20 dicembre 2009
Titolo di prima pagina del Corriere della Sera: “Bernasconi: 'Io andrò avanti e gli avversari vanno rispettatì ' “ (Corriere della Sera, 21 dicembre `09).
La voce è chiara, ma le parole sembrano arrivare lentamente e da lontano, molto lontano. Sembra che il cavaliere faccia ancora fatica a scandire le parole.
E' il suo primo intervento dal giorno della vile aggressione, in collegamento telefonico con una manifestazione a Verona, in piazza Bra, organizzata da Aldo Branchier, cui partecipano decine di sindaci del circondario e qualche centinaia di migliaia di bravi cittadini arrivati dalle più lontane contrade, dalle innevate vallate affrontando neve, vento e bufera con le loro simpatiche, scanzonate, gioiose forche, cappi e moschetti pronti al giuco che dovrebbe chiudere il gagliardo raduno: “La caccia al terun, al comunista ed al negher”.
A questi gagliardi simpatizzanti il leader maximo e supremo fa un breve discorso e ritorna sulle ragioni che possono aver indotto una persona poco equilibrata ad attentare contro di lui.
“Credo che a tutti sia chiaro che se di un Presidente del Consiglio si dice che è un corruttore di minorenni, un corruttore di testimoni, uno che uccide la libertà di stampa, che è un mafioso o … addirittura, uno stragista, un tiranno, beh, è chiaro che in qualche mente labile – e, purtroppo, ce ne sono in giro parecchie – possa sorgere il convincimento che essere tirannicidi vuol dire essere eroi nazionali e fare il bene della propria patria e dei propri concittadini e, quindi, acquisire una gloria ed un merito importanti” (ibidem).
Ma il Capo del governo, proprio quando tutti si aspettano la chiamata alle armi per la simpatica caccia di cui sopra (punteggio triplo se si colpisce un comunista che sia anche terun e negher) allarga, del tutto inaspettatamente, il ragionamento ricavando dall'episodio un 'insegnamento.
“Quanto avvenuto – dice Bernasconi – deve avvisarci del fatto di come sia davvero pericoloso guardare gli altri con sentimenti che non siano di rispetto e di solidarietà!” (ibidem)..
Tra la folla inizia a sepreggiare un sommesso brusio, un misto di incredulità e financo perplessità per le parole di Bernasconi ritmate da un gaio battere di denti per il gran freddo.
“Quindi – prosegue Bernasconi – da quest'ultima esperienza dobbiamo essere ancora più convinti di quanto abbiamo predicato sinora e, cioè, che è giusto il nostro modo di considerare gli avversari come persone che pensano in modo diverso, … ma che hanno il diritto di dire ciò che pensano” (ibidem).
Tra i presenti in piazza il brusio diventa un corposo rumoreggiare, mentre qualcuno si domanda “Macheminchiastadicendo?” ed altri ammette “Devo aver bevuto troppo: non è possibile che abbia sentito quello che credo di aver sentito” ed altri ancora “Considera 'persone' anche i comunisti, i negher e forse anche i terun?”.
Ma Bernasconi continua: “E che noi dobbiamo difenderli per far sì che lo possano dire e che non sono nemici o persone da combattere in ogni modo, ma … persone da rispettare” (ibidem)..
Tra i presenti c'e` anche Caldarrosta che sbotta: “Ma ... non è che gli abbiamo dato una botta in testa un pò troppo forte?”.
Tra i fiocchi di neve che candidamente scendono dal grigio cielo stellato, la voce di Bernasconi continua: “Lo facciamo noi con gli altri, mi piacerebbe che lo facessero gli altri nei nostri confronti” (ibidem)..
Rivolto ancora ai simpatizzanti in piazza che immagina di avere di fronte a sè, Bernasconi lancia, con voce ispirata, un messaggio di speranza rivolto al futuro: “Andrò avanti per il bene del BelPaese. Manifestazioni di solidarietà nei miei confronti mi danno un'ulteriore spinta ad andare avanti ed a sostenere il nostro impegno per il BelPaese. Sono commosso e ringrazio Verona che, per prima, ha voluto organizzare una manifestazione di solidarietà” (ibidem)..
