mercoledì 28 ottobre 2009

47. Oggi parliamo di sesso (parte 4/12)



Il Già è soddisfatto e pienamente, oltremodo compiaciuto di sè, come - credo - non gli capitava da tempo.

Appena stranito guarda le pareti della stanza dove fanno bella mostra di sé fotocopie a colori sbiaditi di Rapallo e Forte de' marmi appese alle pareti, con l'aria di chi ha finalmente capito!




L'entusiasta tira fuori da un'anta dell'armadietto in truciolato, a mo' di reliquia, una grappa Julia conservata per le grandi occasioni e, visto che io declino l'offerta a tenergli compagnia, l'esaltato si concede anche la mia parte: "Pure astemio, non bastava che eri vegetariano? Il tuo problema non è la disoccupazione: è che non ti sai godere la vita!" sentenzia il paonazzo.

Non saprei, forse ha ragione, ma, in ogni caso e ad ogni buon conto, qualcosa mi dice che è meglio non contraddire l'oramai sazio in fase digestiva: credo che la mia non sia buona educazione, quanto 'innato istinto di sopravvivenza'. Avete mai provato a togliere la ciotola ad un mastino napoletano mentre sta finendo di mangiare? Io no, ... e non ci tengo!

Dal momento che, poi, io non lo seguo sulla tanto pericolosa quanto irta china alcolica che la serata sta prendendo, il Già dà fondo alla bottiglia e si giustifica con me - ma anche con se stesso - puntualizzando che è stato costretto a bere anche la mia parte.

Considerando lo stato etilico che pervade la stanza, evito per precauzione di accendere una sigaretta; ed è allora il mio glorioso dirimpettaio di tavolo (apparecchiato con una tovaglia medagliata da vistose chiazze di sugo che egli riconosce come sue gloriose medaglie al valore) che, dopo una sbuffata degna di Mangiafuoco, finito di lamentarsi che la bottiglia è già finita ("maledetti imbroglioni: è tutto fondo di vetro!"), vuole concludere e darmi prova di aver ben capito tutto.

"Ordunque - esordisce imperioso e maestoso allargando le braccia per sottolineare con enfasi la riflessione - abbiamo convenuto che la fase del corteggiamento richiede un minimo, minimo ma ragionevole, investimento in denaro ... senza, peraltro, la certezza, che la lei sia disponibile" (= “ci stia”, ma sì, avete capito: il magnifico vorrebbe dire “la dia”).

Fin qui, mi sembra, il ragionamento dell'etilico sembra reggere, ma il mio sesto senso inizia a dare segni di allarme

Me ne rendo conto, stiamo entrando in un terreno spinato, non rischioso, ma rischiosissimo, perigliioso assai che, di certo, attirerà le ire delle lettrici; non me ne vogliano: amo il rischio e, poi, non dimenticatelo, il nostro vuol essere ed è unh ragionamento rigorosamente scientifico e la scienza è scienza!

E, poi, il Già è fatto così, non ci sono mezze misure: o lo ami o lo odi!



"Insomma - eccolo lì che trae le sue 'logiche' conclusioni -, siamo sinceri, le escort (id est 'prostitute' ovvero, ma in modo più trivbiale, 'puttane': l'avrei scritto, ma temevo di offendere il pudore di qualche lettore /-ice), in questo senso, sono la soluzione più certa, scontata ma sicura: a fronte dello stesso investimento di cui sopra, fors'anche, perché no, inferiore, si è certi del risultato".

Non me ne vogliate, care lettrici, siate indulgenti: anch’io sono contrario alla prostituzione intesa come sfruttamento e, come se non bastasse, ho paura dell’herpes (sia simplex che complex), figuratevi delle altre malattie … ma l'impetuoso è ormai incontenibile: è sicuro, certo di aver afferrato il senso del ragionamento, lo ha fatto proprio, digerito, metabolizzato (complice, immagino, i cicchetti di grappa) ed ora ne trae le estreme concludenti conseguenze.

E, mentre il Già si abbandona a considerazioni invereconde sul rapporto costi/benefici che tale conclusione per lui assolutamente logica offre, mi sovviene che, anni fa, abitavo in via P. Cossa, .... e, mentre lascio andare l'oramai incontenibile che insegue le sue elucubrazioni che corrono come cavalli imbizzarriti, io vado indietro coi ricordi.


Ricordo, appunto, che quando abitavo in via P. Cossa conobbi Alina, una ragazza moldava veramente carina (avete colto la rima 'baciata?), dovete credermi sulla parola.

Parlava un italiano perfetto, praticamente senza alcuna cadenza: vorrei vedere il buon Calderoli imparare in un paio d'anni a parlare in moldavo o, se egli preferisce - lascio a lui la scelta delle armi -, cinese; extracomunitari 1 – Lega 0! palla al centro ...

Alina esercitava proprio sotto casa mia il più antico e, forse, glorioso, mestiere del mondo: nel corso dei secoli sono state definite accompanatrici, concubine, persino attrici e, poi, massaggiatrici, oppure 'solo un'amica'. Oggi siamo più indulgenti ed esterofili, le chiamiamo 'escort' (o meglio, più precisamente 'escort' se vanno a Villa Grazioli o villa Certosa, 'puttane' se la stessa va ad Anno zero), ma siamo sinceri, si parla sempre di prostitute.

Anche solo per dovere di buon vicinato, finimmo con lo scambiare due parole quando, mentre io rientravo a casa, lei iniziava a lavorare: considerate che la mia dirimpettaia era una vecchia isterica, acida come l'aceto, con l'alito pesante e veramente brutta. Insomma, dovendo scegliere, ...


Col passare del tempo Alina divenne molto materna nei miei confronti.

A quel tempo, per lavoro, ero spesso in trasferta e, quando rientravo dopo alcuni giorni di assenza, Alina non mancava di chiedermi come stessi e come andava il lavoro.


La sua presenza costante e vigile sotto casa mia aveva pure i suoi indubbi vantaggi.

Quando a volte rientravo tardi ed ero troppo stanco per parcheggiare l'auto in garage, beh, potevo tranquillamente lasciarla parcheggiata sotto casa, sicuro che Alina avrebbe fatto buona guardia.

L'unica accortezza che dovevo avere era non parcheggiare proprio di fronte alla sua 'piazzola di servizio' per consentire ai possibili clienti di accostare al marciapiede "E' un servizio sociale - mi spiegò - mi chiedono indicazioni stradali": un'anima generosa ed altruistica, mica come la mia dirimpettaia.

Ma, poi (e quivi mi rivolgo ai leghisti, ma non solo) la presenza di Alina e colleghe - aveva veramente molte amiche, generose come lei, che davano indicazioni ai poveri viandanti persi nella notte della tentacolare metropoli aveva anche un effetto deterrente sulla delinquenza che anima le nostre città nottetempo, rendendo del tutto inutili le tanto famigerate ronde: è, infatti, noto che, per evitare l'arrivo delle forze dell'ordine (che, peraltro e detto per inciso, in tal modo possono dormire sonni tranquilli ed essere pronte ed operative il giorno dopo sul luogo di lavoro), laddove vi siano prostitute, non vi sono furti, rapine e scippi, schiamazzi notturni: il controllo del territorio è assicurato ed il probo e solerte cittadino 'italiano' può dormire sonni d'oro. Ordine garantito ed assicurato, si badi bene, senza dover ricorrere a tristi ronde padane.

Ma vi parlavo dell'atteggiamento materno, diciamo – preferisco – da sorella maggiore di Alina.

Ricordo che le dissi che, nel caso avessi mai avuto l'occasione di condurre a casa una femmina (per motivi di lavoro, che vi credete?), sarebbe stato 'preferibile' rinviare i convenevoli.

Una sera, effettivamente, rientrai accompagnato da tale Antonella, tanto carina quanto vuota (curioso come le due cose nel genere femminile, spesso, vadano insieme) ed Alina si limitò a fulminarmi con un tetro sguardo, uno sguardo che – come si suol dire – non ha bisogno di parole.

