martedì 24 novembre 2009

53. Oggi parliamo di sesso (parte 7/12)



Un altro argomento che mi viene sottoposto è che non è nella natura delle cose e, comunque, non in quella dei maschi della specie, vivere da soli.


Sono passati milioni di anni da quando l’uomo primitivo brandiva la clava per difendersi dagli animali feroci e dai suoi simili. Un arco temporale che si fa fatica a comprendere ed a datare, ma è quello che ci ha portato ad essere gli animali ac-culturali per eccellenza, dotati di intelligenza e capacità critica, creativi e razionali, ma, soprattutto... relazionali.

Cerchiamo di elevare in poco il tono della nostra ricerca e, pur continuando ad operare in modo rigorosamente scientifico, concedetemi qualche divagazione filosofica: che non si dica che il Vostro, non avendo argomenti di valore, giuochi a fare il 'faceto' (=
[fa-cè-to] agg., Piacevole e arguto nel parlare: un tipo f. ‖Amabile, spiritoso: umore f.; una faceta conversazioneTra il serio e il faceto, di cosa detta scherzando, ma con un fondo di verità ‖ SIN. scherzoso, spiritoso CON. serio, burbero).

L'altra sera ero in pizzeria da Mario (corso Francia, dopo p.zza Massaua se venite dal centro, pizza buona, prezzi modici) con un amico, Davide, ed essendo egli laureato summa cum laude in filosofia, cerco di approfondire l'argomento che vado sviluppando (ndr. quello dell'Ammmore).

Tra un affondo e l'altro alla sua pizza 4 stagioni, il Davide mi spiega: "L’uomo è per Seneca, sulla scia di Aristotele, ("Apperbacco, nientepopodimeno", mi trattengo dal sottolineare) un animale congenitamente socievole ("hominem sociale animal communi bono genitum videri volumus", De clementia, I, 3, 2): siamo tutti membra di uno stesso corpo, tutti per natura vincolati da un rapporto di reciproco sostegno, così come le pietre che costituiscono una volta (Epistole a Lucilio, 95), pronta a cadere se esse non si sorreggessero a vicenda".

L'argomento mi pare di non poco conto e, considerando che il Davide, indulgendo al gossip, aggiunge che lo stesso Seneca ebbe a dire "Ti indicherò un filtro amoroso senza veleni, senza erbe, senza formule magiche: se vuoi essere amato, ama!", sembrerebbe avvalorare la tesi di quanti vanno sostenendo che l'uomo, animale sociale e socievole, dovrebbe socializzare e, quindi, amare.

"Me coi%$#ni, Davide, ma quante ne sai? - gli ribatto ammirato da tanta cultura, come avrete di certo arguito dalla colorita espressione -, ma senti un po', filosofo per filosofo, che mi dici del Socrate?". (ndr. considerate che cadauno e cadadue hanno pasteggiato a cicuta)

"Se non ricordo male - aggiungo tanto per non passare per il solito idiota e per non dare ragione a quanti mi tacciano di essere 'braccia rubate all'agricoltura', mestriere peraltro assai nobile -, Socrate, nel 421, sposa Santippe, femmina diventata, nell’immaginario collettivo, un’ icona: la donna bisbetica per antonomasia. Insomma: come la mettiamo se un uomo tanto dotto si è imbrogliato con le sue stesse mani?".

Lo ammetto, ero andato all'incontro preparato per non fare brutta figura.

E vado oltre: "In un periodo in cui la donna era completamente sottomessa all’uomo - o illuminata società -, la figura di Santippe spiccava notevolmente per la sua irascibilità e irriverenza nei confronti del marito".

Abbandonando il fioretto vado di spada: "Si dice che Socrate sia riuscito a far ragionare tutti, tranne che la moglie e che abbia intrapreso la filosofia , proprio perché aveva accanto una donna insopportabile, preferendo andare a bere sidro con gli amici nella bocciofila vicino a casa fino a notte fonda".


"Una leggenda metropolitana vuole che un giorno, Socrate stesse dialogando con un suo seguace nel cortile di casa. Santippe, appena arrivata, cominciò ad inveire contro di lui. Quindi, si affacciò alla finestra e gli rovesciò una brocca d’acqua sulla testa. E allora Socrate con la sua imperturbabilità: 'Di cosa ti meravigli? Dopo che Santippe aveva tanto tuonato, era inevitabile che piovesse' ”.

L'argomento non mi sembrano di poco conto: Seneca 1 - Socrate 1.

Insomma, siamo ad un punto morto, ma la nostra indagine deve andare oltre, dobbiamo buttare il cuore oltre ogni ostacolo e, poi, tirare a sorte per vedere chi lo deve andare a riprendere.

"In effetti, - dico ad un Davide che inizia a corrugare la fronte per il mio semplicistico e ben poco accademico modo di affrontare l'argomento - quando per strada incrocio il mio cammino con una coppia di anziani che, teneramente, si tengono per mano non posso fare a meno di provare nei loro confronti un senso di tenerezza e malcelata invidia".

"Vedi, Davide - ammetto di fronte al mio compagno di pizza che con una certa qual difficoltà cerca di deglutire - ... dopo anni di attenta riflessione sull'Ammmore, quello con la 'A' maiuscola e tre 'emme' per rafforzare il concetto dandogli spessore, sono arrivato alla conclusione alla quale arrivò il Platone".