Dopo una breve pausa di riflessione rigata dalle lacrime del premier che scivolano sulle guance miracolosamente cicatrizzate al loro passaggio, Bernasconi, invitando quanti lo ascoltano a prendersi per mano, riprende: “L'Ammmore vince sempre sull'invidia e sull'odio!” (ibidem)..
Aggiungendo che nel giro di pochi giorni questo sarebbe diventato lo slogan per le elezioni di primavera, Egli aggiunge: “Questo è il messaggio che dobbiamo portare al BelPaese!” (ibidem)..
E, concludendo. “Adesso tornerete nelle vostre case e vedrete qualche lagrima sul viso dei vostri bambini: date loro una carezza e dite loro `Questa è la carezza di Papi, del Presidente del Consiglio!` ... e, sotto l'albero di Natale, …. regalate una tessera del PdL (ibidem), cribbio!”.
La manifestazione si conclude tra lo sbigottimento generale con le note della canzone che ha fatto innamorare migliaia, milioni di italiani “Meno male che Elvio c'é!” (ibidem).
Tra i presenti che si allontanano alla fine del raduno regna una profonda perplessità ed un grande silenzio.
Palesemente irritanto e confuso, Caldarrosta conclude "L'avevo detto io che il Dell'Utero gliel'ha fatta dare un po' troppo forte quella botta in testa a Milano!" e Marroni, sospirando, rassegnato gli risponde "Temo proprio che, stavolta, tu abbia ragione! Non ci resta che sperare ...".
Neppure Caldarrosta avrebbe sperato che le sue preghiere sarebbero state, almeno in parte, esaudite quando, l'8 gennaio 2010, la cronaca registrava a Rosarno (che simpaticamente i padani definivano come territorio della Calabria Saudita) scontri tra immigrati ed indigeni, ovvero "negher contro terun".
Titolo di prima pagina del Corriere della Sera: “Bernasconi: 'Io andrò avanti e gli avversari vanno rispettatì ' “ (Corriere della Sera, 21 dicembre `09).
La voce è chiara, ma le parole sembrano arrivare lentamente e da lontano, molto lontano. Sembra che il cavaliere faccia ancora fatica a scandire le parole.
E' il suo primo intervento dal giorno della vile aggressione, in collegamento telefonico con una manifestazione a Verona, in piazza Bra, organizzata da Aldo Branchier, cui partecipano decine di sindaci del circondario e qualche centinaia di migliaia di bravi cittadini arrivati dalle più lontane contrade, dalle innevate vallate affrontando neve, vento e bufera con le loro simpatiche, scanzonate, gioiose forche, cappi e moschetti pronti al giuco che dovrebbe chiudere il gagliardo raduno: “La caccia al terun, al comunista ed al negher”.
A questi gagliardi simpatizzanti il leader maximo e supremo fa un breve discorso e ritorna sulle ragioni che possono aver indotto una persona poco equilibrata ad attentare contro di lui.
“Credo che a tutti sia chiaro che se di un Presidente del Consiglio si dice che è un corruttore di minorenni, un corruttore di testimoni, uno che uccide la libertà di stampa, che è un mafioso o … addirittura, uno stragista, un tiranno, beh, è chiaro che in qualche mente labile – e, purtroppo, ce ne sono in giro parecchie – possa sorgere il convincimento che essere tirannicidi vuol dire essere eroi nazionali e fare il bene della propria patria e dei propri concittadini e, quindi, acquisire una gloria ed un merito importanti” (ibidem).
Ma il Capo del governo, proprio quando tutti si aspettano la chiamata alle armi per la simpatica caccia di cui sopra (punteggio triplo se si colpisce un comunista che sia anche terun e negher) allarga, del tutto inaspettatamente, il ragionamento ricavando dall'episodio un 'insegnamento.