La volta successiva non mancò di interrogarmi.

Ricordo che io avevo il passo incerto e gli occhi bassi e lei, giusta ma severa, mi domandò: “Chi era quella? È una ragazza seria? Mia raccomando, non fare sciocchezze: non concederti subito, fatti desiderare almeno all'inizio; alcune femmine potrebbero essere interessate solo al tuo corpo e, una volta avuto quello, gettarti via!".

Una delle ultime sere che ancora alloggiavo in via P. Cossa, incontrai Alina e colsi l'occasione per congedarmi. L'avevo fatto con vicini assolutamente odiosi, persino con la dirimpettaia, mi sembrava corretto – da buon vicino – salutare anche lei.

Alina parve un attimo dispiaciuta, mi sorrise e mi disse: “Ma noi non (ndr.: 'lo') abbiamo mai fatto!”.

“Beh, - le risposi preso in contropiede e, quindi, con evidente e palese imbarazzo – vedi Alina: oramai siamo praticamente amici e non potrei pagare per... 'fare' con un'amica!”.

Alina ristette un attimo, e, con un sorriso, mi disse: “Hai ragione … ci devo pensare!”.

Non chiedetemi come andò a finire, perché traslocai. E, poi, ve l'ho detto: ho talmente paura anche solo dell'herpes che preferisco restare col dubbio e rinunciare.


Insomma, mentre ancora mi sto domandando che fine abbia fatto Alina e col Già finito non so come in piedi su una sedia, avvolto in una coperta a pois, col braccio destro levato in alto e la bottiglia di Julia in mano a mo' di spada che canta 'Osteria numero 110' (perso dietro i miei ricordi mi sono perso le altre 109), ecco che rientra la Maria dalla sua serata in parrocchia con le altre comari del rione a rendere omaggio a quel nuovo prete "che c'ha un'aria tanto per bene".

La Maria, da buona cattolica, è estremamente compassionevole verso chi muore di fame dall'altra parte del mondo, meno con chi conosce personalmente. Senza contare che, mentre prima di sposare il grosso era nei miei confronti prodiga di sorrisi, dopo il matrimonio ha con me un atteggiamento meno, come dire, ... amichevole? ... cordiale?

La situazione volge al peggio e faccio appena in tempo ad uscire seguito dal prode in vergognosa ritirata mentre la Maria prende a strillare.

Approfittando dell'auto del Già mi faccio dare un passaggio dall'impavido, incuranti - sia io che lui - del pericolo della guida, la sua.

Tornato pienamente padrone della situazione ora che la Maria è lontana, lo splendido e carismatico mi propone, in memoria dei vecchi tempi, una 'romantica' corsa nel cuore della notte in attesa che apra qualche bar per fare la prima colazione a base di cappuccino e croissant non solo glassati, ma farciti di crema. Sento prendermi un leggero senso di nausea quando il Già mi domnanda cosa facciano tutte quelle ragazze, al freddo, lungo la strada.

Il Già è sicuramente un ingorgo, ma, in fondo, è anche un ingenuotto ed io cerco di spiegargli che quelle giovani signorine ... aspettano il pulman.

Almeno così spiego al Già anche se lui, evidentemente meno sverso di quanto potessi immaginare, mi fa notare che non ci sono fermate del pulman.


Il mattino dopo, verso le 6, vengo svegliato dall'insistente trillare del cellulare: è la Maria!

Riconosco immediatamente il suo pestifero gracchiare nelle orecchie: "Uè, balordo, mangiapane a tradimento, sfaticato, braccia rubate all'agricoltura, di te m'importa una cippa, ma dov'è che l'è finito quel disgraziato del Gianluca che ancora non l'è tornato? Farabutto lui, farabutto tu: va a finire così ogni volta che vieni a casa da noi ....".

Stordito dall'inaspettato risveglio, ricambio il suo 'Buongiorno' con un generoso sbadiglio ed immagino solo che lo smargiasso, il gaglioffo, sulla via del ritorno, premuroso come solo lui sa essere, si sia fatto carico di riaccompagnare a casa le povere pecorelle smarrite e, prima di riaddormentarmi, mi viene da pensare "No, testina di vitello: non hai capito niente del 'budget complessivo' ... ti meriti proprio la Maria!".


Di fronte alla mia reticenza, l'ingordo con la bazza unta e bisunta e la bocca oltrtùemodo colma (ricordo che non è buona creanza parlare con la bocca piena, per quanti non se lo ricordassero) mi rimbrotta ilare e faceto con un "Ah, già, ... c'avevo dimenticato che oltre a non gradire la carne di femmina ancora calda sotto le lenzuola, sei pure vegetariano, badola: non sai cosa ti perdi! ... Scusa, visto che non mangi, prima che si raffreddi, mi passeresti il tuo piatto?". E, lestamente, aggredisce le cibarie brandendo forchetta e coltello al grido di: "Crepa panza piuttosto che avanza!".

Io confido di sublimare questo delizioso banchetto col fac-simile (il fac-simile costa meno) di Viennetta che avevo portato (il buon ospite piemontese ha cura di non presentarsi MAI a mani vuote), ma essa è oramai completamente squagliata perché, com'era prevedibile, l'ingordo non l'aveva riposta in frigo.

"Poco, male - commenta il quasi cianotico - non c'avevo più posto e, poi, non vorrei ingrassare... però ... guarda cosa c'ho ...".
Iniziamo, così, a cenare: antipasto salame e prosciuttame vario; prima portata, pastone grondante ragù, seconda portata, brasato con contorno di tacchino ripieno di interiora d'agnello. Il tutto annaffiato con vino delle prestigiose cantine Clerico, recentemente sublimate, osannate e financo decantate (il vino decanta) dal Carlo Petrini ('Carlin' per gli amici, fondatore di Slou Fud, recentemente sospettato per le sue iperbolanti esaltazioni in talune recensioni di corruzioni, ma sono voci, solo voci).

Io, da vegetariano, sento il colesterolo intasarmi vene ed arterie (le arterie sono più strette: il danno è maggiore) al solo vedere la tavola sì riccamente imbandita e ripiego strategicamente su un paio di generose cucchiaiate di parmigiano che ingollo 'a freddo' senza colpo ferire ed ingolfandomi di pane e grissini che cerco far lievitare nello stomaco con un litro di acqua Perrier, la più gasata al mondo (è di sicuro effetto lo stordimento, il senso di 'pienezza' e gonfiore garantito da tale espediente consigliato in tutti i libri per vegetariani 'duri e puri', per quelli 'fedeli alla linea', superato solo dal polistirolo e Coca Cola).

Conclusione

Ma torniamo al punto di partenza circa la necessità di avere un budget iniziale, seppur minimo, per dare il via ad un'opera di 'avvicinamento' di una femmina-preda.


In considerazione del ragionamento testé svolto, non ho neppure bisogno di dare una sbirciata al mio conto corrente per essere certo che già questa semplice considerazione mi metta fuori gioco.

Ma, a questo punto, si tratta di valutare se non vi siano anche altre considerazioni che potrebbero spingermi ad una soluzione opposta.

Figli come siamo del rigore delle scienze moderne, la situazione va considerata nella sua complessità: non basta soltanto una semplice risposta negativa per escludere a priori l’eventualità che per l’uomo sia opportuno avere al proprio fianco una femmina (possibilmente della sua specie). Se l'uomo è per natura e definizione un animale sociale e se per socializzare preferisce - in genere - femmine della propria specie, una ragione vi dovrà pur essere.

La mia analisi, pertanto, seguirà un procedimento puramente e squisitamente scientifico, valutando, innanzitutto, se e quali vantaggi possano esservi e, qualora un rigoroso procedimento cartesiano arrivi ad una conclusione negativa, se e quali vantaggi vi siano in un celibato non imposto, ma scelto.


Procediamo, quindi, nella nostra indagine.

