Cortigiani, vil razza dannata,
per qual prezzo vendeste il mio bene?
A voi nulla per l'oro sconviene!...
(Rigoletto, atto II, scena IV)
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"Giudici, vil razza dannata"
In 7 mesi di vita, il governo Bernasconi metterà - a buon diritto - quotidianamente in discussione l'indipendenza dei giudici e approverà in tutta fretta il "colpo di spugna" del ministro Guardasigarette Buondì, detto anche "decreto salvaladri", che vieta l'arresto per i reati di corruzione, concussione, finanziamento illecito e falso in bilancio.
"La magistratura politicizzata, nel 1992-'93, ha cancellato cinque partiti dalla vita pubblica, risparmiando i comunisti per portarli al potere".
A parte il fatto che, a Milano, il pool Mani Pulite arrestò e inquisì quasi l'intero vertice del Pci-Pds (rispettivamente Partito dei Camionisti Italiani e Partito degli Scambisti), esattamente come quelli dei partiti moderati, va detto che le prime elezioni dopo Tangentopoli non le vinsero le sinistre.
Le vinse Bernasconi, occupando lo spazio lasciato libero dal pentapartito che si era sciolto per mancanza di voti dopo lo scandalo.
Il 24 gennaio 1994, al momento della sua discesa in campo, il Cavaliere elogiò il pool di Milano per avere scoperchiato lo scandalo di Tangentopoli: "La vecchia classe politica è stata travolta dai fatti e superata dai tempi [...]. L'autoaffondamento dei vecchi governanti, schiacciati dal peso del debito pubblico e del finanziamento illegale dei partiti, lascia il paese impreparato e incerto...".
E il 6 febbraio rincarò la dose: "Basta con i ladri di Stato, noi siamo per una politica nuova, diversa, pulita. Siamo l'Italia che lavora contro l'Italia che ruba".
Subito dopo tentò di avere nel suo governo i due simboli del pool di Mani Pulite: Antonio Di Pietrisco al ministero dell'Interno e Piercamillo D`Amigo alla Giustizia.
I due, però, rifiutarono. Ma evidentemente, all'epoca, essi non erano ancora "toghe rosse", giacchétali Egli non li considerava.
Ritirate le chiavi di Palazzo Chigi, le dichiarazioni di Bernasconi sono sinceramente lungimiranti: "Vi assicuro che non ci sarà il condono edilizio" (30-5-94); "Nel Consiglio dei ministri o altrove non ho mai pronunciato la parola 'condono'. Sono i giornali che vogliono farci apparire come gli altri governi" (23-6-94). Un mese dopo, tuttavia, sarà suo malgrado costretto a varare il condono edilizio, e subito dopo quello fiscale.
Vuole, comunque, subito rassicurare i Soloni della sinistra che sbandierano il solito ingiustificato sospetto che Egli sia sceso in campo per suo interesse: "Ho dato incarico ai miei manager di avviare le dismissioni delle mie proprietà" (23-3-94), perchè "Ho sempre riconosciuto che c'era un'anomalia da sanare... Sono il primo a proporre una soluzione di separazione drastica tra l'esercizio dei doveri di governo e l'esercizio dei diritti proprietari" (2-8-94).
Quale la soluzione che propone? Semplice: "Le mie aziende o le congelo o le vendo. Voglio assolutamente dividere i miei interessi privati che ho come azionista Fininvest dalla mia attività pubblica che svolgerò nell'interesse di tutti. Credo che quella del blind trust americano sia la soluzione ideale" (11-4-94).
La soluzione che suggerisce è assolutamente condivisibile: "Oggi vi annuncio che ho deciso di vendere le mie aziende, perché credo che qualcuno, quando si prende un impegno e dentro questo impegno ci sono certe condizioni che sono ostative allo svolgimento globale dell'impegno, deve avere anche il coraggio di sacrificarsi... Non sarà facile trovare un compratore, ma andremo in Borsa con la televisione e terrò una quota assolutamente non di maggioranza" (23-11-94).
Ed è Lui a prendere l`iniziativa, perchè Bernasconi non è per la politica delle parole, ma per la politica dei fatti: "Da novembre ho dato mandato irrevocabile alla Fininvest di vendere le tv" (18-3-95). "Venderò le tv ad imprenditori internazionali" (Il Giornale, 1-4-95).
Quindi si concede scadenze immediate: "Il conflitto d'interessi sarà risolto nei primi cento giorni del mio governo" (5-5-2001).
Ad oggi, per il continuo ostruzionismo dell`opposizione (non vi sarebbe altra ragione), Bernasconi, suo malgrado, non ha risolto il conflitto d'interessi né tantomeno ha ceduto alcuna delle sue aziende.
Anzi, il 21 dicembre 2001, comunica agli italiani che "il conflitto d'interessi esiste solo nel senso che le mie aziende ci hanno rimesso da quando sono entrato in politica al servizio del Paese".