“Quanto avvenuto – dice Bernasconi – deve avvisarci del fatto di come sia davvero pericoloso guardare gli altri con sentimenti che non siano di rispetto e di solidarietà!” (ibidem)..
Tra la folla inizia a sepreggiare un sommesso brusio, un misto di incredulità e financo perplessità per le parole di Bernasconi ritmate da un gaio battere di denti per il gran freddo.
“Quindi – prosegue Bernasconi – da quest'ultima esperienza dobbiamo essere ancora più convinti di quanto abbiamo predicato sinora e, cioè, che è giusto il nostro modo di considerare gli avversari come persone che pensano in modo diverso, … ma che hanno il diritto di dire ciò che pensano” (ibidem).
Tra i presenti in piazza il brusio diventa un corposo rumoreggiare, mentre qualcuno si domanda “Macheminchiastadicendo?” ed altri ammette “Devo aver bevuto troppo: non è possibile che abbia sentito quello che credo di aver sentito” ed altri ancora “Considera 'persone' anche i comunisti, i negher e forse anche i terun?”.
Ma Bernasconi continua: “E che noi dobbiamo difenderli per far sì che lo possano dire e che non sono nemici o persone da combattere in ogni modo, ma … persone da rispettare” (ibidem)..
Tra i presenti c'e` anche Caldarrosta che sbotta: “Ma ... non è che gli abbiamo dato una botta in testa un pò troppo forte?”.
Tra i fiocchi di neve che candidamente scendono dal grigio cielo stellato, la voce di Bernasconi continua: “Lo facciamo noi con gli altri, mi piacerebbe che lo facessero gli altri nei nostri confronti” (ibidem)..
Rivolto ancora ai simpatizzanti in piazza che immagina di avere di fronte a sè, Bernasconi lancia, con voce ispirata, un messaggio di speranza rivolto al futuro: “Andrò avanti per il bene del BelPaese. Manifestazioni di solidarietà nei miei confronti mi danno un'ulteriore spinta ad andare avanti ed a sostenere il nostro impegno per il BelPaese. Sono commosso e ringrazio Verona che, per prima, ha voluto organizzare una manifestazione di solidarietà” (ibidem)..
Dopo una breve pausa di riflessione rigata dalle lacrime del premier che scivolano sulle guance miracolosamente cicatrizzate al loro passaggio, Bernasconi, invitando quanti lo ascoltano a prendersi per mano, riprende: “L'Ammmore vince sempre sull'invidia e sull'odio!” (ibidem)..
Aggiungendo che nel giro di pochi giorni questo sarebbe diventato lo slogan per le elezioni di primavera, Egli aggiunge: “Questo è il messaggio che dobbiamo portare al BelPaese!” (ibidem)..
E, concludendo. “Adesso tornerete nelle vostre case e vedrete qualche lagrima sul viso dei vostri bambini: date loro una carezza e dite loro `Questa è la carezza di Papi, del Presidente del Consiglio!` ... e, sotto l'albero di Natale, …. regalate una tessera del PdL (ibidem), cribbio!”.
La manifestazione si conclude tra lo sbigottimento generale con le note della canzone che ha fatto innamorare migliaia, milioni di italiani “Meno male che Elvio c'é!” (ibidem).
Tra i presenti che si allontanano alla fine del raduno regna una profonda perplessità ed un grande silenzio.
Palesemente irritanto e confuso, Caldarrosta conclude "L'avevo detto io che il Dell'Utero gliel'ha fatta dare un po' troppo forte quella botta in testa a Milano!" e Marroni, sospirando, rassegnato gli risponde "Temo proprio che, stavolta, tu abbia ragione! Non ci resta che sperare ...".
Neppure Caldarrosta avrebbe sperato che le sue preghiere sarebbero state, almeno in parte, esaudite quando, l'8 gennaio 2010, la cronaca registrava a Rosarno (che simpaticamente i padani definivano come territorio della Calabria Saudita) scontri tra immigrati ed indigeni, ovvero "negher contro terun".
Nessun commento:
Posta un commento