La femmina, lo abbiamo visto nella parte 1/10, è un essere complesso e, per noi uomini, tuttora praticamente sconosciuto, indecifrabile finché non troveremo qualcosa di simile alla Stele di Rosetta.

Ma, nella precedente nius, mi sono limitato a fare riferimento ad alcuni comportamenti della femmina della specie e ben qualcuno potrebbe obiettare che, se alla femmina si desse la parola sarebbe lei stessa ad aiutarci, dicendo quello che pensa: in fondo, si dice ... qualcuno dice ... meglio, ... qualcuno potrebbe dire, che anche la femmina della specie sa essere misericordiosa, caritatevole e giusta.

È, poi, luogo comune che la femmina sia più intelligente dell'uomo (anche se ho da sempre qualche sospetto su chi abbia messo in giro questa voce): forse per questo il maschio della specie non riesce a comprenderla?

Quindi ed allora, seguite passo passo il mio ragionamento, la domanda che ora dobbiamo porci è se la femmina, quando parla all'uomo, usi frasi che siano comprensibili, intelleggibili dal maschio della specie ovvero se i due non usino sì le stesse frasi di senso cmpituo, ma dando loro un significato differente.

Ed ancora, se dovessimo appurare, convenire che l'uomo e la donna danno alla stessa frase significati differenti e che la femmina è per definizione (?) più intelligente del maschio, perché la femmina della specie non cerca di farsi comprendere dall'uomo-tonto?

Ma non sono qui a pettinare le bambole e, l'ho detto, il nostro ragionamento deve fondarsi sul rigoroso metodo empirico, su esempi che siano riproducibili e che siano sotto gli occhi di tutti.

Purtroppo, per oggi, penso di averVi annoiati sin troppo e non voglio abusare della Vostra impazienza.

Concedetemi di rinviare queste considerazioni alle prossime puntate.


(segue, ...)

NON e` una storia di pura invenzione.
Nel racconto SI FA riferimento a fatti e persone REALI.



mercoledì 21 ottobre 2009

46. L'infermiere di notte



Come avevo previsto, o, se preferite una frase meno egocentrica (ma più dozzinale, più a buon mercato), 'come volevasi dimostrare', la vera crisi sta arrivando ed io, per confermare le mie previsioni degne di un novello Nostradamus e/o, meno beneaugurate per me, Cassandra (per antonomasia, si attribuisce l'appellativo di "Cassandra" alle persone che pur annunciando eventi sfavorevoli giustamente previsti, non vengono credute, e viene detta "sindrome di Cassandra" la condizione di chi formula ipotesi pessimistiche ma è convinto di non poter fare nulla per evitare che si realizzino) conservo le imeil con le profezie; un giorno potrò sempre dire: “Che vi avevo detto?”.

Fatto sta che diventa sempre più difficile trovare qualcosa che assomigli ad un lavoro, anche solo semplici offerte: si inizia a raschiare il fondo!

Insomma, mala tempora currunt, ma, per fortuna, tramite qualche amico mi arriva qualche opportunità di lavoro.

In fondo, questo blog dovrebbe anche servire a questo: ricordare che sto ancora cercando lavoro, che cerco qualunque lavoro.


Torino, lunedì 14 settembre 2009

Questa volta mi si prospetta un lavoro come badante.

Come alcuni, invero pochi, di Voi sanno, non si tratterebbe per me di un’assoluta novità, per cui vado all’incontro abbastanza di buon umore, speranzoso e curioso di vedere di cosa in concreto si tratta.

Parto col dovuto anticipo. Da buon piemontese (mezzo a dire la verità, e neppure sono convinto si tratti della parte migliore) con molto, molto anticipo: il piemontese arriva sempre in anticipo agli appuntamenti. Se la persona con la quale si ha appuntamento non è puntuale, il piemontese ne è indispettito; dopo un quarto d’ora di ritardo il piemontese è offeso; dopo trenta minuti si preoccupa!

Per farla breve, visto che l’appuntamento è in via Revello per le 21 punto zero-zero e non sapendo quanto tempo mi ci vorrà col 33 o col 42 dalla fermata di via Bardonecchia a piazza Sabotino esco con una quarantina di minuti di anticipo, non si sa mai.

Come in occasione di tutti gli altri colloqui, cerco di prefigurarmi cosa dovrebbe succedere se la cosa dovesse andare in porto: su quali pulman potrei fare affidamento (per scrupolo guardo sulla palina gli orari), in quali bar potrei fare colazione (vabbè, prendere un caffè), se ci sono vetrine da guardare nelle pause pranzo, etc. etc.

In altre parole, per la serie: pippe mentali.

Caso vuole che il bus arrivi quasi subito e che io arrivi in zona piazza Sabotino con molto, ma mooooooooooolto anticipo. Giusto una mezz'ora.

La strategia lascia il posto alla tattica e decido di scendere un paio di fermate dopo quella cui dovrei in realtà scendere.

Nonostante la stagione (l'autunno è appena iniziato), la serata è abbastanza frescolina e minaccia di cadere una fastidiosissima pioggerellina, di quelle insistenti, umide e bagnate. Mi consolo pensando che non è ancora la stagione dei temporali burrascosi, dei temporali che annunciano la fine della bella stagione in modo roboante e ne approfitto per scendere alla fermata successiva. Risalgo con calma corso Peschiera, faccio due passi in via Di Nanni e me la prendo comoda.

I negozi sono oramai chiusi, ma sono di buon umore perché so che in questo quartiere di giorno la vita è abbastanza frenetica e che il mercato nell’isola pedonale non è malaccio, con voci e colori che si rincorrono. Senza contare che la zona mi è abbastanza famigliare.

Mi sento ottimista, molto ma molto ottimista: aver nulla da perdere rendere audaci!

Alle 21 meno 5 sono al citofono e, già che ci sono, lo suono.

Una vocina stridula come sanno esserlo certe voci al citofono mi sibila “Al secondo piano, scala sinistra”, senza neppure darmi il tempo di dire chi sono.

Indeciso se prenderlo come un gesto di maleducazione o di fiducia per via della mia voce calda, profonda, diaframmatica, spalanco il pesante portone e mi dirigo nella scala di sinistra, non fosse altro perché non c’è una scala destra.

Niente ascensore.

Salgo le scale che odorano di muffa e mi domando come potrei fare a scarrozzare il vecchietto per quelle strade ripide dai gradini poco profondi di lucida pietra lissia-lissia. Preferisco non pensarci, un po’ perché non è ancora detto che ottenga il lavoro, un po’ perché mi dico che se il vecchietto dovesse essere ... come dire ... non particolarmente simpatico (lo ammetto, è un eufemismo) basterebbe un attimo per … oooplà.

E già, ma, poi, dovesse essere pesante, una XXXL, come farei a tirarlo su? prostata debole e reumatismi iniziano a voler avere voce in capitolo.

Non faccio in tempo a finire coi miei propositi cristiani che arrivo al secondo piano. Una controllatina ai nomi sui campanelli e ... DLIN DLON!

Mi apre una signora tra i cinquanta ed i sessanta (decisamente più verso i sessanta), trafelata che, senza presentarsi, mi fa strada nello stretto corridoio ed accomodare nella stanza cucina sulla sinistra.

Visto che non lo fa lei, mi presento io.


Messa di fronte al mio fatto compiuto si presenta anche lei ("Ah, sì, piacere, ... sono miss P.") e, non sapendo cosa di meglio fare, mi fa accomodare.

Mi guarda un po’ perplessa lei e, per non essere da meno o, forse, per innata buona educazione, la guardo perplesso anch'io.

Passato che è quel minuto di silenzio (inesorabile come certi minuti che paiono essere quarti d'ora), sgranando gli occhioni col trucco che inizia a sgretolarsi, esordisce: “Certo che non mi sarei aspettato un uomo: ma perché un uomo cerca lavoro come badante?”.