Con tono ispirato e voce impostata, volutamente diaframmatica, esordisco: "Ricorderai che, durante il Simposio, prende la parola il commediografo Aristofane (niente a che vedere con quelli del Bagaglino) e dà la sua opinione narrando un mito. Un tempo - dice - gli uomini erano esseri perfetti, non mancavano di nulla e non v'era distinzione tra uomini e donne. Ma Zeus, invidioso di tale perfezione e più carognoso del solito, li spaccò in due: da allora ognuno di noi è in perenne ricerca della propria metà, trovando la quale torna all'antica perfezione".

A questo punto, col Davide tra il compiaciuto ed il curioso, alzati gli occhi verso il lampadario in ferro battuto al centro della sala, come se cercassi l'ispirazione, proseguo citando niente meno che il Platone di cui sopra: "E così evidentemente sin da quei tempi lontani in noi uomini è innato il desiderio d'Ammmore gli uni per gli altri, per riformare l'unità della nostra antica natura, facendo di due esseri uno solo: (...) Dunque ciascuno di noi è una frazione dell'essere umano completo originario. Per ciascuna persona ne esiste dunque un'altra che le è complementare, perché quell'unico essere è stato tagliato in due, come le sogliole. E' per questo che ciascuno è alla ricerca continua della sua parte complementare".

Ed ancora: " Queste persone, quando incontrano l'altra metà di se stesse da cui sono state separate, allora, sono prese da una straordinaria emozione, colpite dal sentimento di amicizia che provano, dall'affinità con l'altra persona, se ne innamorano e non sanno più vivere senza di lei - per così dire, nemmeno un istante".

Concludendo: "Il desiderio di queste persone è di essere una sola persona con l'altra della quale si sono innamorate, riunirsi e fondersi con l'altra anima. Non più due, ma un'anima sola. la ragione è questa, che la nostra natura originaria è come l'ho descritta. Noi formiamo un tutto: il desiderio di questo tutto e la sua ricerca hanno il nome di Ammmore".

Il Davide è perplesso e sbigottito dalla mia dotta citazione e, mentre la pizza gli si congela nel piatto per l'emozione, mi inchino di fronte al pubblico presente e plaudente nella sala, sommerso a uno scroscio d'applausi.

Un ragazzo con l'orecchino seduto al tavolo con una ragazza modello 'commessa di gioielleria del centro', probabilmente più tonto di lei, mi domanda: "Mi è tutto chiaro, ma non ho capito cosa intendeva dire questo amico tuo, questo Glaucoma?"

Compiaciuto dal suo interesse, mi volgo verso di loro e spiego: "Vedete, detta in altri termini, ci sono persone che per tutta la vita cercano il grande Ammmore, lo trovano e si accorgono di averlo trovato: queste sono, invero, le coppie felici!".

"Ma è anche vero che ci sono quelli che, pur trovandolo, non se ne accorgono; quelli che non trovandolo, si arrendono e, pur di non restare da soli, si adattano con chi trovano e che rappresenta – tutto sommato – un compromesso (lamentandosene tutti i giorni); ci sono, infine, quelli che non trovando la famosa, la mitica 'anima gemella', non si accontentano e restano da soli".

"Ora, molti, la maggioranza, ritiene che la vita del single sia gaudente, spensierata, piena di avventure galanti e di festini; questa non è la vita standard dei single: è la vita dei Presidenti del Consiglio".


Il ragazzo mi ringrazia con un "Adesso sì: adesso ho finalmente capito!".

Per nulla persuaso, mi avvio verso l'uscita accompagnato dal Davide, firmo autografi, bacio bambini, faccio il gesto (solo il gesto) di pagare, ma la cassiera mi blocca: "Lasci stare: offre la casa! Torni quando vuole" e mi lascia scivolare in tasca un biglietto.

Usciti che siamo dalla pizzeria, guardo e leggo il biglietto: un numero di cellulare con scritto "Sono Samantha (con l' 'h', quella senza 'h' è la cameriera, mia sorella) chiamami quando vuoi, ho taaaanto bisogno d'Ammmore, mio marito fa il camionista: non c'è mai ... chiamami!"


Sorrido tra me e me e lo passo al Davide: "Tieni, me l'ha dato la cassiera per te, la timida non si osava. E, poi, lo sai, io oramai ho felicemente raggiunto la pace dei sensi!".

Sospirando, ma mettendo con cura il foglietto nel portafoglio, il Davide sospira e sussura: "Ma beato te ... come fai?"


Ed io, di rimando: "Questione di allenamento, di convinzione e ... di 'stato di necessità' ! ".


E, poi, dicono che la cultura non paga: COMUNISTI !!!

Ma, l'ho premesso, l'analisi che mi propongo di svolgere in queste pagine non è di natura politica, ma - ben più modestamente - filosofico-sociologica: è cercare di capire se sia meglio in astratto ed in assoluto essere single o in coppia, perché, nonostante i Seneca, i Socrate ed i Platone, la questione non è ancora risolta.

Parlavamo, anzi, parlavo, meglio ancora, parliamo dei singles e di se e quale giovamento questi possano trarre dalla pace dei sensi, in particolare se e quando essi (nel senso di 'costoro') siano disoccupati.

Anzi, parliamone la prossima puntata perché anche oggi mi sono dilungato troppo.

(segue, ...)


NON e` una storia di pura invenzione

Nel racconto SI FA riferimento a fatti e persone REALI




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