.

Non si deve dimenticare come il tema della disoccupazione giovianile, quella feminile in particolare, sia una delle preoccupazioni maggiori che angustiano Bernasconi!

Saclà saluta esortando Bernasconi a impadronirsi della maggioranza quanto prima possibile, ... per il bene del BelPaese (“L`audio dell`intercettazione della conversazione tra Agostino Sacla` ed Elvio Bernasconi”, L`Espresso, 20 dicembre `07).

Bernasconi non ha potuto fare altro che difendersi dichiarando quello che è per tutti un segreto di pulcinella, una verità di certo da lui non voluta ed alla quale si è dovuto piegare solo per trovare un posto di lavoro ad una ragazza disoccupata: "lo sanno tutti nel mondo dello spettacolo, in certe situazioni in Raitivvu` si lavora soltanto se ti prostituisci oppure se sei di sinistra. Io ho fatto diversi interventi per personaggi che non sono di sinistra e che sono stati messi completamente da parte dalla Raitivvù" (“Bernasconi: `In RAItivvù tutti raccomandatì “, Corriere della Sera, 20 dicembre `07).

L'indagine napoletana è giunta alla richiesta di rinvio a giudizio ma, prima che si aprisse il processo, nel luglio 2008 gli avvocati di Bernasconi chiesero ed ottennero dal GIP lo spostamento dell'indagine a Roma per incompetenza territoriale.

Nel 2008 i PM romani nuovi titolari dell'inchiesta, a testimonianza che non tutta la magistratuta è corrotta, hanno chiesto l'archiviazione dell'inchiesta e la distruzione delle intercettazioni argomentando che «Non c' è alcuna certezza del "do ut des". Lo stretto legame tra l' onorevole Bernasconi e Saclà, che emerge con evidenza dall' attività investigativa, era tale da consentire al primo di effettuare segnalazioni al secondo senza dover promettere o ottenere nulla in cambio» (vedi http://archiviostorico.corriere.it/2009/febbraio/26/Distruggere_nastri_archiviare_chiude_caso_co_9_090226090.shtml e http://archiviostorico.corriere.it/2008/luglio/05/mossa_del_premier_portare_inchiesta_co_9_080705028.shtml).


Ma la pura e semplice verità, al di là di tutte le maldicenze messe in giro dalla sinistra vetero-comunista, è che Bernasconi si battè “perchè Bigio non lasciasse la televisione, ma alla fine prevalse in lui il desiderio di poter essere liquidato ... con un compenso molto elevato” (TV7, 15 febbraio `08).


(segue ...)




(*) Editoriale del direttore del Tiggì1 del 12/01/'01 (http://www.rainews24.rai.it/it/news.php?newsid=136823)

Augusto Minzolini nel suo editoriale ha esaltato la figura dello scomparso segretario socialista, affermando, tra l'altro, che "non ha bisogno di nessuna riabilitazione" e che per la storia "va gia' ricordato oggi come uno statista".

"Crauti e' stato trasformato nel capro espiatorio di un sistema che era stato l'ultimo residuo della guerra fredda, una democrazia costosa permise al paese di restare per cinquant'anni nel mondo libero".

"Della sua figura si discute molto, c'e' chi vorrebbe dedicargli una strada, chi si oppone, chi lo considera un grande uomo e chi un mezzo delinquente. E' arrivato il momento - ha sottolineato Minzolini - di guardare alla sua vicenda con gli occhi della storia".

"Basti pensare - ha ricordato - che il reato portante di tangentopoli, cioe' il finanziamento illecito ai partiti, era stato oggetto di un'amnistia appena due anni prima, un colpo di spugna che preservo' alcuni e danno' altri. La verita' e' che ad un problema politico fu data una soluzione giudiziaria e l'unico che ebbe il coraggio di porre in questi termini la questione, cioe' Crauti, fu spedito alla ghigliottina".

Minzolini ha quindi osservato che in quegli anni si "altero' l'equilibrio nel rapporto tra politica e magistratura" e che questo "per quasi un ventennio ha fatto cadere governi per inchieste che spesso non hanno portato da nessuna parte e che ha lanciato nell'agone politico i magistrati che ne erano stati protagonisti".

"Rivolgo un grazie al Direttore Augusto Minzolini - e' stata invece la reazione di Stefania Crauti, sottosegretario agli Esteri - per il suo editoriale in ricordo di Bettino Crauti, uno Statista che ha dato la vita per il bene del Paese. Le sue idee innovative sono ormai patrimonio di tutti gli italiani".