Sarei tentato di risponderLe che, tanto per iniziare, non si dice ‘badante’, ma ‘collaboratore familiare’ ('colf' se si vuol andare per le spiccie), ovvero, più azzardati 'prendente cura' o, ancora 'guardante'; sarei tentato di dirle che ho bisogno di lavorare (ma la cosa mi sembrerebbe tra il semplicistico ed il riduttivo); sarei tentato di dirle che è quello che ho sempre sognato, il lavoro della mia vita (ma, e se si sentisse indignata da tanta … ruffianeria?); sarei tentato di dirle che sono un testimone di Geova (ma se non fosse una persona … spiritosa?); sarei tentato di parlarle della crisi economica (ma se mi dicesse che … non c’è una crisi economica?); sarei tentato di dirle che, pur essendo un altissimo dirigente, non sono soddisfatto del mio lavoro e che cerco di capire cosa voglio fare da grande (ma se non mi … credesse?); sarei tentato di dirle che ha dei begli occhi (ma se … mi scappasse da ridere?); insomma, resto serio, mi schiarisco la voce e le rispondo con una di quelle frasi che si sogliono dire 'interlocutorie' proprio perché permettono di prendere tempo e le rispondo che “MI hanno detto che mi avevano detto che LEI aveva bisogno di un aiuto, ma che non mi avevano dato altri dettagli”.

Una mossa per prendere tempo, un po’ come quando in una partita a scacchi ad una prima mossa 1. e4, l'avversario risponde con e5; quindi 2. Dh5?!, Cc6 (ma Kasparov batte Becker con 17. Te2, D:e2+; 18. Rc2, Af5# ... 0-1).

La signora che, per essere le 21 ha un trucco ancora vistoso e che non ha ancora subito le ingiurie della stanchezza che subentrano col dopocena (in altri termini 'un miracolo del restauro'), parte all’attacco e continua confidandomi (siamo già alle confidenze) che si vuole disfare della ‘stragnera’ (so che si dovrebbe scrivere ‘straniera’, ma la signora lo pronuncia proprio così!) che segue il padre 87enne perché, proprio non se lo sa spiegare come, ha avuto da ridire con lei.

Sono preso un attimo in contropiede da tanta schiettezza e, non sapendo le ragioni dell’una e dell’altra, cerco di restare, per quanto mi è possibile, sulle mie appollaiato come sono su una seggiola tanto dura che sento dolere il coccige (ndr. per approfondimenti sul 'dolore al coccige' si veda http://www.dolore.biz/coccige.htm) e, cercando di non prendere posizione, ribatto – sollecitato dal suo silenzio che cerca approvazione – “Certo, ceeerto: a volte la gente sa essere così ingrata ...!”.

La signora mi tramortisce con un imperioso “Esatto! vedo che lei ha capito! Questi stragneri (Ve l’avevo detto che lo pronuncia proprio così): uno dà loro del lavoro e loro, … come ti ripagano?”.

Miss P. resta un poco contrariata dal fatto che le rispondo solo con uno scrollare della testa; forse si sarebbe aspettata, a questo punto, che la seguissi nella sua indignazione verso il bieco ‘stragnero’, ma è più forte di me: A ME la ‘stragnera’ non MI ha fatto ‘gnente’ e, poi, se ho scosso la testolina è solo perché sento il bisogno di muovere il collo che mi si sta intorpidendo.

“Comunque le dico di cosa ho bisogno ...” prosegue.

O, ecco, bene: sono venuto qui per questo!

“Mio padre ha 87 anni, ma ha bisogno di essere seguito in tutto e per tutto: lavato, stirato vestito, cucito ed imboccato”.

Non che la cosa mi faccia fare salti di gioia, ma tant’è: in fondo ho bisogno di guadagnare, sono per la parità dei diritti e sarei quasi tentato di risponderle: “Guardi, la soddisfazione maggiore sarebbe essere io – maschio e ‘itagliano’ (mettete in dubbio il mio essere ‘maschio’, ma non il mio essere ‘itagliano': è scritto pure sulla carta d’identità!) – sarebbe togliere lavoro a quei maledetti ‘stragneri’ “. sarebbe la risposta che mi farebbe guadagnare 100 punti in un colpo solo, di quelli che fanno saltare il banco: il classico jackpot". Ma desisto: benché sia prossimo ad attaccarmi alla canna del gas (confido che , se quando quel momento arriverà, la società del gas mi abbia nel frattempo chiuso l’allacciamento), preferisco salvare la dignità: un giorno mi potrete ricordare come l’ultimo rimasto fedele alla linea!

“Ah, certo, bisognerebbe portare mio padre a fare una passeggiata almeno una volta al giorno”.

Beh, mi sembra più che giusto, certo ci fosse qualcosa di simile ad un ascensore la cosa sarebbe più agevole, mi viene da pensare. Ma, anche in questo caso, desisto, indossando la mia maschera di circostanza, quella per le grandi occasioni: quella dell'idiota che dà sempre ragione! E me la cavo con un "Certo, ceeerto ...".



“Inoltre – prosegue miss P. oramai perfetta ed assoluta padrona della scena – visto che a fine settimana la casa è un macello, perché IO lavoro tuuuuutto il giorno, bisognerebbe mettere in ordine, pulire, spolverare, fare il bucato, stirare, fare i letti, cucinare, …”.

La cosa inizia a complicarsi, ma … vile bisogno del denaro, mi viene da pensare che, se devo badare al simpatico brigante del vecchietto, pulire casa potrebbe essere un modo per far passare il tempo.

“Veniamo alla parte economica – miss P. è una che bada al sodo -: mettendola in regola, perché io sono per la legalità (credetemi, non mettevo minimamente in dubbio la cosa), le propongo un contratto ... (luuuuungo suo sospiro, in fondo deve ‘cacciarli’ fuori lei i soldi) di 600,00 euro al mese! ... purtroppo il comune non passa di più!".

Certo, avessi commentato sull’avarizia del Comune con un bel “Chiamparino, comunista bastardo!” mi sarei ingraziato miss P., ma il Chiampa mi è sempre sembrata una brava persona (non un fulmine a ciel sereno, ma un buono) e non dimentico che, quando lo ebbi vicino di viaggio in aereo sul Torino-Roma, nulla ebbe a ridire sul fatto che avessi proditoriamente preso possesso del bracciolo!

“Ah, dimenticavo ..." Miss P. è il classico tipo di persona che tralascia nulla.

E ti pareva che non dimenticasse qualcosa: “Mi dicca, mi dicca …” le soggiungo in modo ossequioso e conciliante.

“Mio padre ha bisogno di assistenza 24 ore su 24 dal lunedì al sabato: sa, l’altra notte e caduto mentre andava in bagno ed io dormivo: perché la sera, Io, sono stanca”.

La questione sembra complicarsi un attimo. Se non altro, iniziando ad inquadrare il carattere di miss P. e le sue esigenze, inizio a sospettare il perché la badante ‘stragnera’ possa aver avuto qualcosa da ridire.

Cerco di spiegarle che, assistendo il padre tutto il giorno ‘servizio completo’, 'all inclusive', probabilmente la notte anche il pur bravo badante la notte dorme profondamente. Senza contare che ho ancora una casa dove dormire, almeno al momento.

Prendo la situazione alla larga, forte del motto ‘Se non puoi risolvere direttamente un problema, prendilo alla larga' e mi sforzo di capire se sono previste delle libere uscite almeno per un paio di ore al giorno, ma sul punto miss P. è irremovibile: per 600 euro il minimo che lei si aspetti sono 24 al giorno per 6 giorni la settimana!

Certo, al fine settimana lei va via anche un paio di giorni, ma è tutt’altra questione: come per miracolo, quando miss P. si assenta il fine settimana, il venerando patriarca, per miracolo, diventa autosufficiente, autonomo, autopulente, automotivato, autocertificato (non chiedetemi il perché né il percome: se volete saperlo chiedetelo a miss P.).