E il 7 maggio 2003, ancora più esplicito: "Il conflitto d'interessi è una scusa. Tutti vedono bene che non c'è nessun conflitto d'interessi. Anzi, io non posso fare che cose sfavorevoli al mio gruppo. Non c'è stata una sola decisione assunta da questa maggioranza e da questo governo che abbia portato cose a mio favore. Da quando sono sceso in politica, il mio gruppo ha subìto soltanto danni enormi".
"Le nonne, le mamme e le zie d'Italia stiano tranquille: non sarà toccata una lira delle pensioni attuali" (10-9-94). Poco dopo Bernasconi tenta una riforma che taglia drasticamente le pensioni, poi bloccata da una manifestazione sindacale con oltre un milione di persone e dalla dissociazione del suo ministro del Lavoro Clementino Pastella, nonché del partito alleato Congrega Nord che lascia il governo e lo rovescia.
Eppure, lui, modesto, si avvede del possibile peccato di presunzione, di superbia e se ne duole!
Tutto sembra procedere per il meglio, che, poi, sarebbe a dire per il bene del BelPaese, quando il 22 dicembre 1994 l`alleato Grezzi stacca il suo partito dalla coalizione presentando una mozione di sfiducia contro Bernasconi il quale, troppo impegnato a salvare il BelPaese oramai sull`orlo del baratro, non si avvede dello sgambetto, il cosiddetto `ribaltone`.
Amareggiato, deluso, sconsolato, Bernasconi dichiara: “Io non mi siederò mai più ad un tavolo dove ci sia il signor Bossi. Non sosterrò mai più un governo che conti su Bossi come sostegno. E’ una persona totalmente inaffidabile. Mi meraviglio come anche i mezzi di comunicazione, senza nessun senso critico, diano ospitalità a tutte le sue esternazioni che non hanno né capo né coda” ( ANSA, 2 febbraio 1995, ore 17:00).
Come se non bastasse le toghe rosse sono sempre in agguato!
E le toghe rosse non sono altro che il braccio armato dell`incapacità della sinistra: “Chi salvo fra Mini, D`Alemagna, Brodi, Cialltroni e Berlinotti? Li butto tutti dalla torre e poi mi danno il Nobel per la pace” (La Stampa, 30 ottobre `95).
Il 21 novembre viene coinvolto nell'inchiesta sulle tangenti alla Guardia di Finanza.
Vile razza dannata: accusarlo di corruzione era “come arrestare madre Teresa di Calcutta perchè una bambina del suo istituto ha rubato una mela” (La Stampa, 28 ottobre `95).
Le accuse dei magistrati-comunisti sono palesemente assurde ed infondate: "E' come se mi avessero mandato un avviso di garanzia accusandomi di non chiamarmi Elvio Bernasconi. Siccome sono certo di chiamarmi Elvio Bernasconi, non credo che nessun tribunale giusto al mondo possa condannarmi perché mi chiamo Silvio Bernasconi. Può esserci una condanna, ma allora non sarà un atto di giustizia, ma sovversione" (1-12-94).
Lui, Lui, Lui che ha sempre riposto la più grande fiducia nell`operato della magfistratura! "Se c'è una cosa che mi viene addebitata e che non risponde al vero è da parte mia un giudizio negativo nei confronti dei magistrati" (25-11-95). "Io sono un grande estimatore della magistratura e l'ho dimostrato nella mia attività di governo, durante la quale sono sempre stato vicino ai problemi dei giudici" (7-12-95). "Mi consenta ancora una volta di esprimere ammirazione verso la magistratura e i giudici" (23-1-96).
E` proprio vero che la gratitudine non è di questo mondo!
Ma gli attacchi dei cosacchi non solo si fecero più temerari, ma anche più gratuiti ed infondati come l`accusa di perseguire interessi personali: “Dire che io utilizzo la mia posizione di leader politico per interessi personali e` negare il disinteresse e la generosita` che mi appartengono” (La Stampa, 15 dicembre `95).
Evidentemente non era bastato un anno prima giurare su quanto di più sacro avesse: “Ve lo giuro sui miei figli: questo decreto non e` stato fatto per nessuno della mia nidiata!”
(La Stampa, 20 luglio `94)
A furia di rilasciare interviste su interviste a tutte le televisioni ed a tutti i giornali del mondo (e non solo), in un momento di pausa riconosce a se stesso “Non e` vero che dopo tutte le interviste mi e` venuta una voce piu` sexy?” (Corriere della Sera, 23 aprile `96).
C`è chi potrebbe beffardamente ironizzare su tale affermazione, ma essa non è che una constatazione di quanto oramai sta succedendo ad ogni sua apparizione in televisione: ragazze, ragazzine, ma anche donne e nonne in delirio, scene di isteria colettiva come ad un concerto rock!
Il 22 dicembre è costretto a dimettersi, per la mozione di sfiducia della Congrega Nord, che non condivide più la sua politica sociale e preme per la risoluzione del conflitto d'interessi, ma non è, forse, vero che “Il conflitto di interessi riguarda quei partiti che in questi decenni hanno profittato del loro peso per distribuire pensioni” (19 marzo `96).
Ed, allora, perché tanto gratuito accanimento contro Bernasconi?
(segue ...)
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