Sono ancora appena appena confuso quando miss P. mi propone di farmi conoscere l'arzillo catafalco ed io, certo, non me la sento di dirle di no.

Andiamo nella stanza buia rischiarata solo dai lampi della tivvì che propone niente meno che l'elezione di Miss Italia, programma che l’arzillo guarda col solo occhio destro, sdraiato di traverso sul lettone.

Miss P. entra nella stanza accendendo tutte le luci e dopo aver cacciato un urlo ("Che fai? Dormi?"), si volge verso di me scusandosi con un sussurro (il vecchietto potrebbe pur sempre dormire) “Sa, … è un po’ sordo!”. Il papino non si fa mancare nulla!

Non riesco a capire se il vegliardo è più contrariato dal fatto che la simpa-simpatica figlioletta l’abbia interrotto mentre vedeva il programma cul-turale o deluso dal fatto che, invece di una simpatica e giovane badante femmina gli si pari innanzi un aitante maschione (che, poi, sarebbe il Vostro, cioè io!).

Certo è che mi accoglie con uno sbuffo misto ad una smorfia di delusa e deludente delusione.

Mi mostra in un angolo della stanza un girello che ha parcheggiato il nipotino e cerca di spiegarmi che il padre si rifiuta di usarlo per aiutarsi nella deambulazione.

Con uno sfarfallio delle pesanti sopracciglia finte coperte di un pesante rimmel color 'ala di corvo nella notte nera' cerca il mio consenso ed io non trovo di meglio da dire che "... eh, certi anziani non ne vogliono sapere di collaborare ...".

Finite le presentazioni, miss P. mi riaccompagna nella cucina. I canali della tivvì che troneggia in un angolo saltano allegramente e miss P. non sa darsene pace: non poter vedere 'Pomeriggio sul 5' presentato dalla procace Barbara D'Urso la turba profondamente.

"Ma come - mi viene da pensare - non aveva detto che lavora tutto il giorno fino a sera tarda?".

Già che ci sono, mentre cerco e trovo le parole per dirle che avrei bisogno di un paio di giorni per poterle confermare la disponibilità, ne approfitto per risintonizzarle i canali del digitale terrestre e cerco di farmi un’idea della planimetria dell’abitazione. Un modo come un altro per sfuggire la provocante scollatura di miss P. (non vi preoccupate, non sono il tipo da indulgere in tentazione).

“Perché sei interessato alla planimetria?”, mi direte Voi se avete avuto la compiacenza di avermi seguito sinora. Molto semplice: perché oltre alla cucina, l’ingresso, la stanza del vecchietto, il bagno in fondo al corridoio, immagino ci sia solo spazio solo per un’altra stanza: quella di miss P!

Ma allora, dove dovrebbe dormire il simpatico badante?

A questo punto so di chiederVi molto, ma dovrete credermi sulla parola: lo ammetto, ho bisogno di lavorare, ma miss P. non è proprio il mio tipo!


Torino, mercoledì 16 settembre 2009

Ci ho pensato, ripensato e pensato ancora e sono quasi arrivato alla conclusione che, forse ma forse, potrei accettare la proposta a patto di dormire sulla poltroncina per puffi della cucina.

Decido di telefonare a miss P., se non altro per vedere se non mi è possibile temporeggiare ancora un altro paio di giorni nella speranza che mi capiti qualche proposta di lavoro

Dopo un paio di squilli riconosco la squillante voce di miss P. che mi accoglie con un “Ah, è lei, … no, guardi, per mio padre ho già trovato una filippina; però, senta, … non si vedono i canali della RAI, … non è che … “.

Non le lascio il tempo per finire la frase che riattacco: eccheccavolo, anche la mia dignità … ha un prezzo!



E, poi, come ve lo devo dire: ... non è il mio tipo!


NON e` una storia di pura invenzione.
Nel racconto SI FA riferimento a fatti e persone REALI.


lunedì 19 ottobre 2009

45. Oggi parliamo di sesso (parte 3/12)





Preso che abbiamo il caffè, mentre l'acqua nella pignatta borbotta, il Già mi sembra un attimo più lucido e, spero, confido, mi auguro e financo auspico meglio disposto ad un ulteriore passo verso più ardue considerazioni.

“Vedi, Già – paziente cerco di spiegare con i dovuti esempi un concetto, che altrimenti, potrebbe risultare ostico al bradipo di comprendonio -, un concetto da tenere sempre presente è che la conquista della femmina della specie e la sua fedeltà hanno un prezzo: le lunghe (e spesso inutili) telefonate al cellulare, le cene offerte, il teatro, il cinema, gli aperitivi, i chilometri percorsi, i regalini, le lunghe attese davanti alle vetrine ecc.”

“Quando si deve gestire il rapporto con ‘l’altra metà del cielo’ il problema è proprio la gestione delle risorse monetarie, cosa che risulta assai complicata soprattutto quando si hanno gli ormoni che girano a palla, il testosterone che giuoca brutti scherzi e non si raggiunge e si mantiene – come mi sforzo di fare io – la ‘pace dei sensi’, soluzione che tu tanto deprechi e disprezzi.

“Pertanto – inizio a dire, sperando che il brachicefalo mi stia dietro, ma confidando che l’argomento attiri, se non attizzi, la sua attenzione; quando si parla di femmine l'attenzione si desta - la prima cosa da fare, quando si conosce una nuova ragazza (il discorso potrebbe aprirsi anche alla considerazione dell’omosessualità e della bisessualità, ma non vorrei confondere le idee al Già: meglio un solo concetto chiaro che molte idee confuse) è un budget”.

“Dopo aver attirato la preda nel tuo territorio e speso qualche minuto in conversazione su amenità varie – in questa veste didattica mi sento quasi un novello Piero Angela in una puntata speciale di Superquark - , quando tra te e te pensi "questa me la faccio!", è necessario, fondamentale, prima di procedere con la seconda fase, attribuire immediatamente un budget all'intera l'operazione: "...questa ignara (ndr.: delle cose del mondo) fanciulla vale 800 euro...", "...questo candido fiorellino vale 300 euro…, ecc.”.

“Mi segui fino a questo punto? Sono stato abbastanza chiaro, Già?” domando al perplesso, sperando che mi segua come un rimorchio segue l’autocarro, una vela il vento, una targa l’auto, una scia lo sciatore.

Ma l’illustre si è fatto tutto attento, dando credito al proverbio che ‘ne tira più un ?&%$ di £§*:”£ di un carro di buoi’: o benedetta saggezza popolare, hai tu, dunque, un fondamento!

Il Già mi rassicura e dio solo sa quanto io abbia bisogno di certezze…

“Bene, bravo, Già, - proseguo fiducioso – sei stato attento sinora, non mi deludere proprio adesso: il budget ipotizzato per la ‘conquista’ non deve va confuso col budget che devi programmare per il ‘mantenimento’ della preda: un budget non deve influenzare l'altro, ossia nella formulazione di un budget si deve sempre ragionare in ipotesi di capacità di spesa complessiva”.

"Per tale ragione lo chiameremo d'ora innanzi 'budget complessivo' ".

“Allora, se è vero quanto abbiamo sinora detto – non che il lento di comprendonio abbia parlato un granché, ma è un bene che sia andata così – ne consegue che ….” deliberatamente, vigliaccamente mi concedo e mi godo la pausa per vedere se il Già è attento.

“... ne consegue che, … che ne consegue?” si domanda sgomenta la pur simpatica canaglia.

“… ne consegue che, quando, poi, nel corso dell'operazione le spese sostenute raggiungono l'importo allocato a budget, si deve subitaneamente abbandonare la preda!" concludo subitaneamente per evitare che al già perplesso di suo venga un attacco d’ansia, anticamera di un infarto che non saprei gestire.

Il quasi infartuato tira un sospiro di sollievo (o ‘un sollievo di sospiro’ se preferite, fate Voi) e spiego la conclusione per meglio chiarire il concetto: “L'aspetto fondamentale, la questione dalla quale non si può né si deve prescindere nella gestione del budget ‘complessivo' è che si deve abbandonare la preda, sia che stia per cadere ai tuoi piedi sia che tu l’abbia conquistata”.

A giudicare dallo sguardo illuminato, raggiante del bovide oserei sperare e persino affermare che egli ha, infine, compreso, che veda una luce alla fine del tunnel. Ma egli è, tuttavia, preoccupato perché, si sa, nessuno vorrebbe che quella luce alla fine del tunnel sia un treno che viene incontro.

Nel dubbio mi concedo un’ulteriore divagazione che vorrebbe anche avere la pretesa di essere una spiegazione: “Nel primo caso la giustificazione è di tutta evidenza: è inutile gettar via ulteriori danari in un progetto che si è rivelato troppo impegnativo”.

Sento che il Già pende dalle mie labbra e, credetemi, non è una sensazione piacevole.

Da come annuisce sarei tentato di chiedergli perché la preda deve assolutamente essere abbandonata anche nel secondo caso, ma non voglio mettere l’amico in difficoltà (egli è pur sempre un amico): “E', tuttavia, soprattutto nel secondo caso che l’aver chiaro il concetto di budget 'complessivo’ si rivela di estrema utilità. E' proprio in questa evenienza, infatti, che la tenera e rassegnata preda diventa economicamente pericolosa ed ingestibile: le spese (telefonate in fascia alta per fissare folli appuntamenti, corse in auto col rischio di cozzare con altri disperati nella medesima, identica, stessa situazione, biglietti del cinema sprecati poiché si esce a metà film per andare in un qualsiasi primo luogo minimamente appartato per profittare della sua disponibilità, ecc.) diventano incontrollabili”.

Il Già è stremato (troppi concetti in poco tempo), la fronte gli suda, ma il sorriso lascia intendere che gli si è aperto un nuovo mondo: per riconoscenza, sarebbe pronto a dare il mio nome, lo stesso (ne ho solo uno) a tutt’e due i figli, anche se la seconda è una femmina.


Il grosso, tuttavia, mi sorprende: “Ma è talmente logico: perché non ci ho mai pensato prima?”.

Sapendo di girare il coltello nella ferita ancora aperta dopo tanti anni, lo trafiggo con un: “Proprio perché non ci hai mai pensato … ti sei sposato Maria! … non hai gestito il tuo budget!”.

E, spietato come il matador che affonda la muleta nel nero dorso curvo del toro esausto ai suoi piedi, tirato che ho un sospiro di circostanza per dare maggiore enfasi a quanto sto per dire, esaurisco la spiegazione con un “Ma il tuo babbo non ti ha spiegato proprio nulla …?”.

Per quanto grato, il Già non è pago e, per un dubbio che gli è stato chiarito, altre cento domande gli affollano adesso la vuota caverna che altri chiamerebbero, per rispetto, cranio.
“Senti, è come se qualcuno avesse finalmente acceso una luce nelle mie tenebre (ve l’avevo detto che egli è riconoscente? Adesso sapete anche perché I Britannici usano dire: “The lights are on, but there’s nobody in!”). Ma, dimmi, cioè, ecco, insomma, come si gestisce, in concreto codesto ‘budget … apprensivo?”.

Io credo che, alla fine, ‘il troppo stroppi’ quindi preferisco non insistere e rimarcare saccentemente che la definizione corretta è ‘budget complessivo’ e non ‘apprensivo’, ma considero che capita anche a me di fare, talvolta non sempre confusione, nel moltiplicare a mente numeri con più di dieci decimali: capisco la sua confusione e preferisco non infierire.

“E’ molto semplice, amico mio – a volte semplificare rende tutto più semplice - per la gestione del ‘budget ... complessivo' è di notevole aiuto l'utilizzo di un foglio elettronico (ad es.: Excel). Sulle colonne si inseriscono i nomi delle fortunate, ignare, possibili prede e nella prima riga l'importo allocato a budget. Sulle righe successive si registrano tutte le spese sostenute e sostenende: cene, cinema, regalini, telefonate, benzina, ecc.”.

“Ma cosa spiego a te che sei laureato in informatica, un genio del chip? Mi pare di offendere la tua intelligenza fatta di numeri primi!” soggiungo.

“No, no, spiega: è quello che avevo pensato io, ma lo voglio sentirlo dire da te” mi incalza come colui che mente sapendo di mentire.

Il lestofante sa che ognuno di noi ha un lato narcisistico ed ha toccato una corda sensibile: “Come tu ben avrai intuito, per avere la certezza di evitare di sforare erroneamente il budget, è sufficiente che il foglio elettronico venga arricchito di una semplice funzionalità macro che elimina l'intera colonna quando la sommatoria sulle righe (spese sostenute e sostenende) raggiunge il budget inserito nella seconda riga”.

“Interessanti sono, invero, le applicazione offerte dalle nuove tecnologie: con i nuovi cellulari dotati di porta ad infrarossi è possibile programmare la macro in modo tale che, oltre ad eliminare la colonna, si cancelli anche il numero di telefono della meschina dalla rubrica del proprio cellulare”.

“Inutile che ti dica che va da sé che l'abilità consiste proprio nel ghermire, far propria, espugnare, fa propria la pecorella prima di sforare il budget 'complessivo' destinato al cimento”.

“Certo, certo …” conclude il Già come colui al quale vengono dette cose che sapeva da sempre, ovvie, evidenti e lapalissiane.

Non del tutto certo che il rubicondo in viso abbia le idee assolutamente chiare, gli concedo un esempio (gli esempi ed i disegni, spesso, sono di incredibile aiuto): "Ti prego di notare, ma di certo tu l'avrai già notato, acuto aquilotto come sei, che il ‘budget complessivo’ è particolarmente utile e di facile gestione quando la potenziale preda è una barista o addirittura lavori, che so, in una tabaccheria. Il corteggiamento si risolve – spesso, necessariamente, purtroppo, ma tant’è - con l'andarla a trovare sul lavoro e inevitabilmente comprare qualcosa. Finché si tratta di caffè o di sigarette va ancora bene, nulla da eccepire: se il caffè o le sigarette non le prendi in quel bar o in quella tabaccheria, andresti, comunque, da un’altra parte. Tuttavia, già, tuttavia… la situazione diviene critica e rapidamente insostenibile quando la poveretta fa la commessa in un negozio di abiti, occhiali da sole, gioielli, ecc.”.

“Tutto chiaro, Già?” domando a titolo riassuntivo.

“Perfettamente, Romolè” risponde scattando sull'attenti, facendomi roteare gli occhi al cielo.

"Ottimo - taglio corto - andiamo a scolare la pasta prima che diventi colla".

(segue, ...)



NON e` una storia di pura invenzione.
Nel racconto SI FA riferimento a fatti e persone REALI.


giovedì 15 ottobre 2009

44. "Antonello ... non sai con chi hai a che fare!"




Care Lettrici, Cari Lettori,


continua il mio momento magico, il mio magic moment.

Oramai lo dovreste aver capito, il Vostro è un perfezionista!

Come, forse, molti di Voi avranno argutamente capito, trascorro parecchio tempo al piccì, un po' per cercare codesto benedetto lavoro che pare non arrivare mai, un po' – già che ci sono – per aggiornare il blog. Da quando, poi, per Voi e solo per Voi ho deciso di deliziarVi con immagini e, persino, video, beh, mi tengo occupato.

Ma quante cose faccio io per Voi?

Comunque, sia perché a casa prima non potevo magicamente connettermi con l'adsl (alcuni mi consigliano l'lsd, ma non credo sia la stessa cosa), sia perché ora neppur potrei permettermelo, godo dell'ospitalità di un paio di amici che mi permettono di abusare del loro piccì.

Torino, lunedì 28 settembre 2009 S. Venceslao martire

Puntuale aspetto il Luca fuori dal suo negozio sotto una pioggerellina tanto bagnata quanto insistente.

È nostra consuetudine, prima che il Luca apra il negozio, concederci una pausa di riflessione con un caffè al bar su via Nicola Fabrizi servito dall'imponente Ago.

Questa mattina il Luca è in ritardo, circostanza abbastanza inconsueta per un tipo puntuale come il Luca.

Mi concedo un giro intorno all'isolato, dove vengo colpito, fulminato, folgorato da un cartello che attira la mia già fervida attenzione e che mi fa pensare (pensiero che condivido con Voi): "Che c'abbia ragione il Silvio a dire che è la gente che non vuole lavorare? Mannaggia a quella miseriaccia zozza: sta a vedere che mi tocca pure dargli ragione!".

Non passano neppure una decina di minuti che ecco stagliarsi in lontananza la figura spilungona e trafelata del Luca.

Il Luca mi raggiunge scusandosi del ritardo ed io, benigno come solo io so essere, gli ricordo che è lui a farmi un favore.

Mi spiega che l'auto non partiva: batteria in corto, un lusso che la mia neppure si può più concedere essendo cimita da tempo.

Per sdrammatizzare la tensione che si fa vieppiù palpabile, sono io questa mattina – purché non diventi un'abitudine – ad offrirgli il caffè. Insomma, faccio il grandioso, il magnifico! Ogni tanto me lo concedo.

Entriamo in negozio e, prima di metterci ciascuno al suo lavoro, ci concediamo una sigaretta, doverosa dopo un caffè di prima mattina, e, per passare nella camera di decompressione che ci permetterà di affrontare meglio la giornata, decidiamo di affrontare i grandi temi di politica interna: nel giro di mezz'ora abbiamo tutte le risposte che potrebbero rimettere in piedi quel che resta di questo sgangherato Paese.

In genere decidiamo di non strafare: affrontiamo un problema al giorno, non di più, anche per lasciare per nuovi incontri problemi ben più complessi e, soprattutto, per non trovarci con nulla da dire.

Insomma, oggi è toccata alla politica interna, domani alla fame del mondo, quindi, a seguire, il Medio Oriente, la bioetica, il buco nell'ozono, il deserto che avanza, l'immigrazione/integrazione, il duello Microsoft-Apple, i rifiuti differenziati, la lotta ai tumori, meglio il mare o la montagna, le rosse o le brune …

Se, proprio, non sappiamo di cosa parlare, beh, ringraziamo il nostro amato presidente del Consiglio di offrirci ogni giorno uno spunto: almeno per questo giustifica ai nostri occhi la sua esistenza, mente dell'utilità delle mosche abbiamo ancora qualche perplessità.

Nel pomeriggio ci raggiunge la compagna di Luca, Susanna.

La Susanna è il classico tipo ansioso-ansiogeno, con una tendenza all'isteria, all'ipocondria,... ma simpatica.

La Susanna è sgomenta per quanto le è successo, ma ha trovato il 'colpevole' e l'ha cestinato. Fosse sempre così facile, trovare la soluzione ai propri problemi.

Paziente, come raramente sa essere, mi spiega che tutto era iniziato la settimana prima quando, con un suo amico, Diego, era andata a vedere una pinacoteca.

Quando furono al momento di entrare in una delle stanze del Museo Civico di Arte Antica (via Magenta 31, 10138, Torino) il Diego "si fermò e fremette smarrito sui talloni; sentiva le arterie battergli contro le tempie come martelli, gli sembrava che il respiro gli uscisse dal petto come il rombo del vento da una caverna. Rimase immobile al suo posto, impietrito come una statua di sale, senza osare un movimento. Trascorsero così alcuni minuti" ('Les Misèrables, Victor Hugo, 1862, Nuova Biblioteca Mursia, 1970, trad. R. Colantuoni, 1164 pagg. , 16.60 euro) e, mentre palpitazioni e tachicardia gli tornavano entro i limiti di guardia, il prode spigava: "Ma sei pazza? Lì dentro ci sono dei quadri di Antonello da Messina: uno dei massimi portasfiga!".

La Susanna si mise ridere con la sua sonora risata argentina e, non solo entrò nella stanza, ma, per voler dimostrare che la sfiga non esiste – pragmatica come solo lei sa essere, almeno in certi momenti – non solo entrò a visitare i quadri dell'Antonello, ma all'uscita, in totale e sprezzante spregio delle paure dell'amico, prese una cartolina col sorridente e beffardo 'Ritratto d'uomo'.
Quella stessa sera il televisore a casa della Susanna esalò l'ultimo respiro in una simpatica nuvoletta. Poco male per il Luca che ama la lettura ed ancora sospetta che il tubo catodico possa essere radioattivo, ma assolutamente inaccettabile per la Susanna totalmente, religiosamente, completamente teledipendente: in camera da letto tiene la tivvì accesa anche quando dorme "Non si sa mai, se dovessi svegliarmi di notte ..."), gira con un telecomando nella borsetta e sarebbe pronta a rinunciare al frigorifero ed alla lavatrice pur di non privarsi della tivvì.

Come se non bastasse, quella stessa mattina, mente il Luca raggiungeva il Laboratorio – a piedi perché la batteria aveva dato forfait – mentre la Susanna si asciugava i capelli, il fon le si era bruciato in mano

Insomma, per quanto le era dato sapere la colpa di una tale serie di sventure altra non poteva essere che dell'Antonello. Per questa ragione, uscita di casa coi capelli bagnati, aveva provveduto a gettare la cartolina e si riprometteva di sottoporsi a riti di un qualunque esorcista per eliminare il malocchio.

Meglio, due esorcisti, ... non si sa mai.

Questa volta fui io, razionale, empirico, sottile mente scientifica a farmi burle della Susanna, ma lei, non più offesa né turbata di tanto, mi ammonì: "Non scherzare su queste cose: ci sono cose che noi umani non possiamo capire, cose che vanno oltre la nostra comprensione!".

Insomma, la sera me ne andai via prendendomi gioco della superstizione popolare e mi burlai della Susanna dicendole: "Me lo daresti un passaggio? Ah, no, scusa, dimenticavo: l'auto è posseduta dallo spirito dello spiritoso Antonello! Ahahaha ...".


Torino, martedì 29 settembre ss. Michele, Gabriele e Raffaele arcangeli

Ieri sera ho prelevato al bancomat la bellezza di 100 euri (non inorridite, al plurale) per pagare la prima rata delle tasse sulla spazza (nel senso di 'spazzatura'), per quanto io non sporchi neppure tanto.

Solerte e pieno di buone motivazioni ed intenti, esco di casa e mi dirigo verso la posta.


Già che ci sono, visto che è sulla strada, faccio una tappa dal tabaccaio per prendere il tabacco.

Arrivo di fronte alla posta, entro (sono arrivato lì per quello), prendo il numerino, e, fiducioso, aspetto.

Quando sta per comparire il mio numero, previdente, apro l'immancabile zainetto e, suprise delle surprise,: il portafoglio è scomparso!

Cerco e ri-cerco, già che ci sono ri-ri-ricerco, ma niente da fare e, soprattutto, niente portafoglio.

Torno sui miei passi, e ripiombo nella tabaccheria.

Devo dire che il tabaccaio, la moglie ed il figlio sono dei veri signori e non battono ciglio, non si lasciano prendere dallo mio stato ansiosamente ansiogeno.

Io guardo in ogni andito e, spigato loro il motivo della mia perquisizione senza mandato, cercano di rassicurarmi: "Guardi che, dopo di lei, è entrato nessuno!".

Non è che la cosa mi sollevi più di tanto, anche perché se dopo di me non è entrato nessuno e solo loro tre erano in tabaccheria, se la matematica non è un'opinione …

Ma non ho né la voglia né la forza di discutere e, comunque, non sono mai stato una cima in aritmetica.

Esco, vado in banca per bloccare il bancomat e ne ritiro un provvisorio con tanto di lettera che, mi spiegano, non è una lettera di congratulazioni del DG di Intesa-SanPaolo, ma contiene il preziosissimo PIN.

Grato del simpatico omaggio esco e mi proietto alla GTT per rifare il biglietto da disoccupato.

Già che ci sono, per ottimizzare i tempi, apro la famosa busta, leggo le istruzioni: "Mettere qui l'etichetta", tutto chiaro, ma la domanda che mi sorge spontanea è "Quale etichetta?", e sì, perché non ci sono etichette.

Nel dubbio, per non sapere né leggere né scrivere, scendo in via Cibrario ed entro in una filiale Intesa-SanPaolo.

Anche il gentile operatore è perplesso: guarda il foglio, lo mette controluce e tenta il tutto per tutto grattando con una chiave lì dove dovrebbe essere il PIN a mo' di "gratta e vinci". Ma niente: è o non è il mio magic moment?

Col cuore in pace vado a fare la denuncia dai Carabinieri in corso Appio Claudio.

Ora, non dovete pensare che le caserme dei Carabinieri siano come l'omonima serie televisiva, quella con la Manuela (ndr. Arcuri), niente di tutto questo. Ad essere sinceri, quasi quasi, un pensierino me lo faccio pure e già mi immagino, mentre sono in sala d'attesa, di vedere comparire la Manuela nazionale in desabillè (in fondo, mi dico, mica potrà essere sempre in divisa anche quando non è in servizio?!).

Ma, probabilmente, la Manuela deve essere in libera uscita, perchè mi accoglie un appuntato con accento spiccatamente pugliese che, se non fosse per i sottotitoli a pag.777 non riuscirei a capire cosa mi domanda.

Decisamente il mio ... magic moment!

Faccio la mia brava denuncia da probo cittadino e mi metto il cuore in pace.



Torino, mercoledì 30 settembre s. Girolamo dottore

ore 8:30 vengo svegliato da una improvvisa scampanellata, come si suol dire ‘di soprassalto’. Lo confesso, sono sorpreso tra le braccia di Morfeo (che, non lasciatevi ingannare, non è un maschione, non lasciateVi ingannare dalla parallela serie a puntate su questo stesso blog, ma un comune modo di dire: Morfeo era il dio dei sogni, figlio del Sonno e della Notte. Il detto viene perciò usato in riferimento a chi, vinto dalla stanchezza, si addormenta profondamente) e fatico a capire quello che succede.

Mi ci vuole quell'attimo di tempo necessario per capire chi sono, dove sono, dove andiamo e da dove veniamo che è passata una mezzorata.

Nel frattempo non hanno più suonato e penso a quel simpatico scherzo che chi non ha fatto quando era giovane? Simpatiche canaglie!

Considero che potrei anche uscire, visto che la spazzatura è arrivata a livello di guardia.

Vedete, non sono tanto le blatte a preoccuparmi: sono educate bestiole, ordinate, che si mettono in buona e rispettosa fila, come dal salumiere, in attesa del loro turno.

No, quello che un po' mi infastidisce sono i gabbiani che, prima di andare a fare il pasto grosso alla discarica, passano da casa mia per l'aperitivo. A parte il fastidioso gracchiare, seminano guano ovunque e, così, mi tocca lavare per terra in cucina ben due volte al mese.

Insomma, ne approfitto per scendere e, surprais delle surprais, appallottolato nella buca delle lettere ecco il mio portafoglio, con tanto di carta d'identità, tessera della Biblioteca, tessera dell'internette point. C'è, persino il bancomat, il che mi dice che il laido non deve essere una cima della statistica: col bancomat avrebbe avuto tre tentativi per indivinare una combinazione di 5cifre5, mentre con l'ultimo nato dei gratta e vinci (ndr. il win for life) una possibilità su 3 milioni e 700mila. Più verosimilmente deve aver sagacemente intuito che nel mio c/c c'è una cippa-lippa.

Vorrei stupirVi con effetti speciali dicendovi che c'erano anche i 120 euri (sempre al plurale; 100 i prelevati, 20 quelli che avevo prima), ma so che il Vostro cuoricino non reggerebbe e, quindi, Vi dirò subito, senza tenerVi sotto tensione come pure sarei tentato di fare, dicendoVi che non c'erano.

Non avendo da fare per la mattinata, decido di tornare dai Carabinieri per fare la denuncia, questa volta, di ritrovamento.

Il Carabiniere che accoglie la mia denuncia batte con due dita senza distinguerle ed avrebbe di meglio da fare. Vista l'ora, per esempio, raggiungere i colleghi a pranzo.

Cercando di fare lo spiritoso, mi dice: "E' stato fortunato: ha ritrovato il portafoglio".

Ed il Vostro, cioè io, gli ribatte: "Guardi, sinceramente, avrei preferito si fossero tenuti i documenti, almeno avrei potuto rifare quella foto segnaletica con la quale sono costretto a circolare e ritrovare i soldi!".

Il milite non ribatte, forse per far presto, per fare prima, … per raggiungere i commilitoni a tavola.

Lo confesso, a fine giornata mi sono 'concesso' un 5 minuti di smoccolamento contro il pur buon Antonello da Messina e la sua 'sfiga' transitiva (dal Diego alla Susanna a me).

Torino venerdì 2 ottobre 2009 ss. Angeli custodi

Uscito di casa la mia attenzione, intorpidita dal sonno che non supero prima delle 10 del mattino, viene attirata dai titoli che campeggiano sui titoli dei giornali che riportano la notizia dell'alluvione avvenuta nella notte su Messina. Curioso, proprio laddove il beneamato (ndr. il Silvio nazionale) vuole costruire il ponte celebrativo del suo pontificato: se riesce a 'battezzarlo' entro 5 anni potrà consacrare i ventennio e 'pareggiare' i conti.
 
Tra me e me - badando a non farmi sentire - sussurro: "Antonello, non sai con chi hai a che fare!".


Conclusione

Al di là della battuta finale, che alcuni potrebbero considerare 'assolutamente becera' (liquidandola con la classica "Questa te la potevi risparmiare"), dovete sapere che circa un anno fa – ero già disoccupato - avevo trovato un portafoglio ben più consistente in termini di biglietti che accettano per i pagamenti in corso Stati Uniti.

Il Vostro andò, com'è o dovrebbe essere dovere di ogni buon cittadino, a consegnarlo alla stazione della polizia di zona.

A parte che impiegai una mezzorata abbondante a spiegare che non l'avevo rubato io (non si diedero una risposta alla domanda "Perché lo avrei dovuto restituire e, per di più, con tanti soldi dentro?"), alla fine mi fecero intendere che, se me lo fossi tenuto 1. mi sarei potuto tenere anche i soldi 2. circostanza ben più importante che non avrei fatto perdere loro tempo.

Sarò, come sempre, sincero con Voi, non so se oggi come oggi avrei fatto lo stesso, ma è anche vero che ad un amico che al telefono sabato sera mi chiese dello 'smarrimento' risposi "Spero li abbia presi qualcuno che se la passa peggio di me": ed ero sincero!

Ma ragionate con me sui grandi sistemi: io, Voi, noi (io + Voi = noi) abbiamo ricevuto una certa educazione, siamo vissuti in certo contesto sociale, ma se fossimo nati allo Zen di Palermo o – che ne so? - nella tanto vituperata Napoli, avessimo genitori, fratelli sorelle disoccupati e, magari – perché no? - almeno un figlio e ci proponessero di portare un pacchetto da una parte a quell'altra della città o anche solo di fare da vedetta nel quartiere per avvisare se arriva una solerte pattuglia delle operose forze dell'ordine, come ci comporteremmo? Ma, senza arrivare a tali eccessi, se più semplicemente ci proponesse un lavoro, saremmo ancora 'duri e puri'?

Non so Voi, ...

NON e` una storia di pura invenzione.
Nel racconto SI FA riferimento a fatti e persone REALI.